E SEMPRE PER RESTARE IN TEMA DI DIAVOLO, POSSIAMO CONFERMARE CHE SE IL CORNUTO FA LE PENTOLE, NON E’ RIUSCITO A FARE I COPERCHI…
Forse prevedendo che l’atmosfera si sarebbe fin troppo riscaldata, qualcuno ha pensato bene di tenere tutti al “fresco”, al piano meno due dello stabile dove anche San Francesco fu carcerato.
Già alle nove del mattino fuori del Palazzo erano pronte le telecamere, tante in verità, e la prima ad essere immortalata, ormai per l’ennesima volta dal 2001, è stata la sottoscritta.
A questa udienza non potevo mancare, la mia coscienza non me lo avrebbe permesso, e non perché ho la veste di “parte civile” , ma il motivo e l’esigenza morale di essere presente va ricercato in quel lontano giorno quando misi a verbale con il dottor Mignini di aver saputo da un ex di una nota organizzazione criminale che Francesco Narducci non era affatto morto di disgrazia né si era tolto la vita, bensì lo si poteva inserire nella categoria dei “suicidati”, quei morti ammazzati che spesso passano per suicidi.
E in quel verbale, aggiunsi: “sempre che quel corpo ripescato fosse del medico…”.
Fu un tutt’uno lo scatto del Magistrato, e lo sguardo con i verbalizzanti, come se avessi toccato un punto nevralgico dei loro sospetti per fatti e circostanze che all’epoca non mi erano note.
Di lì fu disposta, almeno per atto dovuto, la riesumazione del cadavere di Francesco Narducci.
Ne seguì un lungo e complesso caso giudiziario, con tanto di collegamenti con i duplici delitti del cosiddetto Mostro di Firenze.
E ciò che riferii al Magistrato, fu poi pubblicato nel mio noto libro “Gli Affari Riservati del Mostro di Firenze”, libro finito di stampare già nel maggio del 2002, quando ancora dei risultati delle perizie nulla si sapeva, come dire, la mia testimonianza fu resa “in tempi non sospetti”.
E così, ritenendomi responsabile di tutto “questo casino”, come un imputato commentava a bassa voce con il difensore, non ho voluto mancare all’appello.
E ho fatto bene, molto bene, e vedremo il perché.
Intanto, mentre eravamo in attesa che si aprisse l’Aula, vedo arrivare il professor Giovanni Pierucci di Pavia, una cordiale e reciproca stretta di mano, e lui: “Bergamo!... Mi ricordo benissimo..”
Effettivamente, quando nel 1995 denunciai quello che prese il nome dello scandalo della “Clinica dei Vip”, conclusosi con la condanna definitiva di tutti gli imputati, nell’ambito degli atti istruttori disposti dai Magistrati dottoressa Penna e dottoressa Pugliese, vi fu anche la riesumazione della salma di Walter Chiari e il professor Pierucci fu incaricato dalla Procura ad effettuare una perizia tossicologica per stabilire se le forti dosi di cortisone somministrate all’attore potevano considerarsi come causa o concausa della sua morte.
Peccato che Walter Chiari non assumeva solo cortisone…
E così l’illustre perito, ed io stessa, grazie alla notorietà del “riesumato” rimanemmo per mesi sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, “accusati” di non lasciare riposare in pace l’amato comico.
A volte entrare nella mentalità della gente è davvero difficile, specie se da un lato ci si lamenta delle tante verità non recuperate, e quando poi si intravede un barlume di luce, ecco che i colpevoli diventano coloro che a vario titolo si adoperano per dare un contributo alla chiarezza.
Uno scambio di battute con il Professore: “Sembra un destino, per colpa mia, è già la seconda volta che facciamo prendere una boccata d’aria a chi sta sotto terra…”
“E già signora, è proprio così…”.
Arriva il bel Giudice, Paolo Micheli, e tutti ci avviamo a prendere posto nella grande Aula, la stessa dove si celebra il processo a carico di Amanda Knox e Raffaele Sollecito accusati di avere ucciso Merdith Kercher.
Un’Aula ormai consueta al PM Giuliano Mignini, che sia nel caso Meredith che nel caso Narducci-Mostro di Firenze, rappresenta la Pubblica Accusa.
La ressa delle telecamere si vanifica e le porte si chiudono al pubblico, come è previsto dalla procedura per le Udienze di Rinvio a Giudizio.
