EGITTO – IL CAIRO.
GABRIELLA CARLIZZI ED I SUOI COLLABORATORI TORNATI DA POCHE ORE DALLA MISSIONE EGIZIANA FINALIZZATA AD UNA PIU’ COMPLETA ANALISI RELATIVA ALLE DIPLOMAZIE COINVOLTE NELLA COMPLESSA QUESTIONE MEDIO ORIENTALE, SI SONO SCONTRATI CON UNA REALTA’ TERRIFICANTE E MACABRA CHE ANCORA UNA VOLTA VEDE COME PROTAGONISTI ANTICHI RITUALI MAGICI E COME VITTIME IMMOLATE BAMBINI CHE UFFICIALMENTE RISULTANO NEL LUNGO ELENCO DEGLI “SCOMPARSI”…
GABRIELLA CARLIZZI ED I SUOI COLLABORATORI TORNATI DA POCHE ORE DALLA MISSIONE EGIZIANA FINALIZZATA AD UNA PIU’ COMPLETA ANALISI RELATIVA ALLE DIPLOMAZIE COINVOLTE NELLA COMPLESSA QUESTIONE MEDIO ORIENTALE, SI SONO SCONTRATI CON UNA REALTA’ TERRIFICANTE E MACABRA CHE ANCORA UNA VOLTA VEDE COME PROTAGONISTI ANTICHI RITUALI MAGICI E COME VITTIME IMMOLATE BAMBINI CHE UFFICIALMENTE RISULTANO NEL LUNGO ELENCO DEGLI “SCOMPARSI”…
DOPO LE DUE MISSIONI IN ISRAELE E DURANTE L’OCCUPAZIONE IN BETHELEHEM ABBIAMO RITENUTO NECESSARRIO VERIFICARE DALL’OSSERVATORIO DIPLOMATICO EGIZIANO LE EVENTUALI POSIZIONI CHE SARANNO ADOTTATE NELLA DENEGATA IPOTESI DI UN’ ATTACCO ALL’IRAN DA PARTE DEGLI STATI UNITI E DELLE FORZE MILITARI ALLEATE, ITALIA COMPRESA. EVIDENTEMENTE L’EGITTO CI RISERVAVA ULTERIORI DRAMMATICHE SCOPERTE FINO A VIVERE IN DIRETTA L’ESPERIENZA CHE LEGGERETE IN QUEST’ARTICOLO E PER LA QUALE FORSE ASSUMEREBBE UNA PARTICOLARE VALENZA CHIEDERSI SE LA PICCOLA DENISE PIPITONE, SCOMPARSA DA MAZARA DEL VALLO QUATTRO ANNI FA ABBIA RAGGIUNTO LE SPONDE DEL MAGICO NILO.
Il 25 Luglio 2008 la sottoscritta in veste di giornalista accompagnata dalla segretaria di redazione, dal suo fotoreporter nonché da uno dei suoi tre figli Andrea Carlizzi, prendevano il volo dell’Alitalia delle 11.35 dall’aeroporto di Fiumicino diretti al Cairo. Il programma di questa Missione si presentava molto intenso dovendosi sviluppare in circa dieci giorni in più direzioni. Infatti non solo prevaleva l’interesse politico e sociale che coinvolge il mondo intero ansioso di avere una visione chiara a riguardo delle tensioni in essere nelle regioni medio-orientali , ma tra i nostri obiettivi vi era anche quello di sviluppare inedite ricerche relative alla vera storia di Mosè e del suo popolo, nonché di verificare se l’Egitto in quanto tale costituiva ancora oggi la meta privilegiata dagli operatori dell’occulto di tutto il mondo.
