sabato 11 agosto 2018
GABRIELLA PASQUALI CARLIZZI, IMPUTATA DI FEDE!
di Carmelo Maria Carlizzi
Sono trascorsi 8 anni dal giorno in cui Gabriella ci ha lasciati eppure ad ogni anniversario si rinnova in chi l'ha conosciuta il ricordo di tanti suoi insegnamenti e principi, in particolare quelli che ci ha affidati dal momento in cui iniziò ad essere imputata di fede.
Tanti sono stati i motivi di tale imputazione e da tempo si è ormai compreso che sono tutti legati al suo essere una carismatica, ossia una persona che nel parlare e nell'agire trasmetteva all'esterno quanto sentiva che le veniva comandato nel cuore di dire e di fare.
Eccola quindi scagliarsi contro esponenti del malcostume, del crimine, della corruzione, ma in particolare verso coloro i quali da tali fragilità dell'animo umano ne avevano tratto motivo della loro crescita sociale, prima mascherandole quasi ne fossero invece virtuose espressioni, poi teorizzandone metodi e risultati, ma addirittura proponendosi o venendo proposti, quali modelli, ovvero quali campioni da invidiare e quando possibile da imitare.
Ma ancor di più Gabriella era una persona che sfidava il Male andandolo a stanare nei suoi santuari e di qui le sue scoperte ad esempio sul Mostro di Firenze, ma prima ancora di qui le sue indicazioni sul sequestro di Aldo Moro, di qui le sue dichiarazioni su Giulio Andreotti, su Bettino Craxi e su Silvio Berlusconi, che benché le abbiano procurato tanta sofferenza, vista la loro attualità hanno anche consentito e consentono tuttora a magistrati milanesi e palermitani di non mollare le prede, quelle ancora vive beninteso, che tengono ben strette fra i denti.
Oggi ci manca la sua voce su Salvini e Di Maio, anzi, per meglio dire e rovesciando le posizioni, Gabriella manca a loro due, che così possono muoversi in libertà. Certo, osservando Salvini brandire Crocifisso e Rosario e Vangelo sicuramente Gabriella si farebbe una gran risata, ma subito dopo gli si avventerebbe contro chiedendogli di spiegare quale relazione c'è fra i suoi proclami paracristiani (e quindi non cristiani) e il suo comportamento giustizialista che ad ogni persona di colore ferita ripetutamente e a bruciapelo, ma sempre casualmente, o che perisce in curiosi incidenti stradali o annega per mare mentre è in crociera, ripete le sue considerazioni dense di uno strano equilibrio che ora non è più nemmeno un ipocrita servizio funebre, poiché la sua maschera di persona d'ordine è ormai del tutto caduta mostrando il volto cinico di un politico che sta consumando gli ultimi argomenti. Mentre al giovane Di Maio, anche a lui sorridendo, Gabriella per cominciare consiglierebbe intanto di frequentare uno di quei corsi accelerati di cultura generale sia politica che economica e giuridica. Queste sono persone alle quali le disgrazie italiane, come ad esempio quella terribile di oggi a Genova, forniscono di continuo materia con cui alimentare, in assenza di capacità di governo, la propria smania di potere.
Gabriella era nel mondo una persona libera, ma nel senso vero di tale parola in quanto non poteva e non voleva essere condizionata da alcuno, e soffriva tantissimo se per ragioni di opportunità generale o per amore della famiglia o anche solo per un momento di stanchezza o per paura di far indirettamente del male a un qualche innocente doveva talvolta trattenersi dall'esprimere o pubblicare o denunciare un evento criminoso. Ma tornando al concetto di imputazione di fede, il fatto che lei non avesse ruoli o riconoscimenti ufficiali faceva sì che tutti i suoi interlocutori si sentissero spesso autorizzati a snobbarla o talvolta a irriderla, sia che fossero esponenti della Chiesa e sia delle istituzioni dello Stato, o che fossero soltanto addetti ai lavori di questa o quell'altra vicenda politico-giudiziaria o religiosa. Insomma Gabriella la sua sapienza e sicurezza le pescava nel carisma e nella fede, e quando si avventava contro questo o quell'altro lo faceva perché spinta, quasi con violenza e quasi contro la sua stessa volontà, ad annunciare, a denunciare, o anche soltanto a dire quanto sentiva vibrarle dentro.