Sicuramente i giornalisti cercheranno di carpire qualche parola, un piccolo commento di sfuggita da chi esce per andare al bagno o per fumarsi una sigaretta, e resteranno appostati pronti ad avere le prime notizie, e sarà così fino a pomeriggio inoltrato, quando l’udienza viene rinviata al 17 giugno 2009.
Motivo principale del rinvio è l’assenza del colonnello Luciano Garofalo dei Ris di Parma, che ha curato per conto della Pubblica Accusa, la perizia antropometrica , cioè la comparazione tra il corpo riesumato di Narducci e le fotografie del corpo ripescato nel Trasimeno il 13 ottobre del 1985, e riconosciuto all’epoca, come quello del medico perugino.
E già, anche agli occhi dei profani la differenza tra i due cadaveri è sempre apparsa più che evidente, ma trattandosi di un caso di “annegamento” e poi di una riesumazione dopo ben sedici anni, è bene che sia la scienza a stabilire quanti e quali cambiamenti madre natura possa aver determinato.
A confrontarsi con il colonnello Garofalo, per i periti degli imputati comparirà l’illustre professor Mallegni, noto per la ricostruzione di quei volti che dobbiamo accettare così come ci sono stati tramandati, come Giotto tanto per fare un esempio…
Narducci però se lo ricordano in tanti, e le cose non andranno così lisce come per il re del “tondo perfetto”, tanto più che ci sono anche testimoni che descrissero il medico, in sede di incidente probatorio, quando lo videro prima dei funerali, andando a presentare le condoglianze alla famiglia, e lui, il defunto appariva “bello come un angelo e sereno come se dormisse”…
Ma di questo si discuterà alla prossima udienza.
Il confronto dello scorso 3 giugno ha invece avuto come oggetto l’aspetto prettamente medico-legale, e a farla da protagonista è stato un ossicino cartilagineo come uno stuzzicadenti di lunghezza tra un centimetro e mezzo e due centimetri.
L’eccellente “testimone” si chiama “corno superiore sinistro dell’osso ioide”, e così piccolo e tenero, avrà il potere di stabilire se la causa della morte di Francesco Narducci fu omicidio, suicidio, o semplice disgrazia.
Il primo ad esporre le conclusioni della perizia svolta per conto della Procura, è stato il professor Giovanni Pierucci di Pavia.
Una deposizione durata diverse ore, anche perché lo scienziato ha dovuto rispondere alle tante domande postagli dal Giudice, poi dal Pubblico Ministero, dagli avvocato delle Parti Civili, e dai difensori degli imputati.
Il Gup, dottor Micheli, sembrava precedere con i suoi quesiti quello che presumibilmente avrebbero chiesto, sebbene con toni diversi, gli avvocati difensori.
Una mossa estremamente intelligente e tipica di un Giudice che non ama essere “perdente”, nel senso che nel disporre i rinvii a giudizio vorrebbe evitare di trovarsi poi di fronte ad una sentenza di assoluzione, sentenza che sarebbe considerata come la scontata conseguenza di un “processo inutile”, soldi buttati per lo Stato.
E molte domande erano un po’ “insidiose”, tanto da mettere il professor Pierucci nelle condizioni di dover dire più volte: “ Bè, tutto è possibile… nulla può essere escluso…”.
L’esperienza , la professionalità, la signorilità dello scienziato traspariva dalla pacatezza delle risposte, come se, messo di fronti alle ipotesi più “fantasiose” non gli restasse altro che rispondere:
“Se vogliamo dire che la terra è ferma e il sole si muove… tutto è possibile…”.
In realtà quell’ossicino non è facile da fratturarsi, e tanto meno accidentalmente, in quanto dovremmo immaginare che la vittima, nel cadere magari per un malore, sia andato a sbattere contro un corpo contundente che avesse raggiunto il frammento procurando una lesione.
Una mira precisa e casuale.
Ma perchè possa essersi verificata una situazione del genere, l’ipotetico corpo contundente, avrebbe dovuto procurare almeno una lesione esterna, cosa che non è risultata all’esame autoptico.
E dunque , è verosimile pensare che quel “corno” sia stato invece raggiunto mediante una manovra digitale esterna, ripetitiva, proprio come avviene similmente nei casi di strozzamento e di strangolamento.
