Ho in tante occasioni commentato per telefono o tramite mail con Gabriella Pasquali Carlizzi tutti quei casi di cronaca che più attraevano la sua attenzione e dai quali molto spesso estraeva chiavi di lettura impensate, ma nei quali pescava anche connessioni davvero coinvolgenti.
Talvolta mi è anche capitato di suggerirne a lei qualcuna, ed esserne ascoltato.
Dall’11 agosto mi trovo però a lavorare ormai praticamente solo di pura fantasia o di banale realtà, poiché Gabriella non c’è più.
E guardandomi attorno mi sembra di non essere il solo.
Succede che appena saputo della scomparsa e poi dell’orribile fine ad Avetrana della giovane Sarah Scazzi strangolata, almeno a quanto risulta sino a poco fa secondo il reo confesso omicida e anche sporcaccione zio Michele Misseri, ho cominciato a sentirmi dentro come bombardato da tutto quanto Gabriella era solita dirmi o scrivere nei suoi articoli.
Ma vuoi vedere che anche stavolta… Ma vuoi vedere che ha davvero ragione l’avvocato Paolo Franceschetti quando dice che Gabriella ha aperto la sola strada su cui tocca addentrarsi se ci si vuole capire qualcosa…
Insomma l’orribile realtà confessata dallo zio e che se pur raccapricciante aveva in qualche modo subito soddisfatto inquirenti, parenti, compaesani, amici e lettori, e saziato le fantasie più accese e anche quelle – diciamolo pure – un po’ deviate, non mi convinceva. Era come se nel percorrere questa storia avessi d’improvviso inforcato gli “occhiali” di Gabriella; e quindi, animato da quello che in lei sempre appariva a tutta prima solo spirito di contraddizione e di protagonismo, ecco che ho iniziato ad addentrarmi nell’antro misterioso dei misfatti dove, ad un segnale convenuto, si infilano e riuniscono sbucando furtivi dalla notte cupa dei loro cuori, quanti si cibano delle fragilità altrui.
E più si dispiegava sui giornali e alla tv, chiara, orribile, ma appagante, la realtà dei fatti, più era apparsa banalmente convincente la dinamica del loro svolgimento. Insomma lo stesso zio si autoaccusava di tutto e indicava tutto, e quindi?
Perfetto, evviva, il caso è risolto! Soddisfazione degli inquirenti e libero sfogo allo sdegno di ciascuno. E quindi fiori, discorsi, buoni propositi, monumenti…
Poi la nuova svolta che ti scombina le carte: Sabrina Messeri pare coinvolta nel delitto e poi sembra anche la madre Concetta Serrano Spagnolo, e poi… chissà!
E in questo momento per tutti consolatorio ma anche di commiserazione, di autoanalisi e di confessione intima dei più svariati sensi di colpa, allorché ciascuno nel dire una preghiera per la povera ragazzina si dilungava in considerazioni sulla società malata, sulle realtà dei borghi, sui giovani precoci, sulle devianze sessuali, eccetera, ecco che io sento una risata echeggiare sempre più forte o come si suole più espressivamente dire, sinistra, agghiacciante, proveniente dalle profondità di quell’antro dove il capo dei mostri ha svolto la sua ennesima riunione.
Una risata che iniziata con un ritmo lugubre e basso, ora è arrivata a far andare in pezzi il diapason che non riesce a darle una misura tanto è urlata, irriverente, ardita, provocatoria.
Ed eccomi ad individuare nella notte squarciata da questa risata, munito sempre degli occhiali di Gabriella, quelli che lei chiamava gli “ingredienti” da “apparecchiare” per i “commensali”; eufemismi ben appropriati, infatti questi che servono per allestire il pasto di chi sta ridendo.
Ne vogliamo elencare qualcuno? Proviamo?
Ecco alcuni degli “ingredienti”: la ragazza (meglio se assai giovane per soddisfare particolari gusti), le pulsioni sessuali (deviate, inconfessabili), i segreti familiari (gelosie, l’onore), i misteri paesani, l’ingenuità che finisce (è un dato che stuzzica conoscere) e la voglia di scoperta dei ragazzi a quell’età, la presenza di testimoni di Geova (non è la prima volta che tale nome fa capolino) che dà quel tocco di originalità che ci deve essere sempre nel caso di specie, e poi continuate voi.
E quindi ora vediamo dove “apparecchiare”: la scelta qui è vastissima, ma a molti mostri che emergono dalla notte dei tempi piace sconvolgere i nostri borghi, tranquilli per antonomasia, con un contorno sempre uguale, familiari, amici, ambienti di frequentazione dall’apparenza normale, con le debite variazioni comuni a tutti noi. E’ come se trovassero intatte nei millenni le speciali atmosfere di sempre. Gli italiani poi sono da sempre degli ottimi conservatori e restauratori di tutto.
Ed infine, ecco arrivare i “commensali” e disporsi ciascuno gerarchicamente al suo posto, uguali nella colpa ma diversi nei ruoli: frementi, avidi, senza ritegno, pronti a gustare ogni cibo; e, si badi bene, qui non sono ammessi ripensamenti; chi solo dà a vedere per un inopinato e incontenibile senso di nausea o di pentimento di volere alzarsi da tavola (beh può capitare ad esempio di vedere improvvisa riflessa nella scena l’immagine di un figlio o addirittura – come diceva Gabriella in un caso famoso – vedere nel piatto di portata proprio un parente stretto), da concelebrante passa subito a pietanza.
