E’ IL MOMENTO DI FARE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE.
QUALI SONO GLI ATTUALI RAPPORTI TRA LE DUE PROCURE, DI FIRENZE E DI PERUGIA?
PERCHE’ LA SENTENZA DEFINITIVA SUI COMPAGNI DI MERENDA NON VIENE ABBATTUTA, NONOSTANTE GIUTTARI CHE CONTRIBUI’ A QUESTA SENTENZA CONSIDERANDO PACCIANI, VANNI E LOTTI GLI AUTORI DEGLI ULTIMI QUATTRO DELITTI, OGGI, ALLA LUCE DI NUOVI ELEMENTI, LO STESSO INVESTIGATORE, HA DICHIARATO E PUBBLICATO CHE L’UNICA CERTEZZA DELL’INCHIESTA E’ QUELLA CHE PACCIANI NON ERA IL MOSTRO DI FIRENZE?
PERCHE’ LA MADRE DEL DOTTOR NARDUCCI, PIANGENDO AL TELEFONO, MI DISSE, NEL FEBBRAIO DEL 2002, A PROPROSITO DI COME MORI’ IL FIGLIO:
“SIAMO COSTRETTI A DIRE “DISGRAZIA”?
CHI COSTRINGE LA FAMIGLIA DEL MEDICO E SOTTO QUALI PRESUNTI RICATTI?
PER QUALI FATTI, IL CRONISTA MARIO SPEZI FU ARRESTATO INSIEME A TALE RUOCCO?
E PERCHE’ RUOCCO, DOPO AVER VOLUTO ED OTTENUTO IL CONFRONTO CON SPEZI, DURANTE IL QUALE CONFERMO’ LA VERITA’ DEI FATTI, RIMANENDO SULLA PROPRIA POSIZIONE, POCHI GIORNI DOPO RITRATTO’?
FORSE QUALCUNO LO STA RICATTANDO?
E PERCHE’ SPEZI, SAPENDO CHE OGNI SUA MOSSA ERA FOTOGRAFATA, COME EGLI STESSO HA SCRITTO, COINVOLSE RUOCCO IN QUESTA AZIONE, FINALIZZATA A FAR RIPARTIRE LA PISTA SARDA, PROPRIO QUANDO UNA TESTIMONE SARDA, AVEVA DEPOSTO CON IL MAGISTRATO?
MA GLI INQUIRENTI FIORENTINI HANNO MAI INTERROGATO IL CRONISTA IN ORDINE AI REPERTI DA QUESTI DESCRITTI DURANTE L’ACQUISIZIONE SUI LUOGHI DEI DELITTI, DA PARTE DI CHI VIENE CITATO CON NOME E COGNOME, NONOSTANTE TALI REPERTI DIFFERISCANO DA QUANTO E’ SEMPRE RISULTATO AGLI ATTI UFFICIALI?
INSOMMA, CHI HA SOTTRATTO LA PARTE DI BOSSOLI CHE IL CRONISTA HA VISTO RACCOGLIERE DAL TERRENO, E CHE TUTTAVIA NON COMPAIONO NEI REPERTI AGLI ATTI UFFICIALI?
Scusate se inizio dall’ultima e sconcertante domanda che compare nel titolo di questo articolo, ma ritengo urgentissimo che i legittimi titolari dell’inchiesta sui duplici delitti del mostro e ancor di più dei reperti che inquirenti, polizia scientifica, ed altri raccolsero dal terreno vicino ai cadaveri, facciano al più presto luce, su l’aspetto più inquietante, e che è relativo proprio ai primi quattro delitti, rimasti senza nemmeno un presunto colpevole.
Ora, da una attenta consultazione degli atti processuali, nonché da quanto è stato scritto e pubblicato dagli investigatori titolari delle indagini, in relazione ai bossoli repertati e che hanno consentito di stabilire che il Mostro ha ucciso sempre con la stessa arma, una Beretta 22, il dato che come ripeto, coincide in tutti i documenti, è relativo al numero dei bossoli ritrovati, un numero sempre inferiore ai colpi sparati.
Tanto è vero che si è pensato che il Mostro dopo aver ucciso, portasse via con se una parte di bossoli, forse per inviarli insieme ai suoi numerosi messaggi, che recapitava sia agli inquirenti, sia facendoli ritrovare unitamente ai guanti, o anche nell’orto stesso di Pacciani.
Ed ora veniamo a quanto risulta ufficialmente in atti.