In verità personalmente avanzerei anche una differente ipotesi alternativa.
Infatti , è assodato che Francesco Narducci si fosse trovato suo malgrado all’interno di un gruppo di esoteristi ai quali forse si era rivolto su consiglio di un noto medico e mago perugino, il professor Francesco B. , al fine di trovare una soluzione che lo rendesse capace di dare un figlio alla povera moglie.
Ed è probabile che il giorno della sua scomparsa, gli fu tirata una trappola di questo genere, e magari con la scusa di un rituale, sia stato sottoposto a manovre particolari, con ripetute percussioni dall’interno del cavo orale. (Il disegno di Pacciani publicato in queso articolo, diviene inquietante, leggendovi proprio un "Ti strozzo"... E si intuisce nella donna nuda una "Sacerdotessa" (la somiglianza è grande) con un giovane che Pacciani rappresenta nel ceto sociale, ben vestito, ma stando attento a che non somigli ad alcuno dei "sospettati" dell'epoca).
E dovendogli in tal caso, tenere la bocca bene aperta agganciandolo con la mano sotto la mascella, si sia fratturata la cartilagine del corno superiore sinistro dell’osso ioide.
L’ipotesi accidentale fa sorridere, anche perché vi è un’ampia casistica che dimostra che in caso di incidente insieme a quell’ossicino si fratturano tutte le cartilagini circostanti lasciando segni anche organici evidenti.
Al contrario la lesione procurata da percussione ripetuta, non necessariamente provoca un versamento ematico , che peraltro essendo il soggetto ancora in vita, si perderebbe.
Una esposizione senza se e senza ma, è stata quella della dottoressa Carlesi, la quale fu incaricata dal professor Pierucci a collaborare e ad integrare i lavori peritali, data la complessità del caso.
E’ stata più volte sottolineata l’ottima conservazione del cadavere a distanza di ben sedici anni, un cadavere che conservava ancora i capelli a meno delle zone di stempiamento, le stesse che il Narducci aveva evidenti già in vita come risulta dalle fotografie.
E soprattutto lo stato integro degli organi vitali, a cominciare dal cuore.
Questi dati, da un punto di vista scientifico, non sono minimamente compatibili con un cadavere che stando alla versione dei familiari e degli altri imputati, sarebbe annegato e rimasto ben cinque giorni in acqua, peraltro a temperatura elevata come si verificò nel Trasimeno in quell’autunno del 1985, fenomeno che sembra compaia una volta ogni dieci o quindici anni.
La scienza non pone dubbi e stabilisce con certezza che il corpo di un annegato, ha tempi di putrefazione rapidissimi, che si evolvono nel giro di poche ore.
E poi, l’acqua nei polmoni, dove sta?
E dunque su questo punto, poche sono le possibilità che il Giudice avalli la tesi della morte per annegamento.
Basti leggere al tempo della riesumazione quanto riportò tutta la stampa, tanto fu lo stupore, un coro generale, nel vedere il giovane medico integro, addirittura conservava il pigmento nei capelli, uno dei primi elementi che scompare dopo la morte.
E non mancarono coloro che si chiesero: “Ma veramente morì nel 1985? Siamo sicuri?”
Unica cosa che la dottoressa Carlesi ha dimenticato di riferire al Giudice è un particolare che nulla c’entra con il cadavere ma è talmente significativo che vale bene la pena di ricordarlo.
Infatti la dottoressa Carlesi nella sua esposizione ha affermato di aver partecipato a tutti i momenti della riesumazione, fin dalla estrazione della bara dalla tomba di famiglia.
Il particolare di non poco conto è che nella targhetta che le pompe funebri appongono all’esterno delle bare onde indicare la data del decesso, in questo caso c’era scritto “9 ottobre 1985”!
E se Narducci scomparve l’8 ottobre, e il nove morì, allora il cadavere ripescato nel Trasimeno il 13 ottobre, era certamente di un’altra persona….
O dobbiamo pensare che subito dopo essere stato ucciso, morto accidentalmente, o suicida, fu buttato in acqua per simulare un annegamento e poi fu fatto riemergere dopo cinque giorni?
Bè, diciamo che almeno ai pesci, il dottore avrebbe fatto gola… e gli illustri scienziati avrebbero evidenziato ben altri elementi.