Ed ecco quindi che il sabba può cominciare.
Non è necessario di costoro indicare nomi, volti o mestieri, ogni fantasia è concessa, a questa tavola tutti sono il più delle volte degnamente illustrati da varie figure elevatissime, che poi l’indomani sui giornali sono rispettosamente indicate per i loro lavori “puliti” e per vicende tutto sommato “inoffensive”, che dico: banali pedofilie incruente, appalti manovrati, occhi chiusi nel proprio lavoro, ruberie enormi, cocaina in quantità sempre generosa, … però, che belle case, che eleganza, che splendide donne, che professionisti di vaglia, che successo, … insomma, che stile!
Pare di sentir sfuggire detto all’uomo della strada, carico di problemi: “Magari potessi anch’io come loro…”.
Senza andare a rileggere la cronaca nera dell’anteguerra, altrimenti qui scriviamo un trattato, risaliamo a poco tempo fa, appena un bel po’ di decenni or sono e guarda un po’ che ci imbattiamo anche qui in un contadino che già di suo era un mostro ma che poi ti viene confezionato ed etichettato – ormai pare finalmente quasi pacifico – come tale e con la M maiuscola.
Trionfo degli inquirenti, poi un bel giorno l’attore ingaggiato e ben pagato ritratta. Ricordate?
Che confusione, che casino!
Ma a dosi continue, giorno dopo giorno, a partire dalla dichiarazione giustamente soddisfatta (dopo quattordici omicidi!) quasi trionfale degli inquirenti, uno spettacolo che a quello della risata di cui parlavamo prima, l’ha fatto divertire davvero tanto, e per tanto tempo. Anche adesso ogni volta che ci ripensa quasi quasi ci riprova.
Ci accontentiamo di questo caso?
Sono sicuro che se chiedessimo a Gabriella qualche altra analogia, ci direbbe: “Ma allora Simonetta Cesaroni, Serena Mollicone, Samuele Lorenzi, Simone Allegretti, Maria Geusa, Meredith Kercher, Elisa Claps; continuate pure da soli risponderebbe lei, tanto non potete sbagliare!
E quale rito più divertente, giù nell’antro, che riproporre in eterno spiedini di bimbi, libagioni del sangue di ogni qualità di giovani uomini e donne, da soli o in coppia, e buon brodo di qualche vecchia, semplice gallina di contorno? E via così, il metodo è sempre lo stesso.
Sempre in croce. Nelle sue varianti naturalmente. E sempre in una cornice confusa, sempre disorientante di comparse, attori, addetti ai lavori e spettatori che vagano come gli asini tra i suoni.
Vogliamo anche elencare qualche altro caso di quelli più antichi?
Uno per tutti: Qualcuno che duemila anni fa si tentò di far morire in Croce; solo che con Lui il rito non è riuscito!
Ma cosa deve accadere di peggio in questo mondo perché si aprano gli occhi di tutti noi?
Quante volte ancora Gabriella dovrà spiegare ciò che in molti luoghi è ben conosciuto? Ma purtroppo anche ben nascosto!
Vedrete che tra un po’ – come sempre del resto, perché tra i commensali maiali ce n’è sempre qualcuno che è più noto degli altri e c’è magari qualche figlio della regina di turno che imprudentemente ha lasciato tracce di sé – interverranno i “servizi” a mettere le cose in ordine.
E loro sanno sempre come fare a mettere tutto a posto per l’interesse del Paese!
Come un tempo si diceva: per il bene del trono e dell’altare.
Perché si deve ottenere che la gente comune e onesta, frastornata, si svegli rapidamente dall’incubo indotto dai media e sin troppo amplificato; e così torni ad essere di nuovo fiduciosa e operosa, elettrice e credente. E magari ancor più attenta alle nuove patinate sigle GF, XF… Insomma che torni ad inforcare di nuovo al più presto le lenti che i diversi poteri gli mettono generosamente a disposizione.
Quando le istituzioni preposte, possibilmente quelle sane, capiranno che è il momento di avviare la sensibilizzazione, la conoscenza e lo studio, per gli addetti ai lavori e per tutti, dell’animo umano; ma specialmente di quelle pulsioni che mai spente, sono riaffiorate sfacciatamente incontrollate a cavallo degli ultimi due secoli dalla notte dei tempi e vivaci come non mai?
Può contribuire in ciò la presente provocazione tutta di pura fantasia?
O è meglio l’ascolto dell’intellettuale famoso per eccellenza, che con una sicurezza – non di fantasia come la nostra – ma dettata da una riconosciuta e apprezzata esperienza, ci è venuto a spiegare in tv per l’ennesima volta da dove si originano i Misseri e gli Scazzi, e perché interagiscono così?
Gabriella Pasquali Carlizzi, se avesse potuto valutare questo caso avrebbe aggiunto di certo anche qualche indicazione sui codici utilizzati e per lei sempre immancabili sulla scena del delitto. E già, perché la rivendicazione, e quindi la firma, è l’unica realtà irrinunciabile per ogni criminale che si rispetti. Ma va individuata, ed è questo il gioco che al Gatto che ride piace di più: guai se i topi non si accorgono di lui.
Ripete il gioco di nuovo e subito.
All’infinito.
Perché è un tipo a cui dopo la sorpresa piace davvero ridere seduto a tavola, e in buona compagnia.
Didascalie (dall'alto verso il basso):
Sara Scazzi;
Serena Mollicone;
Elisa Claps;
Gatto che mangia con la forchetta
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