In passato bastava che un’aquila volasse in una certa direzione sulle teste dei soldati romani per distoglierli da un’impresa militare che, a giudicare dai simboli del Fato – che loro sapevano leggere bene – li illuminava con provvidenziali segnali scritti nelle coincidenze.
I genitori di ogni tempo si sono sempre premurati di avvertire e mettere in guardia i figli contro i lupi in agguato e contro le prese della corrente, contro i coltelli, e contro le caramelle offerte dagli sconosciuti.
Anche un uomo primitivo sapeva che il fungo colorato ed invitante, l’amanita falloide, quella in cui i Puffi costruivano le loro pittoresche abitazioni, era causa di un sonno eterno, ma non come quello di Biancaneve con teca di vetro e bellezza preservata in eterno, bensì orrendo e livido come solo la morte può essere.
Tuttavia sussistono strenuamente, in tutta normalità, gli irriducibili aficionados dell’atomo, del colorante artificiale, del disboscamento felice, della scalata sociale e del “freghiamocene dell’avvenire degli altri”, come ci insegna gran parte della classe al potere. Del resto cosa ci aspettavamo? Il loro motto è semplice: “Se qualcosa sale, qualche altra deve scendere!”, ed è chiarissimo come il sopruso e la legge della giungla siano il loro quintessenziale concetto di Evoluzione.
Ma veniamo alla mia gente, che è anche la vostra gente. Per capirlo basta solo chiudere gli occhi e dimenticare il colore della pelle e gli occhi a mandorla. Il dolore e le lacrime sono esattamente gli stessi, ed il senso di perdita dell’Aquila è simile a quello che ora provano a Fukushima. Città rase al suolo dalla potenza della natura. Sì, perché da anni e anni ci hanno fatto una testa così sbandierando a destra e a manca le mirabolanti qualità del nostro amico pulito, innocuo, sicurissimo... l’atomo! E allora vai, diamoci dentro con i consumi energetici, che tanto qui abbiamo elettroni da sprecare!
Ed ecco spiegata in un guscio di noce la mentalità dell’uomo contemporaneo, per cui la morte è una possibilità tanto remota ed impensabile da divenire praticamente una favola. In ogni caso noi con il nucleare dobbiamo indubbiamente avere una certa sfiga, visto che non ci bastava di essere stato il solo popolo ad essere usato come cavia e bersaglio dagli Yankee dall’altra parte di quell’oceano che per ironia della sorte avevamo chiamato Pacifico.
Ma noi giapponesi non ci incazziamo mai, a meno che non ci tocchiate il sushi di balena. Questa cosa ci accomuna grandemente agli italiani, che si alterano leggermente solo quando la pasta è veramente troppo scotta.
Ma anche se, cari miei, ci venisse in mente un’idea geniale tipo i pannelli solari, efficientissimi e, a dire il vero già applicabili universalmente assieme alle girandole eoliche o alle macchine ad acqua, queste astrusità a cui peraltro qualcuno ha già da tempo pensato, pensate che il nostro lispettabilissimo e onolevole alleato Pinkerton ci lascerebbe in santa pace a coltivare le nostre piantagioni di fagioli di soia?
Loro che il nucleare se lo tengono ben stretto sotto il sedere come premurose gallinelle dalle uova atomiche (hanno, mi pare, più di 2000 testate nucleari in fase di cova, alcune delle quali, per chi non lo sapesse, parcheggiate in diversi angoli del globo, incluso l’Italia), farebbero i salti mortali, ma piuttosto, farebbero saltare i mortali, pur di smerciarne qualche dozzina. O credete davvero che il loro potere economico si fondi sull’hamburger e patatine?
La colpa di quanto accade non è comunque attribuibile a nessun popolo in particolare. Siamo tutti sullo stesso transatlantico e se abbiamo un peccato da confessare è probabilmente quello dell’ignavia.
