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di Gabriella Pasquali Carlizzi - Venerdì 24 Ottobre 2008

A MARIO SPEZI DICO: “PER FAVORE…FERMATI!
LA TUA ATTUALE POSIZIONE GETTA INQUIETANTI DUBBI SULLA TUA “CROCIATA” INNOCENTISTA PER AMANDA KNOX, SPECIE ORA CHE HAI OSATO DARE UN NOME E UN VOLTO A CHI TU SOSPETTI ABBIA UCCISO MEREDITH. SPERO CHE IL QUESTORE DI PERUGIA, DIFENDA LA SUA POLIZIA DALLE PESANTISSIME INSINUAZIONI DA TE AVANZATE, E MESSE IN RETE, NEL TUO SITO WEB E RIPRESE DA ALTRI SITI.”
LA SI POTREBBE DEFINIRE UNA SOFISTICATA MANOVRA DI DEPISTAGGIO, POSTA IN ESSERE ANCORA UNA VOLTA ATTRAVERSO I MEZZI DELLA COMUNICAZIONE, QUELLA CHE VEDE MARIO SPEZI A CAPO DI UNA “CROCIATA” TESA A DEMOLIRE LE INDAGINI DEI MAGISTRATI DI PERUGIA, CON ACCUSE AL PM DI INAUDITA GRAVITA’ OLTRE CHE IL FANGO GETTATO SULLA POLIZIA, NEL CUI OPERATO APPARE , ATTRAVERSO SPEZI, ADDIRITTURA “COMPLICE” NELL’AVERE INTERNATO IL "VERO" ASSASSINO DI MEREDITH IN UNA “CASA DI CURA” E FACENDO IN TAL MODO ACCUSARE AMANDA KNOX, RAFFAELE SOLLECITO, E RUDY GUEDE.
IL COMPORTAMENTO DI MARIO SPEZI DEVE FAR RIFLETTERE, NON SOLO CHI DALL’AMERICA GLI AVREBBE CONFERITO QUESTO "INCARICO", MA SOPRATTUTTO LE FAMIGLIE DEGLI INDAGATI, I QUALI RISCHIANO DI RITROVARSI INCRIMINATI DI ALTRI REATI...
MARIO SPEZI, FAREBBE MEGLIO AD ASTENERSI DA CERTI SCHIERAMENTI CHE INDUCONO IL RAGIONEVOLE SOSPETTO DI UN SUO INTERESSE PRIVATO NELL'OCCUPARSI DELLA MORTE DI MEREDITH KERCHER PER INFANGARE L’OPERATO DI CHI INDAGO’ E INDAGA SU DI LUI.
Prima di commentare cosa Mario Spezi ha scritto sul suo sito, e quanto anche altri giornali online scrivono, sia sul conto del PM di Perugia che della Polizia, nonché sul mio conto, penso sia doveroso che tali pubblicazioni le leggano anche coloro che visitano questo portale.
Come pure mi chiedo il perché Mario Spezi, non renda pubblico l’atto giudiziario notificato a tutte le parti, a me come parte offesa, ad altri come imputati di reati gravissimi, atto per il quale è stata già fissata a Perugia davanti al GUP Paolo Micheli, l’Udienza Preliminare per il prossimo 12 Dicembre.
Mario Spezi è un giornalista che ben conosce il diritto-dovere di cronaca, e penso che nell’avere accettato l’incarico di interessarsi al “caso Meredith”, sarebbe stato corretto da parte sua, rappresentare la sua reale posizione nei confronti sia del PM dottor Mignini che del GUP dottor Micheli.
Se Spezi pubblicasse o riassumesse quanto lo riguarda dell’Udienza Preliminare del 12 Dicembre 2008 , la pubblica opinione constaterebbe che il PM e il Giudice che discutono in questi giorni sulla colpevolezza o sull’innocenza dei tre imputati accusati di avere ucciso la povera Meredith, sono lo stesso PM e lo stesso Giudice che dovranno discutere anche sulla sorte di Mario Spezi, nell’Udienza del 12 Dicembre.
Penso che in tal modo, Mario Spezi, pur libero di proseguire nella sua appassionata difesa dei presunti assassini di Meredith, nonché nell’opera denigratoria verso inquirenti, testimoni e la stessa Polizia, sarebbe stato comunque apprezzato per la sua lealtà nel riportare i fatti, sottoponendoli ad una più completa valutazione anche da parte di quanti magari da oltreoceano sono ignari, come pure gli stessi imputati e parti offese nonchè le rispettive famiglie.
E c’è di più.
Come leggerete, Mario Spezi ha ricostruito il “Caso Meredith”, puntando il dito contro un presunto assassino di cui fa nome e cognome. E forse il poveretto nulla sa di una simile e terrificante accusa, così come all’oscuro saranno i suoi stessi parenti, ai quali penso sia giusto dare la possibilità di tutelare il ""diffamato" in tutte le sedi competenti.