DELITTI N° COLPI SPARATI N° BOSSOLI RITROVATI
Delitto: Settembre 1974
Colpi sparati: NOVE
Bossoli ritrovati: CINQUE
Delitto: Giugno 1981
Colpi sparati: OTTO
Bossoli ritrovati: CINQUE
Delitto: Ottobre 1981
Colpi sparati: SETTE
Bossoli ritrovati: SETTE
Delitto: Giugno 1982
Colpi sparati: SEI
Bossoli ritrovati: NOVE
Delitto: Settembre 1983
Colpi sparati: SETTE
Bossoli ritrovati: QUATTRO
Delitto: Luglio 1984
Colpi sparati: SEI
Bossoli ritrovati: CINQUE
Delitto: Settembre 1985
Colpi sparati: SETTE
Bossoli ritrovati: NOVE
DAL LIBRO EDITO DA SONZOGNO, NEL 1983, INTITOLATO: IL MOSTRO DI FIRENZE” E IL CUI AUTORE E’ MARIO SPEZI, RIPORTIAMO FEDELMENTE:
CAPITOLO 1 – BORGO SAN LORENZO – SABATO 14 SETTEMBRE 1974 –
ALLE PAGINE 12 E 13 SI LEGGE:
…..”NEANCHE MEZZ’ORA DOPO, ARRIVANO DA FIRENZE IL SOSTITUTO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA ANTONIO LA CAVA CON IL CAPITANO DEI CARABINIERI OLINTO DELL’AMICO E POI I GIORNALISTI E I FOTOGRAFI…..”
“L’INDAGINE SI PRESENTA MOLTO DIFFICILE. SUL LUOGO DEL DELITTO, IN MEZZO ALLA TERRA BAGNATA E A LUNGO CALPESTATA DAI CURIOSI PRIMA DELL’ARRIVO DEGLI INQUIRENTI DA FIRENZE, SI RACCOLGONO POCHI OGGETTI, NESSUN INDIZIO. CI SONO UNDICI BOSSOLI PIUTTOSTO VECCHI DI MARCA WINCHESTER PER UNA PISTOLA CALIBRO 22. C’E’ UN BOTTONE RIVESTITO DI CUOIO DEL TIPO CHE SI APPLICA ALLE GIACCHE SPORTIVE CHE PORTANO I CACCIATORI. NIENTE ALTRO……”
CAPITOLO 2 – SCANDICCI – SABATO 6 GIUGNO 1981 –
ALLE PAGINE 27 E 28 SI LEGGE:
“….ATTORNO ALL’AUTO DI GIANNI IL COMMISSARIO DELLA SQUADRA MOBILE SANDRO FEDERICO, IL COLONNELLO DELL’AMICO, IL GIOVANE SOSTITUTO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA ADOLFO IZZO SI INTERROGANO E CHIEDONO RISPOSTE AI MUTI ELEMENTI DELLA SCENA DEL DELITTO.
SUL TERRENO LA “SCIENTIFICA” TROVA UNDICI BOSSOLI, LO STESSO NUMERO RACCOLTO SUL CAMPO DI SAGGINALE. ANCHE QUESTI SONO DI UNA RIVOLTELLA CALIBRO 22….”
“…..A PARTE GLI UNDICI BOSSOLI DI PISTOLA CALIBRO 22, LA PIU’ COMUNE, L’ASSASSINO NON HA LASCIATO ALCUN INDIZIO….”
CAPITOLO 4 – CALENZANO – GIOVEDI’ 22 OTTOBRE 1981 –
A PAGINA 60 SI LEGGE:
“…IL CAPO DELLA “SCIENTIFICA” CASTIGLIONE RACCOGLIE SUL TERRENO NOVE BOSSOLI WINCHESTER. ALTRI DUE SONO SUL PAVIMENTO DELL’AUTO . SUI FONDELLI I DUE SEGNI A MEZZALUNA, QUASI DUE UNGHIATE CHE SONO ANCHE SUGLI ALTRI 22 BOSSOLI RACCOLTI A BORGO SAN LORENZO E A SCANDICCI. L’ASSASSINO E’ SEMPRE LUI, IL MOSTRO.”
CAPITOLO 7 – BACCAIANO – SABATO 19 GIUGNO 1982 –
A PAGINA 108 SI LEGGE:
“PER GLI INVESTIGATORI E GLI INQUIRENTI NON POSSONO ESISTERE DUBBI CHE L’ASSASSINO E’ SEMPRE LO STESSO, IL MOSTRO. I BOSSOLI DELLA CALIBRO 22 LASCIATI SUL TERRENO SONO LA FIRMA SUL TERZO DUPLICE OMICIDIO CHE HA COMMESSO IN UN ANNO. CON QUELLO DI BORGO SAN LORENZO, LE VITTIME SONO ORMAI OTTO ….”