A qualcuno, però, questo florido e variegato pianeta con tutte le sue meraviglie, così com’è, sta anche decisamente stretto. Non gli basta avere miniere di diamanti ed isole private nei mari del Sud. Troppa umanità insulsa e noiosa.
E non ci si vergogna di tali idee. Ci sono le tavole della stele in Georgia (US) a ricordarci di stare attenti a non popolare la terra oltre i 500.000.000 di individui. Un ignobile monumento che sarà costato almeno il necessario per costruire centinaia di ospedali in Africa...
Mi pare emblematica la citazione del Principe (delle TENEBRE) Philip che spera, in una prossima incarnazione di “diventare un virus mortale, per poter contribuire in qualche modo a risolvere il problema della sovrappopolazione”.
Capito? Questo gira sul cocchio di Cenerentola, Berlusconi si fa i suoi festini con le vostre figlie e sorelle (ma è la punta dell’iceberg!), il ministro Nakagawa si presenta in Parlamento ubriaco, poco dopo muore dopo aver accennato ad un’arma sismica puntata sul Giappone e nessuno batte ciglio “anche perché ovviamente questo tipo di notizie non circola”. Ma come si potrebbe credere che simili abomini possano essere anche solo lontanamente immaginati?
La gente normale ha un margine di sensibilità al dolore e all’orrendo limitato. Oltre ad una certa soglia si ferma ed è costretta a rifiutare, a distogliere lo sguardo, ed è giusto che così sia, perché l’essere umano non è nato per vivere nel malessere.
Io stesso preferisco fermarmi ad ammirare per un momento un ciliegio in fiore per dimenticare le immagini scioccanti di un padre di famiglia che cerca la figlia e la moglie fra le macerie dello tsunami, con lo sguardo spento, con la morte già in petto, perso in un vuoto inimmaginabile ed incolmabile.
La cosa che mi differenzia però dalle grandi menti che ci governano, cervelli di giganti e cuori di insetto, è la mia capacità di capire in parte e condividere quel dolore. I greci la chiamavano Sym-patheia, o compassione, ed è la qualità più grande e bella che esista, più dell’intelligenza, più della potenza.
Sono orgoglioso di vedere come la maggior parte del mio popolo conservi vivo questo sentimento per il prossimo, nonostante l’educazione e i media facciano di tutto per desensibilizzare le masse alla benevolenza.
Ecco, dovremmo ogni tanto arrabbiarci e prendere di testa le situazioni, avere più consapevolezza e autorità ma nessuno è perfetto. Rimaniamo sempre piccoli e gialli, con i capelli a fungo.
Comunque una piccola impressione sul discorso di Napolitano alle Nazioni Unite (capirai, la centrale del male!). Stavo quasi per esclamare, sbalordito, ecco che finalmente qualcuno pare portare verso un orizzonte nuovo, senza nucleare... Poi, come tutti i discorsi esaltanti delle televendite accorate, ho intravisto la fregatura: moratoria di un anno sul nucleare? UN ANNO?
Ok, vuol dire che passeranno la legge e consentiranno il nucleare quando l’italiano medio si sarà dimenticato del disastro di Fukushima, quando un nuovo problema verrà proposto ossessivamente dai media per sviare l’attenzione, quando la morte ed il dolore della nostra gente sarà un eco lontana di un mondo che non ci riguarda.
PS: Come ci ricorda il mito di Pandora, non quella della Bauli, bensì la sconsiderata moglie che aprì la scatola che conteneva tutti i mali, a noi resta sul fondo, preziosa e consolante, ma non passiva ed innocua some sembrerebbe, la Speranza.
E se il mio articolo, anche se umoristico, può avere una qualche importanza nel vostro cuore, quest’ultima frase è quella che vorrei vi restasse saldamente impressa e vi aiutasse in ogni vostra azione e prova.
La speranza ha bisogno non dell’enorme sacrificio di pochi, ma delle piccole rinunce di tutti.
Didascalie (dall'alto verso il basso):
1. Paesaggio con ciliegi;
2. Veduta di Fukushima.
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