Di qui le ingiuste condanne espresse da parte di autorevoli esponenti della Chiesa Cattolica, ma senza nemmeno interrogarla, così, semplicemente perché all'apparenza, ad un esame che è stato sempre e soltanto superficiale, il suo dire era secondo loro in contrasto con quanto il Magistero aveva nei secoli stabilito. Valga su tutto, perché davvero eclatante e oltre ogni limite, il suo annuncio reso il 9 dicembre 1992 della Seconda Venuta di Gesù che, in base al messaggio da lei ricevuto quella mattina, sarebbe tornato a nascere umanamente a Roma nel Natale appena seguente. Tale annuncio valse subito a Gabriella da parte del Vicariato di Roma, rappresentato allora da Camillo Ruini, una condanna riportata dalla stampa nazionale però con il ricorso alla enunciazione contro di lei di una serie di falsi grossolani, senza che nessun processo canonico e nessuna scomunica venissero contestualmente imbastiti contro. A tal proposito per arrivare legittimamente a questo, per lo meno la si sarebbe dovuta interrogare poiché lei era stata da sempre anche assistita da fior di direttori spirituali e tali interrogatori avrebbero dovuto essere resi pubblici. In tal caso la buona fede di Gabriella sarebbe potuta emergere, così come già era pubblicamente emersa la falsità degli argomenti con cui il Vicariato l'aveva condannata.
E poi come non ricordare in ambito laico le ripetute richieste di arresti, e talvolta anche la loro esecuzione. Ad esempio da parte dei magistrati romani presso i quali era andata a presentare severissime dichiarazioni. Ed ecco infatti che Franco Ionta e Nitto Palma allora preposti al caso Moro tentarono di metterle le manette quando lei si recò presso di loro a dichiarare quel che era venuta a conoscere a riguardo del coinvolgimento di Giulio Andreotti nella strage del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e di quello di Bettino Craxi relativamente alle Brigate Rosse. Ma allora il gip De Cesare rifiutò la loro richiesta e Gabriella rimase libera, mentre il giudice istruttore Luigi De Ficchy (oggi procuratore generale a Perugia) pur procedendo contro di lei nell'accusa di calunnia, anche lui si rese conto della buona fede di Gabriella. Così come al contrario non avvenne con il pm D'Ovidio che a Roma fece arrestare Gabriella e me per circonvenzione di incapaci in conseguenza di quanto gli inquirenti avevano ritenuto di scoprire contro di noi a riguardo dell'operazione editoriale de L'Altra Repubblica, il settimanale da noi fondato e gestito. Così come Piero Luigi Vigna chiese più volte l'arresto di Gabriella per calunnia nei confronti di Alberto Bevilacqua, ma anche in tali circostanze il gip fiorentino rigettò la richiesta. Così come Giuliano Mignini arrestò Gabriella nell'ambito dell'inchiesta su Francesco Narducci allorché ritenne che Gabriella con alcune sue iniziative avesse turbato la serenità della testimonianza dell'avv. Pietro Fioravanti. Eppure sia Vigna che Mignini si erano a lungo ben avvalsi delle dichiarazioni di Gabriella per modificare, ampliare e far avanzare le rispettive indagini sui compagni di merende e sui livelli d'ogni genere che risultarono coinvolti e partecipanti ai massacri rituali.
L'aspetto giuridico di come si concretasse la calunnia per le sue dichiarazioni sia Vigna che Mignini ebbero più volte a spiegarlo ampiamente a Gabriella che me lo raccontava, ma il meccanismo giuridico messo in campo in tali dotte illustrazioni impediva a loro stessi di cogliere il reale senso delle dichiarazioni di Gabriella che con enorme fatica invece tentava di spingerli a individuare principi giuridici e ragioni procedurali che avrebbero consentito di incriminare seriamente i protagonisti e autori di procedure esoteriche criminali e omicidiarie. In verità debbo dire che Mignini ben più di Vigna provò a comprendere tali sofisticati passaggi, mentre si può affermare che ancor più di Mignini li comprese invece a modo suo Michele Giuttari, che in seguito infatti ne trasse ispirazioni e ragioni per pubblicare una serie di suoi autorizzati libri di successo. A tal proposito possiamo a giusto titolo affermare che l'iscrizione al corso esoterico a Giuttari la procurò Gabriella e la relativa retta gliela pagò lei stessa con le sue lotte e le sue sofferenze, e con i violenti scontri in procura a Firenze.
Gabriella non era una poliziotta, non una magistrata e nemmeno una suora. Gabriella era una donna, moglie e madre di famiglia, una giornalista di inchiesta, era insomma una cittadina come tante che però ha creduto con tutta sé stessa a quanto le veniva indicato nel cuore di rivelare. Per questo, per tutto quanto ha detto e scritto, nei tribunali laici ed ecclesiastici Gabriella è stata ed è tuttora imputata di fede!
Foto e didascalie:
- Gabriella Carlizzi
- Matteo Salvini
- il Cardinale Camillo Ruini
- il libro di Giuttari "le Rose Nere di Firenze"
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