LEGGENDO LA NAZIONE DEL 21 GIUGNO 1982, E’ SEMPRE MARIO SPEZI CHE SCRIVE E FIRMA: “…MANCA LA PERIZIA BALISTICA SUGLI UNDICI PROIETTILI
ESPLOSI SABATO NOTTE…MA ANCHE QUESTO NECESSARIO ESAME SEMBRA SOLO UNA FORMALITA’.”
Ora, evitando inutili commenti, penso che da parte degli inquirenti fiorentini, debba necessariamente avviarsi una indagine circostanziata, anche perché, l’autore di queste dichiarazioni, chiama in causa magistrati, investigatori, la “scientifica”, i quali oltre che essere presenti avrebbero materialmente svolto le operazioni di raccolta e custodia dei reperti, ben numerati, davanti ad un testimone oculare che fu il primo a scrivere un libro d’inchiesta, quando ancora il Mostro uccideva.
Per ragioni che gli inquirenti fiorentini comprenderanno, non posso spiegare molti altri aspetti presenti nel testo, prima di averli formalizzati a verbale, così come già due volte ho chiesto, inviando un fax sia al Procuratore Capo dottor Nannucci, sia ai due Sostituti, dottor Canessa e dottor Crini.
Posso solo confermare che in questo libro vi sono contenuti fatti gravissimi, descritti con dovizia di particolari, e sui quali non si può soprassedere come se vi fossero vittime di serie A e vittime di serie B, atteso che, ripeto, si tratta dei primi delitti, che da quanto si sa, possono considerarsi “archiviati”. E dunque quanto viene dettagliatamente esposto dall’autore del libro, assume una fondamentale importanza anche nella speranza di poter dare una risposta a quanto fino ad oggi non è stato possibile, grazie ad un testimone oculare, che pur avendo pubblicato cose di tale importanza, evidentemente non fu letto.
E non sono poche le osservazioni che viene spontaneo fare, specie quando sottolinea quale principale analogia tra questi delitti, il fatto che siano stati repertati sul posto, sempre lo stesso numero di bossoli, al punto da considerare tale elemento come la firma del Mostro.
Ora è impensabile che le autorità citate dall’autore e presenti alle operazioni di ricognizione, abbiano raccolto undici bossoli ad ogni delitto, e se ne siano persi la metà per la strada, e dunque che mistero si nasconde dietro circostanze tanto inquietanti?
Oltre al fatto che Mario Spezi, fa finalmente luce su un dubbio che ha impegnato gli inquirenti per molto tempo, specialmente il dottor Giuttari, nel sospettare che le pistole fossero due, e questo proprio in conseguenza del fatto che i conti non tornavano.
Spezi ripete più volte che il Mostro anche quando sparava ad esempio sette colpi, comunque finiva di scaricare completamente la pistola, magari sul corpo di uno dei cadaveri. E ci chiarisce che è sempre una stessa pistola a dieci colpi più l’undicesimo in canna.
Tutto questo, pensate, all’autore del libro era ben chiaro fin dal 1983, quando il Mostro avrebbe ancora ucciso la coppia dei tedeschi, poi Pia Rontini e Claudio Stefanacci, ed infine i due francesi, nella tenda. Una analisi attenta del testo, potrebbe perfino farci trovare di fronte ad un quadro diverso da quanto si è sempre pensato, anche in considerazione dell’estrema esattezza con cui l’autore riferisce particolari inediti, mai emersi né in sede processuale, ne in alcun atto giudiziario.
Ma come ripeto, ancora ritengo di attendere qualche giorno l’auspicata convocazione, non entro per ora, ulteriormente nel merito dell’intero contenuto, riservandomi comunque di affidare all’opinione pubblica quanto seppure risale a ventiquattro anni fa, ci si presenta come un inquietante fatto nuovo.
Ed ora, torniamo a fare il punto della situazione, cercando di rispondere a ciò che in molti si chiedono.
Quali sono gli attuali rapporti tra le due Procure di Firenze e di Perugia?