Nessuno come Mario Spezi si è battuto tanto per la libertà di stampa, e dunque è bene diffondere quanto il “mostrologo” ha pubblicato sul suo sito, anche al fine di rendere edotti coloro che un giorno potrebbero dire: “Noi non lo sapevamo….”

DA: WWW.MARIOSPEZI.IT:

Sembra la Russia di Putin, ma è Perugia

Giornalista scopre un' altra verità
sul delitto di Meredith Kercher:
incriminato, non ha più scritto

La notizia era clamorosa e grande è stato lo sconcerto nel vederla, il giorno dopo, sparire da tutti i giornali: due ore prima del ritrovamento del cadavere di Meredith Kercher, alle 7 del mattino, un giovane si aggirava in piazza Grimana con le mani, i vestiti e le scarpe sporchi di sangue.

Fuori di sé, urlava e piangeva: "L'ho ammazzata, l'ho ammazzata"».

La notizia era suffragata da numerose testimonianze scrupolosamente raccolte dal giornalista: passanti, infermieri e autista dell’ ambulanza venuta a soccorrere il giovane, i medici del pronto soccorso che l’ hanno curato per un lungo taglio a una mano.
Tutti con nome e cognome.
Perché, allora, la notizia, capace di rovesciare tutta l’ indagine che da quasi un anno tiene in carcere Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Guede, è sparita?
Perché non ha avuto alcun seguito?
Ora una risposta c’ è: il giorno stesso della pubblicazione, il 23 maggio scorso, il
giornalista fu convocato in questura, interrogato pesantemente per due ore e, alla fine, iscritto nel registro degli indagati per l’ assurdo reato di provocato allarme.
Firmato: Dott. Giuliano Mignini, il piemme dell’ inchiesta Kercher.
Lo stesso piemme che due anni fa accusò chi scrive di depistaggio per avere criticato la sua indagine sul fantasioso omicidio Narducci e mi sbatté illegalmente per 23 giorni in galera; lo stesso che, per identica ragione, mise sotto indagine lo scrittore e giornalista americano Douglas Preston; il magistrato che il 14 novembre prossimo siederà sul banco degli imputati a Firenze accusato, tra le altre cose, di avere messo illegalmente sotto intercettazione altri giornalisti troppo critici con lui.
Il giornalista di Perugia non se l’ è più sentita di continuare.

Perugia, distretto della Russia di Putin.
Eppure la notizia è sempre valida e offre spunti interessanti ed elementi nuovi che, se collegati a quelli già noti, disegnano un nuovo, molto più inquietante quadro di quello che potrebbe essere accaduto nella notte tra il 1 e il 2 novembre del 2007.

Il giovane ferito e insanguinato si chiama Claudio Pellegrini, di Trento, a Perugia noto come tossicomane e spacciatore, informatore della polizia e ben conosciuto dal personale del pronto soccorso che segnalò l’ accaduto alle forze dell'ordine.
Incredibilmente pare che l'uomo non sia mai stato sentito dagli inquirenti e che nessuno gli abbia preso le impronte.

Da notare, tra l’ altro, che la descrizione di Pellegrini fatta dalla mezza dozzina di persone quella mattina (Trent'anni, biondo, occhi azzurri, un berretto di lana bianco calato sulla testa e una felpa scura) corrisponde alla descrizione dello sconosciuto che fornisce Rudy Guede il quale niente poteva sapere di questo episodio.

Ora se si inserisce un personaggio legato alla droga nella scena del ritrovamento del cadavere di Meredith, altri particolari non secondari potrebbero trovare una spiegazione: perché, per esempio, l’ assassino prese e poi gettò via i due cellulari della ragazza inglese?
A fare questo avrebbe potuto aver interesse solo chi, conosciuto dalla polizia, non voleva far trovare il proprio recapito nel cellulare della vittima di un omicidio.
Cancellato il proprio numero, se ne sarebbe poi disfatto.

