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lunedì 11 aprile 2016

Ma che sta succedendo nel mondo…

… Ma che sta succedendo in Italia… che sta succedendo a Roma. Mentre tutto pare condizionato soprattutto dalle decisioni delle banche centrali, l’umanità si muove in ogni direzione, spesso sfuggendo ai tradizionali controlli e generando realtà apparentemente estranee, incomprensibili, ma che poi scopriamo essere invece nuovi organismi davvero viventi e operanti nel corpo della nostra spesso organizzatissima, ma talvolta sgangheratissima società e sicuramente atti a poter contribuire al suo risanamento in un’ottica rivolta al vero sviluppo: quello dell’individuo e delle comunità del terzo millennio. Due di queste realtà si chiamano Spintime Labs e Action Diritti in Movimento, che lì per lì appaiono dei carneade contemporanei? Ma cosa sono esattamente, cosa dicono, cosa vogliono …?

di Carmelo Maria Carlizzi

Per comprenderlo andiamo al momento in cui nei giorni scorsi ero fra il pubblico che assisteva alla presentazione di un libro di Fausto Bertinotti, l’ex parlamentare che dal 1985 al 1994 è stato segretario nazionale della Cgil, quindi sino al 2006 segretario di Rifondazione Comunista e successivamente dal 2006 al 2008 presidente della Camera dei Deputati. Al tavolo dei relatori, accanto a Bertinotti il cardinale Matteo Zuppi dal 2015 arcivescovo di Bologna e metropolita nella città delle due torri dopo un’intensa attività pastorale tutta svolta a Roma, con lui il vescovo ausiliare di Roma sud  Paolo Lojudice. Ha introdotto Paolo Perrini (esponente di Spintime Labs) detto Paolone, mentre fungeva con lui da padrone di casa e da moderatore Andrea Alzetta (esponente di Action Diritti in Movimento) detto Tarzan. Tutto quel che si è ascoltato è stato assai interessante e attuale, anzi attualissimo. Ma altrettanto interessante e attuale è spendere prima subito qualche parola a raccontare il luogo dove si è svolto tale evento, accennare al pubblico presente in sala, dire dei relatori e finalmente riferire di cosa si è parlato.

Il luogo è uno dei 50 edifici grandi e piccoli occupati a Roma dagli appartenenti ai cosiddetti centri sociali che da anni sono molto attivi nelle grandi città italiane nell’intento di sensibilizzare concretamente amministrazioni e opinione pubblica su un tema così importante per categorie sempre più vaste di popolazione residente o rifugiata e che vedono aumentare di continuo il numero di coloro che dopo aver patito traversie le più diverse aspirano ora ad avere un tetto. Questi movimenti da qualche tempo sono cresciuti oltre che per numero anche di rappresentatività, ma ancor più nella qualità dei contenuti che esprimono, e questo è avvenuto esattamente da quando hanno assorbito al loro interno assieme a già vituperati zingari, indigenti, disoccupati e emigrati dell’est – che nel loro insieme costituiscono i cosiddetti tradizionali senzacasa – anche le masse di naufraghi che provenienti a ondate da ogni dove, a bordo di camion o barconi, sfidando stenti e pericoli indicibili, fuggono da guerre, persecuzioni e miseria nella speranza di poter anch’essi partecipare al banchetto della pace e dell’abbondanza che ormai internet e tv imbandiscono da molti anni loro davanti e purtroppo solo virtualmente nei rispettivi luoghi d’origine, proprio a voler dire: “Ma che aspettate, che ci fate fra bombe e rovine, fra stragi e integralismo, fra miseria e malattie… muovetevi, correte a cogliere la speranza di un po’ di benessere per voi e i vostri figli”.

 