La pace sembra non essere ancora tornata e questo è un problema che a lungo andare potrebbe ulteriormente danneggiare l’intera inchiesta. Tutti con rammarico ricordiamo che il Procuratore Capo di Firenze, dopo essere stato sollevato da ogni sospetto in seguito a quanto il Sostituto Procuratore di Perugia, dottor Mignini, trasmise alla competente Procura di Genova, una intercettazione telefonica tra Mario Spezi e il Procuratore Nannucci, quest’ultimo sporse denuncia contro il collega perugino accusandolo in concorso con il dottor Giuttari di reati quali l’abuso d’ufficio, il favoreggiamento, e l’inchiesta parallela. Tutto questo anche perché, nello stesso periodo si incrociò un altro fatto, legato principalmente al dottor Guttari. Infatti costui, avendo a suo dire involontariamente registrato una conversazione avvenuta nel 2002 tra lui e il Sostituto Canessa, attribuiva al magistrato una frase riferita al Procuratore Nannucci, in cui si sarebbe detto: “Lui non è un uomo libero”. Anche questo fatto fu denunciato alla Procura di Genova, che ovviamente sottopose la registrazione al parere dei periti fonici, i quali rilevarono che la voce non sarebbe stata del Sostituto Canessa. Ora, data la gravità di un simile fatto, e in considerazione che le due Procure in questa inchiesta erano state formalmente collegate, ma ancor di più, anche quando il dottor Giuttari ruppe i suoi rapporti con gli inquirenti fiorentini, il magistrato di Perugia, che continuava a delegare Giuttari relativamente al caso Narducci e ad eventuali collegamenti del medico con i delitti fiorentini, si sentì in dovere di esigere immediati chiarimenti nel merito di un fatto tanto increscioso. Ovvero, pur nutrendo ampia fiducia verso l’investigatore, il dottor Mignini valutò anche la possibilità che Giuttari fosse colpevole e in malafede.
Pertanto volle sentire personalmente i periti di Genova, ma anche chiedere un ulteriore parere a diversi periti, sempre al fine di stabilire se poteva continuare a servirsi di Giuttari, o liquidarlo qualora l’investigatore avesse abusato della buona fede del magistrato.
Uno scrupolo da parte di Mignini più che legittimo a mio avviso, specie in considerazione della delicatezza delle indagini che per suo conto stava svolgendo Giuttari.
Ed è sinceramente difficile comprendere come possa essere considerata una inchiesta parallela, se il magistrato perugino, alla luce del sole ha interpellato per primi gli stessi periti di Genova, senza nemmeno nascondere che avrebbe chiesto anche un secondo parere.
Qualcuno sostiene che nella vicenda della registrazione, Mignini non doveva entrarci, e lasciarla risolvere tra Giuttari e Canessa.
Certo, un magistrato superficiale, avrebbe anche potuto dire, vedetevela fra voi due.
Ma il dottor Mignini, non è un magistrato superficiale, ed è anche legittimo che gli sia venuto il sospetto, in caso di colpevolezza di Giuttari, che costui, avrebbe potuto comportarsi scorrettamente anche con lui, così come aveva fatto con il magistrato fiorentino.
Pensate voi, in che guaio si sarebbe trovato il dottor Mignini, sapendo che Firenze è competente su Perugia. Forse in un clima diverso, potevano esserci alternative, quale quella di contattare direttamente il collega Canessa, ma può anche darsi che l’abbia fatto, impulsivo com’è, e che non gli sia stato possibile parlarci.
Senza poi contare, l’improvvisa perquisizione disposta da Firenze a carico del dottor Mignini, del suo ufficio, e del Gides, con l’ordine di sequestro del materiale oggetto di indagini in corso.
Fatti che non hanno certo dato una immagine esemplare degli ambienti giudiziari.
Quella mattina, intervenne anche il Procuratore Capo di Perugia, Miriano, il quale ritenne di “trattare” facendo modificare il sequestro in acquisizione di atti.
Sicuramente le intenzioni del Procuratore Miriano erano volte a rasserenare il clima di tensione altissima che si era creato, tuttavia, poiché nella sostanza le carte le presero ugualmente, forse lasciare il sequestro avrebbe consentito una più forte difesa da parte del titolare dell’inchiesta perugina, che verosimilmente avrebbe ottenuto un immediato dissequestro.
Al contrario quando si parla di acquisizione, non vi sono tempi di scadenza, e anche l’uso o l’abuso che si può fare del materiale “acquisito” può determinare danni anche a carico di testimoni, che magari si ritrovano un verbale in prima pagina, reso pubblico da qualche avvocato, in cerca di pubblicità.