Ma sorgono anche domande molto imbarazzanti: il delitto fu scoperto da due agenti di polizia che indagavano sul ritrovamento di due cellulari.
Ora, perché ben due agenti di polizia indagavano su un episodio così banale e frequente come lo smarrimento di due cellulari?
E ancora: come hanno fatto in così poco tempo a scoprire che appartenevano a Meredith Kercher?
E come hanno fatto a scoprire in ancor meno tempo dove abitava la studentessa?
Perché Claudio Pellegrini fu subito rinchiuso in un centro di recupero inaccessibile ai giornalisti e alle loro domande?
Che cosa era accaduto quella mattina a Claudio Pellegrini?

Perché gli inquirenti non lo dicono, se hanno accertato che non ha niente a che fare con la morte di Meredith Kercher?”

Ora ci sia consentito un breve commento all’articolo pubblicato sul sito di Mario Spezi.
Il giornalista, ci tiene a mettere in evidenza che il PM dottor Giuliano Mignini, che si occupa del “Caso Meredith” è lo stesso PM da cui lui fu arrestato, lo stesso che incriminò il collega giornalista americano Douglas Preston, e sottolinea anche che il medesimo PM, il 14 novembre prossimo siederà a Firenze sul banco degli imputati.
L’esposizione dei fatti raccontati da Spezi non è completa, o comunque appare non corretta.
Infatti è necessario precisare che il provvedimento del suo arresto con l’accusa di depistaggio, seppure fu chiesto dal dottor Mignini, fu invece disposto dal Giudice.
E il Giudice, non valuta per un indagato solo le fonti di prova prodotte dal Pubblico Ministero, bensì esamina anche gli atti che l’indagato e i propri Difensori sono liberi di far confluire nel fascicolo del Giudice a sostegno della estraneità dai fatti contestati.
Tanto è vero, che la disposizione di un arresto, deve necessariamente, entro i termini previsti dal codice di procedura penale, essere convalidata o no dal Giudice, durante il cosiddetto interrogatorio di garanzia, dove accusa e difesa, espongono le proprie ragioni in perfetta parità davanti ad un Giudice terzo.
Dunque, a nostro parere, Spezi sbaglia a prendersela sempre e solo con Mignini, attribuendogli provvedimenti che sono stati firmati da altri.
Come pure, quando si riferisce al “caso Meredith”, non tiene mai conto che i Pubblici Ministeri sono due, e che accanto al Dottor Mignini, sostiene l’Accusa anche la PM Dottoressa Comodi.
E ancora.
Mario Spezi rende noto che il Dottor Mignini il 14 novembre prossimo siederà a Firenze sul banco degli imputati ecc. ecc.

Perché, ci chiediamo, Mario Spezi, se non altro per par-condicio, non informa la pubblica opinione, su quale banco lui siederà il prossimo 12 Dicembre, specificando nel merito le motivazioni, così come esposte nell’atto di fissazione dell’Udienza Preliminare, anche a lui sicuramente da tempo notificato?

Non sarebbe un modo di fare giornalismo più completo e più corretto?

Entrando poi nel merito di quanto Spezi racconta anche in modo molto suggestivo, forse un po’ di prudenza non sarebbe stata di troppo.

Infatti la storia di Claudio Pellegrini altro non è che la storia di tanti, troppi poveretti , vittime del tunnel della droga e che quando sono in preda ad una crisi di astinenza, assumono immancabilmente un comportamento autolesionista, si sfregiano, si feriscono, e invocano la morte.

Quella mattina il Pellegrini non gridava, come ha scritto Spezi: “L’ho ammazzata, l’ho ammazzata…”, bensì in preda all’astinenza, perché a tutti i costi voleva la droga, gridava e minacciava: “Io mi ammazzo, io mi ammazzo…”.

E questo è stato riferito da molte persone, forse meglio informate di Mario Spezi, e dello stesso giornalista che scrivendo un articolo sull’episodio, forse aveva confuso quel “l’ho ammazzata”, con un più verosimile “mi ammazzo..”, e non si rese conto che un banale errore seppure in buona fede, avrebbe creato in quel contesto un ingiustificato allarme nell’opinione pubblica già sufficientemente scossa.

Inoltre, sono pesantissime ed estremamente inquietanti le ombre che Mario Spezi getta sull’operato della Polizia, sebbene il giornalista abbia avuto cura di mettere una serie di punti interrogativi, tuttavia pensiamo che il Questore di Perugia, persona di nota esperienza, prenderà in seria considerazione.
Le istituzioni e gli uomini che le rappresentano vanno tutelate da quanto può apparire diffamatorio o calunnioso, anche nell’insinuazione, se si ricorre alla banale "furbizia" di mettere un punto interrogativo dopo una affermazione…

Una riflessione generale sul “Caso Meredith” alla luce di quanto sostiene Mario Spezi.