La sala dell’evento in questione, un confortevole – a meno dell’assenza di riscaldamento –  emiciclo con alcune centinaia di comode poltrone ancora ben conservato e probabilmente dotato un tempo di ogni ritrovato della tecnologia, si trova all’interno di questo edificio degli anni ’60 già di proprietà dell’Inpdap (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica). Tale ente soppresso nel 2011 e le cui funzioni sono state trasferite all’Inps ha visto fra l’altro lo svuotamento dell’edificio in questione dai dipendenti, così attirando l’attenzione dei centri sociali di cui dicevo prima (Spintime Labs e Action Diritti in Movimento), che vi hanno collocato all’interno da almeno tre anni progressivamente 150 nuclei familiari per complessive 500 persone d’ogni età, provenienza e cultura. Negli uffici dove un tempo venivano burocraticamente smaltite le nostre pratiche previdenziali ora vi abitano – ciascun nucleo familiare in una o due stanze – rifugiati dell’Africa del centro e del nord, lavoratori precari dell’Europa dell’est e di vari stati del Sudamerica, singoli o in coppie, molti con i loro figli che al mattino vanno all’asilo o nelle scuole dei dintorni e che poi al pomeriggio giocano rumorosamente per scale e spazi dell’edificio così come l’altra sera nei pressi della sala durante la presentazione del libro a fatica zittiti dagli adulti. Certo non è il massimo, ma meglio qui dentro che sotto i ponti del Tevere o in improbabili tende a sfregiare i parchi, oppure avvolti di cartoni nei sottopassi delle stazioni come si vede la sera dalle 19 e sino alle 7 del mattino. Non vi pare? E poi debbo dirvi che sono ben organizzati per i bagni, le docce e le lavanderie, hanno dei riferimenti sanitari e un’assistenza sociale concreta di orientamento e aiuto fra permessi di soggiorno, documenti per profughi e rifugiati, ricevono aiuti alimentari e di vestiario da volontari di parrocchie e organizzazioni laiche. Vi sembra poco? Niente più bombe o massacri o violenze e sfregi d’ogni genere, e nemmeno per loro questo è poco. E comunque poi per alcuni anche la realtà di qualche lavoro precario che pian piano si consolida, per altri prende forma la possibilità di ricongiungersi non più clandestinamente con propri parenti già stabilizzati in altre regioni d’Italia o d’Europa, mentre per tutti assieme a un po’ di pace si accende quindi un barlume di vera speranza.  

Il pubblico in sala oltre che da me e taluni altri con me convenuti era composto in parte da amici ed estimatori di Bertinotti, in parte da componenti e attivisti dei centri sociali, ma in una parte consistente anche dai timidi abitanti dell’edificio incuriositi da quanto vi si diceva e che li riguardava in prima persona in questo loro strano villaggio romano al numero 59 di Via di Santa Croce in Gerusalemme.

Degli oratori, nelle loro parole mi ha colpito la presenza di esperienze a un tempo diverse e comuni. Esperienze sindacali, di apostolato cattolico, di lotta in strada per il diritto al lavoro e alla casa che tutte confluivano poi nel tritacarne della situazione politico sociale attuale ben rappresentato da questo frammento di realtà romana a sette piani fuori terra e due entro terra.

Sono tempi davvero strani anzi coinvolgenti quelli attuali dove “mostri” sacri della sinistra come Fidel Castro e Barack Obama in America, e in Italia – cito per tutti – Marco Pannella e Eugenio Scalfari vengono catturati da Papa Francesco. Tempi in cui il già comunistissimo Fausto Bertinotti, protagonista della serata di cui stiamo parlando con il suo libro “Sempre daccapo”, ancor prima che da questo papa è stato profondamente preso anche da Cristo e da San Paolo, così come si evince attraverso la prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi e dalla sua agile lettura fra le risposte alle domande che gli pone a mo’ di intervista don Roberto Donadoni di Marcianum Press.

La sfida di Papa Francesco – scrive Bertinotti – è un’evidente testimonianza di fede che, in questo ordine mondiale, esprime in totale autonomia la denuncia, non solo dei mali del mondo, ma anche delle cause che hanno generato un sistema economico che fa del denaro il proprio idolo. E sempre Bertinotti riporta nel suo libro, quasi in riposta, le stesse  parole di Papa Francesco: Che cosa possiamo dire di fronte al gravissimo problema della disoccupazione che interessa diversi Paesi europei? E’ la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro!

E sul tema disoccupazione, differenze sociali, strapotere delle multinazionali, sradicamento delle risorse umane e materiali non più ancorate alle loro millenarie origini, ricchezza naturale e ricchezza prodotta nelle mani di pochissimi, prosegue ancora Bertinotti incalzando senza tregua: L’Oxfam (una delle più importanti confederazioni internazionali mondiali specializzata in aiuti umanitari e progetti di sviluppo) ci dice che il reddito annuale degli 85 uomini più ricchi del mondo è uguale a quello della metà della popolazione più povera, cioè 3,5 miliardi di persone. 85 uomini ne valgono 3,5 miliardi. Del resto metà della ricchezza mondiale è detenuta dall’1% della popolazione”. Ed ancora ecco La formula con cui Occupy Street  (un movimento di contestazione pacifica nato nel 2011 per denunciare gli abusi del capitalismo finanziario) ha definito la distribuzione del reddito: Noi siamo il 99%, voi l’1%.... In termine di cifre, senza parlare del capitalismo finanziario, ma solo per stare nel campo del lavoro, se ieri il rapporto tra la media delle retribuzioni dei lavoratori e un grande manager era 1 a 30, oggi è 1 a 500”. E, aggiungo io, vai a dire a un giovane disoccupato o a un disoccupato di qualsiasi età e condizione  che mentre lui si trova a reddito 0 – attenti bene che ho detto esattamente zero – poi molti manager nostrani, se del settore pubblico o privato ormai non fa differenza, guadagnano da anni tranquillamente, “legalmente”, anche 500mila euro all’anno, cioè 500mila volte più dello stesso giovane italiano che è fermo a quota zero. E andate ora a spiegare tutto questo anche a ciascuno dei 500 occupanti del villaggio di Via di Santa Croce in Gerusalemme che vivono sempre nell’ansioso timore di essere sfrattati dalla forza pubblica a seguito di un ordine di sgombero che può giungere improvviso in ogni momento, pertanto in una condizione di precarietà di certo migliore ma in qualche misura anche simile a quella che vivono in questi giorni in Grecia o in Macedonia o alle frontiere di vari stati europei decine di migliaia di rifugiati dalle rovine dei Paesi del Medio Oriente dove imperversa l’Isis, l’autoproclamatosi Stato islamico.