E a confermare senza ombra di dubbio i risultati peritali del professor Pierucci e della dottoressa Carlesi anche i periti della parte civile, Francesca Spagnoli, vedova del gastroenterologo.
E veniamo invece alle opposte tesi avanzate dai periti nominati dagli imputati, in primis i familiari di Francesco Narducci.
A scendere in campo, un altro nome noto, il professor Carlo Torre, anche se la sconfitta subita nel caso di Cogne, per la morte del piccolo Samuele , sarà forse stato un duro colpo alla sua scienza.
Infatti Torre fu nominato dalla famiglia Franzoni che vedeva all’epoca come unica imputata la mamma della vittima, Anna Maria Franzoni, ora condannata in via definitiva e reclusa in carcere.
In verità il professor Torre si dimise dall’incarico non condividendo il modus operandi del professor Taormina, difensore dell’imputata.
Tuttavia , nell’ambito del mandato conferitogli come perito, sostenne, a partire dalla disposizione delle macchie di sangue sul pigiama della Franzoni, ciò che in sede di verdetto finale, risultò completamente errato.
E data la risonanza di questo caso giudiziario che ancor oggi, va detto, vede spaccata in due la pubblica opinione, quel risultato scientifico cui approdò il professor Torre è stato messo in seria discussione data la discordanza con la sentenza.
A differenza di quando il perdente è un avvocato difensore, il quale per mestiere deve sostenere il contrario della pubblica accusa.
Il Perito, al di là se nominato da una parte o dall’altra, dovrebbe porsi al di sopra degli interessi, nel senso che lo strumento di un perito è la scienza, e che come tale non si presta a manipolazioni o interpretazioni distorte che ne minano alle basi la credibilità, il concetto di ricerca stessa.
Accanto al professor Torre, si sono espressi sulla sua stessa linea altri e in particolare il professor Giuseppe Fortuni.
E qui, non posso esimermi da una serie di osservazioni che debbono far riflettere chi di dovere.
Questo gruppo di scienziati ha “giocato” direi anche in modo pesante sulla psicologia sia del professor Pierucci, e a mio parere dello stesso Giudice, aggiungendoci quella tipica furbizia studiata a tavolino…. E’ il “gioco delle parti”… previsto dai codici…
Tuttavia la sensazione era quella di rivedere le mosse di taluni periti comparsi nei processi sul Mostro di Firenze tutti con un bel curriculum firmato “Sisde”…
Il fine da raggiungere anche per il convincimento del Giudice era quello per il quale, nel caso la tesi della lesione del corno superiore sinistro dell’osso ioide per cause accidentali non avesse retto, in alternativa un bel messaggio in codice per Pierucci: “Bada caro collega, che noi possiamo sempre sostenere che la frattura l’hai procurata tu, per pura imperizia, per grave incuria…”
E certo che se il professor Pierucci avesse messo da parte la sua grande signorilità e superiorità, si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato sbattendo la porta.
In fondo di fronte a mosse di questo genere, è difficile mantenere i nervi saldi.
E su questa ipotesi, a loro dire, la più verosimile, hanno sciorinato una serie di osservazioni e di reminiscenze, che quasi quasi ci credevano loro stessi, che ben dovrebbero sapere come i svolsero i fatti.
E rivolti al Giudice:” D’altra parte prima che il professor Pierucci incidesse, alla tac e alle radiografie della lesione non vi era traccia… solo dopo l’incisione è comparsa..”
Come se non sapessero che le fratture di tipo cartilagineo difficilmente compaiono nella diagnostica per immagini, e necessitano di una esplorazione chirurgica.
E ancora: “ E’ evidente che dobbiamo parlare in ogni caso di una lesione post mortem, in quanto non sono state reperite tracce ematiche, di emoglobina, e nemmeno di una componente immortale della emoglobina, signor Giudice, il ferro, lei capisce, il ferro resta in eterno…”
Peccato, che nelle lesioni di tipo cartilagineo, a meno di una grossa lesione, è assai difficile che si accompagni un versamento, e nel caso in questione ipotizzando la vittima ancora in vita, sarebbe stato comunque dissolto!
E la vittima doveva essere viva, poiché questo tipo di lesione non provoca la morte, ma se la lesione viene procurata durante uno strozzamento con volontà omicidiaria, la causa del decesso è l’asfissia.