Come mai, gli attuali indagati con l’accusa di aver ucciso la studentessa inglese, e i loro avvocati, non hanno mai fatto cenno a propria difesa a quanto accadde a Claudio Pellegrini, un nome che non figura certo tra “eccellenti” o “intoccabili” e che dunque poteva rappresentare per le difese un cavallo da battaglia, più che vincente, se vi fosse stato un minimo di fondamento?

Risultano invece le mille contraddizioni in cui i presunti assassini di Meredith sono caduti, finendo poi anche per accusarsi l’uno con l’altro, per non parlare delle calunnie lanciate contro Lumumba, attualmente costituitosi parte civile.
La domanda viene spontanea: “Non sarebbe stato tanto più facile giocare la carta di Claudio Pellegrini? O non si vorrà mica far credere che indagati e illustri Avvocati Difensori non siano stati fino ad ora informati su un fatto quantomeno suggestivo?.... Ci sarebbe davvero da piangere, e da ringraziare Mario Spezi che solo dopo un anno dall’episodio, ha deciso di informare l’opinione pubblica a pochi giorni dalla sentenza che il GUP Paolo Micheli dovrà emettere per Rudy Guede, Amanda Knox e Raffaele Sollecito.

Vorrei ora lamentare l’ennesima diffamazione sul mio conto, come risulta pubblicata sul quotidiano online “L’Opinione.it” a firma di Dimitri Buffa in un articolo che riporto qui di seguito.
E’doveroso precisare che ho inviato una email al giornalista lamentando le falsità diffuse sulla mia persona, e che questi mi ha risposto, che ciò che lui ha scritto altro non è che il pensiero di Mario Spezi.
Un modo come un altro per dire: “Cara signora, se mi querela, citerò in Mario Spezi la fonte delle mie affermazioni”.
Mi dispiace che il collega Dimitri Buffa, sia scivolato su una buccia di banana, nel senso che quando ci si limita a riportare affermazioni gravi contro una persona, senza nemmeno consultare la persona che si diffama, almeno si usa mettere tra virgolette quanto la fonte riferisce.
Cosa che nell’articolo non appare. E dunque, si profila l’ipotesi di un reato di diffamazione in mio danno, commesso forse in concorso tra il redattore dell’articolo e Mario Spezi.
Chissà? Deciderà chi di dovere.

Edizione 224 del 21-10-2008
“DOLCI COLLINE DI SANGUE” le indagini all’italiana
Il libro di Spezi descrive non solo i 14 delitti che tra il 1968 e il 1985 terrorizzarono le notti delle estati fiorentine ma spiega come nel nostro paese gli errori giudiziari siano all’ordine del giorno

di Dimitri Buffa

Leggere un libro sul mostro di Firenze fino a pochi giorni or sono sarebbe stata l’ultima delle mie aspirazioni. Non amo il genere splatter, fatta eccezione per i film di Tarantino dove viene esorcizzato con il registro del grottesco. Leggere però il geniale libro di Mario Spezi ed Douglas Preston, “Dolci colline di sangue - Il mostro di Firenze” (già edito da due anni dalla Rizzoli e ristampato dalla Gruner Jahr Mondadori per l’uscita in allegato con la rivista “Focus”) non è semplicemente propedeutico a “farsi una cultura” su quei 14 delitti che tra il 1968 e il 1985 terrorizzarono le notti senza luna delle estati fiorentine. Infatti può servire anche a farsi un’idea perché in Italia - come dice Berlusconi - “i magistrati andrebbero sottoposti a perizia psichiatrica prima di essere immessi in servizio”. La vicenda del mostro di Firenze è infatti una storia, una sequela, di errori giudiziari. Quasi tutti evitabili con il semplice buon senso. Che, ora che l’inchiesta si è buttata sul satanismo e sull’esoterico, è stato a quanto pare accantonato per sempre. Spezi, diciamolo subito, scrive da Dio. E male ha fatto “la Nazione” di Firenze a lasciarselo scappare (ora lavora alla redazione fiorentina del “Corriere della sera”) per non difenderlo e prendere anzi le parti dei giudici e degli inquirenti perugini che due anni fa lo fecero persino arrestare accusandolo di depistare le indagini esoteriche di cui sopra. Solo in Italia può capitare - dice Spezi a chi scrive - di venire indagati da un magistrato che a sua volta sta per essere processato con l’accusa di avere commesso abusi ai danni di altri giornalisti.