Dunque tre finalità diverse ma di eguale importanza e serietà specie per quanto ci siamo trovati a vivere in prima persona nell’ambito di quella magia cerimoniale che sembra ancora oggi celebrare sugli altari delle antiche divinità dei veri e propri sacrifici umani. Abbiamo alloggiato per tutto il periodo di permanenza al Cairo presso l’hotel Marriott al centro della città sulle sponde del Nilo. La deludente sorpresa per chi di noi già conosceva l’Egitto è stata immediata nel constatare che il fascino di un’immenso deserto e dei tanti misteri che da sempre caratterizzano questo paese è stato volgarmente sopraffatto dalla logica del consumismo e del senso pratico nel rendere la vita quotidiana di chi risiede in quei territori il più possibile facile e similabile a Paesi che sono privi per loro natura dell’immenso valore quale la memoria storica delle più antiche civiltà. Là dove fino ad una quindicina di anni fa ci si perdeva tra le infinite dune di sabbia finissima abbagliati spesso da miraggi d’acqua che sparivano con l’avanzare dei passi del turista esploratore oggi si propone un quadro totalmente diverso e che in poche parole non temiamo di dire che rappresenta una vera e propria lottizzazione edilizia di quel deserto che non c’è più. Vi basti sapere che in circa mille chilometri di strada abbiamo in lontananza intravisto un solo cammello, così come nel perlustrare qua e là il territorio che ci circondava notavamo che intere piantagioni di ortaggi di varia natura avevano affondato le loro radici in quella sabbia dove un tempo pareva impossibile potesse crescere anche un solo filo d’erba. Durante le nostre escursioni ed impegni di lavoro nel seguire il nostro programma abbiamo chiesto alla guida che ci accompagnava che conosceva bene la lingua italiana quali potevano essere state le ragioni che avevano tolto all’Egitto il fascino che ha sempre attirato un turismo interessato alla cultura nonché alla tradizioni e alle antiche arti popolari . La risposta è stata immediata e chiara : “Vedete in Egitto abbiamo trovato molto petrolio e sapete bene che petrolio vuol dire ricchezza. Per tanto se fino a qualche anno fa la voce più importante per noi era appunto il turismo oggi questa voce è passata in secondo piano poiché grazie al petrolio disponiamo di quanto ci consente di rendere più vivibile la nostra quotidianità a cominciare dalla viabilità, i collegamenti, lo snellimento del traffico. Tutte esigenze queste che hanno superato l’idea di dovere conservare a tutti i costi immense distese di deserto a scapito della mobilità e del lavoro stesso di chi risiede in Egitto. I cammelli si sono allontanati verso l’interno è vero, ma per noi è assai più importante raggiungere il posto di lavoro in venti minuti anziché in tre ore come era un tempo. La densità della popolazione, pensate che al Cairo vi sono 23 milioni di persone, ha reso necessario lottizzare gran parte del deserto per costruirvi case e alloggi così come oggi state osservando.” Alla nostra domanda se questa trasformazione aveva avuto anche dei riflessi negativi, la guida ci ha così risposto : “ Certamente. Voi stessi vedete che stiamo ai piedi delle piramidi mentre arrostiscono i nostri prodotti tipici e i pullman dei turisti parcheggiano a ridosso dei monumenti simbolo della nostra terra. E questo vuol dire che la qualità del turismo si è modificata prevalendo oggi quello che potremmo definire un turismo di massa.”
Se inseriamo anche queste osservazioni nella cronaca della nostra Missione è per indurre il lettore a riflettere su una realtà che ormai sembra essere globalizzata e per cui si preferisce sfregiare la storia per evitare quattro passi a piedi sia pure sotto un sole a cinquanta gradi di temperatura. Ci sarebbe da chiedersi di questo passo cosa resterà delle meraviglie del mondo e di quanto si era riusciti a tutelare nel nome di una cultura che non c’è più.
Già cultura …
E’ proprio nel Medio-Oriente che si stà radicando la cultura della morte importata da Paesi che vivono grazie alle guerre, che conquistano potere attraverso il sangue di chi viene chiamato a combattere paradossalmente un nemico invisibile, un nemico che forse c’è ma che non dà segnali di guerra, ma il solo fatto che possa farlo autorizza i potenti dell’Occidente a programmare quella assurdità che prende il nome di "guerra preventiva".
Come dire : se per caso ti venisse in mente di sparare tanto vale che io ti spari subito.
Gli Stati Uniti in una logica di tal genere sembrano aver fatto proprio il vecchio detto del nostro Macchiavelli : “Mors tua, vita mea”. Con la sola differenza che l’obiettivo del letterato esoterista rinascimentale era forse quello di preparare una porzione magica capace di guarire un malato rubando la vita ad un altro. Il rapporto era quindi comunque limitato in circostanze che vedevano lo scambio tra la vita e la morte pari: uno a uno. Non è certo così, se solo si pensasse di attaccare un paese come l’Iran ove il rapporto tra vita e morte sarebbe pari a uno contro milioni e milioni di vittime innocenti. Da un punto di vista diplomatico l’Egitto sembra ancora limitarsi ad osservare l’evolversi del fin troppo millantato trattato di pace tra Israele e Palestina, argomento che risulta ormai assumere sempre di più un carattere propagandistico, specie a ridosso delle elezioni americane, che un serio intento di placare tra questi popoli un odio ormai fin troppo inadeguato storicamente.
Ma l’Egitto non è solo questo, è anche il territorio che vide nascere la più antica civiltà politeista e quindi permeata da sempre di quella magia esoterica che è andata nel tempo a fondersi con altre culture di magia cerimoniale e che si manifestano ovunque, l'Italia è ai primi posti, in questi ultimi anni in espressioni puramente criminali che prendono il nome di sacrifici umani. Sfatiamo subito il concetto depistante delle così dette “sette” o del fin troppo propagandato “satanismo”, realtà queste che se pure esistono e si collocano comunque negli ambiti della criminalità sia pure con un movente “ideologico-religioso” o “pseudo-religioso”, tuttavia non sono certo le più temibili.