Tutti fatti che si sono puntualmente verificati.
Ci sarebbe da chiedersi, qualora le due inchieste debbano per intervenuti fatti nuovi, essere obbligatoriamente riunite, e i magistrati che si sono denunciati si ritrovino a lavorare gomito a gomito, non vi è il rischio di reali incompatibilità ambientali, che dovrebbe valutare il Csm, con la conseguenza di vedere naufragato il lavoro di decenni?
E basta leggere le tante domande poste nel titolo, per rendersi conto di quanto sia complessa la situazione, dove di certo in molti hanno inzuppato il pane, travisando fatti e circostanze documentate, al solo fine di spostare l’attenzione della gente,verso la difesa a spada tratta della cosiddetta libertà di stampa.
E quanti colleghi ci sono cascati, in questa trappola bene organizzata, fino a raccogliere firme di solidarietà che nulla c’entrano con la libertà di stampa. E ancora oggi, l’arresto di Mario Spezi, viene considerato il bavaglio imposto al mostrologo per eccellenza.
Ma ditemi un po’, li conoscete i fatti per cui Spezi fu arrestato? No. Ebbene, provo a riassumerli io, ma poi , che nessuno più parli di bavaglio alla libertà di stampa….. Leggetevi quello che ha scritto sul libro “Inviato in galera” e così vi rendete conto se è imbavagliato…..
Comunque, torniamo ai fatti.
A suo dire, un giorno gli arrivò una soffiata, che nel cassettone dell’armadio della dependance di una Villa dove in passato avevano lavorato i Sardi, qualcuno aveva intravisto sei scatole uguali, nelle quali potevano esservi custodite cose riconducibili ai delitti del Mostro.
Il giornalista sembra che a quel punto, abbia ingaggiato una vecchia conoscenza, per verificare la veridicità della soffiata.
Avuto esito positivo, ma nessuno sapeva cosa contenessero le sei scatole, Spezi invece di presentarsi in Questura o in Procura, raccontare il fatto rimettendolo alla valutazione del magistrato,
organizza un piano che lascia non poche perplessità, specie quando è lui stesso ad accorgersi di essere pedinato e fotografato dagli uomini di Giuttari.
E così coinvolge anche l’amico Douglas Preston, come se stessero vicini al più grande scoop della storia. Riflettono come fare intervenire la Polizia sul posto, e alla fine Spezi decide,di inviare una lettera o una telefonata anonima , se ben ricordo, al Capo della Mobile di Firenze, Bernabei,
intanto il suo aiutante avrebbe predisposto le cose in modo tale che i poliziotti giunti lì trovassero non si sa bene cosa, e la notizia dello scoop avrebbe fatto il giro del mondo, obbligando per atto dovuto il magistrato, a riconsiderare la pista sarda.
Evidentemente vent’anni non erano bastati per escluderla…1
Spezi nel frattempo era già indagato, e dunque la domanda del magistrato, sarà stata quella di chiedersi a che scopo il giornalista rischiava tanto, se non per sviare o inquinare le indagini in corso a suo carico? Per chi conosce un po’ di procedura, l’elemento più importante che consente il provvedimento di custodia cautelare, è il timore di inquinamento di indagini in corso, e questo elemento fece scattare il provvedimento restrittivo sia per Spezi che per Ruocco.
Apriti cielo! Da quel momento scattò da parte di una regia occulta un passaparola che ottenne un plagio collettivo, fino a convincere tutti, che Spezi era stato arrestato, per non fargli scrivere la sua verità sul Mostro di Firenze.
Dunque, per finire, vale ancora il vecchio detto, chele bugia hanno le gambe corte!
E male fanno, coloro che si lasciano trasportare verso interpretazioni distorte della realtà, perché potrebbe anche arrivare il giorno, che un inquirente, valuti come favoreggiamento, schieramenti di parte, e del tutto estranei al merito del provvedimento adottato.
Che poi il “plagio” abbia avuto il suo effetto, forse confondendo le idee perfino al Tribunale della Libertà, questo è un fatto che sta per essere chiarito una volta per tutte, in quanto, qualcuno osserva attentamente certi comportamenti degli organi giudiziari, che non dovrebbero risentire di quanto rimbalza da un giornale all’altro, specie quando si è di fronte ad un indagato di categoria.
Insomma, fare il punto di questa situazione, appare impossibile, perché dal momento che i fatti accaduti, ci obbligano a lavorare rendendoci pressoché invisibili….
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