Ma gli scienziati non si sono limitati a “stravolgere” la scienza con interpretazioni che apparivano pesanti forzature, bensì sono ricorsi ad una strategia tipica dell’intelligence…
Esordivano così: “ Signor Giudice come giustamente ha confermato ed esposto in modo ineccepibile l’illustre professor Pierucci, anche noi sosteniamo che…..”
E continuavano affermando esattamente il contrario di quanto descritto da Pierucci, confondendo i presenti, e speriamo che non abbiano confuso chi poi dovrà decidere, il perito dei periti, il Giudice…
Ed ecco un’altra mossa assai abile…
Onde avvalorare la tesi della frattura accidentale, citano e mostrano, un libro di pubblicazioni scientifiche, in cui è il potente professor Giancarlo Umani Ronchi, secondo una generalizzata casistica, a sostenere la possibilità che la frattura del corno superiore dell’osso ioide in molte circostanze la si possa procurare per un trauma accidentale.
Ma guardate caso, parlano della frattura, ma non scendono in alcun particolare, quello fondamentale ad esempio, che in caso di trauma, devono necessariamente comparire evidenti segni lesioni o contusioni esterne.
Ma perché hanno pensato di citare Umani Ronchi?
Forse il particolare sfugge alla opinione pubblica, ma non a Gabriella Carlizzi, che oltre ad aver conosciuto personalmente il professore, sa bene che come perito è stato nominato proprio nell'ambito dell'incidente probatorio nel noto processo per la morte di Meredith Kercher.
Sembra di vederli riuniti nella stanza dello “scienziato”: “ Sai che facciamo, portiamo un qualche studio di Umani Ronchi, qui è un perito di fiducia... e quindi abbiamo più possibilità di affermare la nostra tesi…. Eh, eh,…” e giù pacche sulle spalle…
Peccato, che la sottoscritta, si è ricordata di un caso simile alla lesione del Narducci, un delitto recente, e di cui fu proprio Umani Ronchi ad occuparsi come perito.
Evito di dare riferimenti precisi in questo articolo, onde non dare spunti di ulteriori manovre all’avversario, ma mi limito a riportare tra virgolette una piccola parte della perizia di Umani Ronchi in quel delitto, utile , lo spero, per chi ha orecchie per intendere:
“…mobilità preternaturale del corno sinistro dell’osso ioide e del corno superiore sinistro dello scudo tiroideo sinistro, fratture comuni nelle asfissie meccaniche e particolarmente nello strozzamento e nello strangolamento…” (Giancarlo Umani Ronchi)…
Ho definito Umani Ronchi come un uomo molto potente, perché pochi sanno che è anche il direttore dell’Obitorio di Roma, e quando a capo della Criminalpol c’era il dottor Nicola Cavaliere, si sono occupati insieme di casi che benché rimasti insoluti, fanno ancor oggi parlare le cronache nazionali, nonostante siano trascorsi decenni.
E dirigere l’Obitorio di Roma, non è da tutti…
I giornali sull’udienza del 3 giugno hanno titolato: “Narducci strangolato” , “No, suicida”, ponendo sullo stesso piano le parti che si sono confrontate…
Questa parità non è nemmeno ipotizzabile, e nemmeno nel merito di pareri che dovrebbero esprimersi limitandosi alle risultanze scientifiche, perché così non è nelle procedure processuali.
Infatti ai periti viene dato accesso agli atti, e non ci si può dimenticare, in ben otto anni di indagini, quelle che sono state le prove testimoniali, i risultati investigativi della polizia giudiziaria, il materiale sequestrato nel corso di numerose perquisizioni… e dunque, penso che tentare di evitare il dibattimento ignorando i punti fermi ai quali sono approdati gli inquirenti, sia una mossa di pessimo gusto e che pone sospetti ancor più gravi….
Cos’altro dobbiamo scoprire?...
Ce lo dirà il verdetto a conclusione di un processo a porte aperte….
Scusate, dimenticavo…
La parte offesa Michele Giuttari e l’imputato Mario Spezi, continuano ad essere sulla scena del delitto…. “i grandi assenti”…!
1. Osso ioide;
2. Disegno di Pietro Pacciani;
5.Prof. Giancarlo Umani Ronchi;
6. Ritratto di Francesco Narducci;
7. Il Giudice Micheli;
8. Il PM Giuliano Mignini.
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