Secondo l’accusa che lo riguarda, fatti intercettare senza ragione. E solo in Italia può capitare che agenti di polizia giudiziaria scrivano libri sui casi che stanno trattando pressochè in presa diretta. Inoltre sempre e solo in Italia può capitare di essere accusati di depistaggio per avere osato “ledere la maestà delle indagini”, criticandole. E se vogliamo, ancora, solo in Italia capita che i complici, meglio “i compagni di merende”, di un altro che è stato assolto vengano invece condannati definitivamente come “vice mostri”. A ben guardare nella storia del mostro di Firenze, ciò che è arrivato a fare concorrenza alla mostruosità dei delitti, è stata proprio la mostruosità di quasi tutte le indagini. E nel libro, assolutamente da non perdere, Spezi spiega bene la genesi di tutto ciò: un’assurda olimpiade dell’indagine tra polizia e carabinieri, tra ufficio gip e procura, con sullo sfondo la futura carriera di Piero Luigi Vigna come procuratore nazionale antimafia. Nel libro Spezi compie anche le proprie indagini e indica come sospetto-mostro un uomo, di cui non viene fatto il nome, che potrebbe avere rubato la mai trovata Beretta 22 che sparò in tutti i delitti dalla casa di uno dei sardi sospettati durante le prime indagini.

Spezi sa bene di non potere avere le prove ma almeno dà un esempio di metodo con il quale le indagini vanno fatte. Altro che verbalizzare con il protocollo le sedute spiritiche! Va anche detto che in questa storia gli unici che non escono con le ossa rotte per la loro imperizia sono i carabinieri, che dubitano delle indagini e dei colpevoli alla Pacciani e alla Vanni fin da subito, ma a cui l’inchiesta viene inesorabilmente tolta. Con la solita filosofia emergenziale, “qui ci vuole un colpevole” (magari di repertorio come era Pacciani e come poi sarebbero stati il Vanni e il Lotti), in Italia non si è mai fatta giustizia ma solo errori giudiziari a raffica. La colpa per cui Spezi ha dovuto subire persino l’affronto del carcere, e venire indagato addirittura per complicità con il “mostro”, sulla parola di tale Gabriella Carlizzi, già condannata per calunnia per avere indicato tempo prima, sempre come il mostro di Firenze, lo scrittore Alberto Bevilacqua (una donna che si vanta di parlare con la Madonna di Fatima sul proprio blog), è stata per l’appunto quella di avere documentato l’aspetto delirante delle indagini sul mostro di Firenze. Che adesso hanno preso una piega che nemmeno Vigna e Canessa osarono seguire anni fa quando vennero fuori le prime storie esoteriche sul farmacista di Perugia che sarebbe stato assassinato nel lago Trasimeno. E il cui corpo sarebbe stato scambiato con quello di un altro per ordine di una misteriosa setta satanica di cui proprio la Terlizzi è diventata la supertestimone cui i magistrati di Perugia danno retta.

Per finire questa recensione si potrebbero usare, ritorcendogliele in parte contro, le parole del pm Paolo Canessa che negli anni ’80 quando ancora il mostro compieva delitti, quando venivano indagati i più assurdi personaggi, tra cui un finto becchino, solo perché questi ultimi facevano di tutto per finire nel novero dei sospetti, e quando alcuni scrivevano sui muri “evviva il mostro” e altri strologavano di implicazioni sociologiche del tutto, si lasciò sfuggire questa esclamazione: “Non avrei mai immaginato che a Firenze ci fosse tanta gente strana”. Ecco anche gli italiani, tutti, mai avrebbero immaginato che a Firenze e persino a Perugia ci fossero tanti inquirenti “strani”.

NOTA DELLA REDAZIONE PER I LETTORI:

GABRIELLA CARLIZZI NON E’ STATA CONDANNATA PER CALUNNIA IN DANNO DI BEVILACQUA NE’ LO HA MAI ACCUSATO DI ESSERE LUI IL MOSTRO DI FIRENZE.
CHI HA DENUNCIATO BEVILACQUA COME “MOSTRO” NEL 1995 SI CHIAMA ANNA MARIA RAGNI, CONDANNATA IN VIA DEFINITIVA DOPO AVER CHIESTO IL PATTEGGIAMENTO.
SONO ALTRESI’ DISTORTE LE AFFERMAZIONI CHE INVADONO LA SFERA RELIGIOSA DI GABRIELLA CARLIZZI, LA QUALE PERTANTO HA DATO MANDATO AL PROPRIO AVVOCATO CARLA ARCHILEI DEL FORO DI PERUGIA DI PROCEDERE A NORMA DI LEGGE NEL MERITO DELL’ARTICOLO DI CUI SOPRA.

Venerdì 24 Ottobre 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi

 

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