Un’altra delle domande di maggiore attualità che nel libro l’intervistatore Donadoni pone a Bertinotti è ancora sul mondo contemporaneo: … dobbiamo guardare a un’altra sfida che è quella del multiculturalismo. A tal riguardo il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, preferisce parlare di “meticciato di popoli e di culture”, come un processo che sta avanzando nella nostra realtà, un processo che implica mescolanza tra culture e persone perché non possiamo mai disgiungere le due cose… L’accoglienza è il primo passo da compiere nei confronti di questi popoli… Come sviluppare le potenzialità di questo fenomeno che si impone nella realtà? Risponde Bertinotti: … Sono d’accordo sullo spostare il nostro sguardo dal multiculturalismo a quello che il cardinale Scola chiama il “meticciato di popoli e di culture” e sull’idea di mescolanza perché, per  un verso, questa è la frontiera obbligata e, per un altro verso, andrebbe scelta come risposta alla crisi delle grandi culture moderne.

La politica è morta, viva la politica! Ecco il succo del libro del “giovane” settantaseienne Bertinotti che con le due parole del titolo del suo Sempre daccapo inizia e conclude la sua esposizione proponendo a se stesso di rinnovare e rinnovarsi perché il mondo, tutto il mondo, quello geografico, politico, sociale, morale e compagnia cantando, negli ultimi trent’anni è oggettivamente e radicalmente cambiato. Questa costatazione è esposta sì con una punta di nostalgia per i bei tempi andati, ma anche con una realistica presa d’atto per cui l’Autore nel cambiamento è fiducioso che potrà e dovrà avvenire molto di buono.

Perché anch’io fossi fra il pubblico non appartenendo né ad Action né a Spintime né alla cerchia di Bertinotti? Beh, questo ve lo racconterò un’altra volta. Ora è più interessante e attuale riflettere, magari andando a costatare di persona, sulla realtà del villaggio in Roma a Via di Santa Croce in Gerusalemme 59.  

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  • Guest - FreedomPeace

    La realtà del Centro Sociale nasce probabilmente da un lato da una concatenazione di fallimenti sociali dall'altro dal coraggio, elementi insiti entrambi nella nostra società. Il fallimento di un sistema sociale che non considera in egual misura ogni singolo essere vivente, per contro il coraggio di chi soffre di alzare la testa ed ambire, unendosi al coro dei più bisognosi, ad una vita sana e giusta! Queste unioni, in taluni casi forti e unite nei concetti e nella Fede verso il Bene, portano, come nel Centro di via Santa Croce in Gerusalemme, a miracoli sociali talvolta meglio organizzati ed efficienti di singoli Stati! Dove le istituzioni non danno segni di risposte o chiare volontà, l'unione di persone oneste animate da giusti valori, può fare la differenza come punto di partenza di un cambiamento globale!
    Il rispetto per l'ambiente, per ogni essere vivente, la giustizia sociale, pari dignità, diritti e doveri per ogni cittadino ed abitante del Pianeta, il pieno sviluppo della persona umana, saranno sempre più temi concreti di attualità e profonda nonché giusta riflessione!

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  • Guest - PincoPallino

    Quanto accaduto a Genova, con la fuoriuscita di petrolio dalla tubazione rotta dell'oleodotto Iplom nel mare e nel torrente Polcevera e la conseguente intossicazione di aironi, anatre, papere e piante ed animali tutti di questo ecosistema, sembra essere un segnale ed un messaggio Chiaro circa l'esito del referendum popolare di Domenica! Bisogna tutti darsi da fare, anche nel nostro "piccolo", con l'augurio e la speranza che si torni presto tutti insieme al rispetto ed all'amore totale ed incondizionato per la Natura e per tutti gli esseri viventi!

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  • Guest - sagittario

    http://www.positanonews.it/articolo/175826/sorrento-sant-agnello-giosue-sorrentino-morto-sulla-amoretti-trovato-con-la-gola-tagliata
    Secondo voi, è casuale la morte di un marinaio chiamato Giosuè( versione italiana del nome ebraico Jeshua o Gesù), orginario di sant'Agnello( la pasqua ebraica e cristiana offre un agnello per la festa), sgozzato come un agnello, su una barca( barca di san Pietro)? E questo un segnale sulla prossima fine di Bergoglio?

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