Ciò di cui invece siamo diretti testimoni in una molteplicità di delitti apparentemente inspiegabili o liquidati con il solito raptus di follia, come pure dell’incrementarsi di altrettante inspiegabili scomparse di bambini e a nostro avviso riconducibili a pratiche rituali prettamente esoteriche e alimentate in vere e proprie "schole specializzate" distribuite in tutto il mondo presso cui gli adepti vengono iniziati dal primo livello fino ai livelli massimi di celebranti gli stessi sacrifici.
Qualche mattina fa mi venne in mente rimettendo insieme alcune indagini che avevo fatto per mio conto ma che non mi avevano condotto ad alcuna ipotesi meritevole di essere sottoposta al vaglio degli inquirenti, di affittare insieme ai miei collaboratori una barchetta sulle sponde del Nilo non lontano dal centro del Cairo e indicare istintivamente al marinaio e alla guida un determinato percorso che doveva costeggiare quasi a pelo con la terra ferma.
Ero molto concentrata ed avvertivo un forte magnetismo come se dovessi in qualche modo scoprire qualcosa da cui la mia fantasia era ben lontana.
Il tragitto così come da me richiesto appariva abbastanza monotono finchè passammo sotto una specie di ponte superato il quale percepii una forza interiore e tale da chiedere al marinaio di tornare indietro e di insinuarsi con la barca nel canaletto che si introduceva in una insenatura della terra ferma.
Ero consapevole che quanto percepivo dentro di me, nulla aveva di razionale e per tanto mi era difficile spiegare ai miei compagni di viaggio il perché volevo sostare in quel punto, ma era come se mi sentissi chiamata lì da una presenza infantile... quasi un lamento....
I miei accompagnatori intuivano che io guardavo quel luogo come da una sfera di sensitività, come se tutto ciò che si trovava lì assumesse forme, sembianze e significati tutti riconducibili ad un evento preciso, macabro ma del quale ripeto non avevo ancora una cognizione razionale.
Matteo, il mio fotoreporter, istintivamente scendeva dalla barca mentre io lo invitavo a guardare bene ogni particolare strano e a fotografarlo. Iniziava così una sequenza di immagini che andavamo via via individuando sempre con maggiore sconcerto fino ad un momento preciso in cui io stessa esclamai a voce alta : “ Dio mio ! Ma forse è qui che avranno portato la piccola Denise?”.
Intorno a me cadeva un silenzio assoluto.
Mentre io indicavo a Matteo tutto ciò che assumeva ai miei occhi una seppure ipotetica o fantasiosa ricostruzione del lungo viaggio della bimba di Mazara del Vallo, mi rendevo conto che per riconoscere i segni di un rituale esoterico non sono sufficienti gli oggetti, ma è necessario essere molto esperti in una materia complessa e difficile tanto più perché ispirata a divinità.
Tuttavia questi segni c’erano tutti, e la divinità alla quale sembrava essere offerto un sacrificio era Iside. Fortunatamente i miei accompagnatori seppure non conoscenti da un punto di vista scientifico questa dottrina comprendevano la serietà di quanto si stava verificando e soprattutto capivano che dovevamo documentare per quanto possibile tutto ciò che potrebbe ancora oggi portare alla soluzione della scomparsa di Denise Pipitone.
Matteo prima, seguito poi da Elisa scesi dall’imbarcazione constatavano con i loro stessi occhi uno scenario che nessuno di noi avrebbe immaginato.
Su un montarozzo di terra fangosa a forma di drago sulla riva del fiume, giaceva una vestina rosa bordata di rosso scuro, ben composta come se avvolgesse veramente una bambina di sette od otto anni.
In prossimità di questa specie di altare vi era ben poggiata un pezzo della gamba di una salopette in jeans da bambina su cui era applicata la scritta “Golden” e sopra ancora applicato “04”.
Da queste scritte deducevo che l’indumento poteva essere appartenuto ad una bambina di quattro anni.
Pertanto attraverso la mia decriptazione esoterica l’immagine nel suo complesso segnava l’inizio e la fine di una vita finalizzata ad un’offerta iniziata quando la vittima aveva quattro anni e celebrata quattro anni dopo, cioè al compimento dell’ottavo anno.
A questo punto compariva un uomo vestito con una tunica lunga di colore grigio-marrone il quale senza nulla sapere del perché e di ciò che stavamo facendo rivolto alla guida gli dice in arabo : “Io sono posseduto”.
Quest’uomo a suo dire era il contadino che curava il bananeto adiacente.
Io che incominciavo ad intuire cosa avrei dovuto trovare in una sequenza ben collocata in un unico rituale, chiedevo a Matteo di fare qualche passo più in là, in linea perpendicolare al dragone di terra.
Non mi stuppii, sentendo l’esclamazione di Matteo ; “Guarda, guarda cosa c’è qui!” .
Infatti adagiata in modo perfetto sul terreno, vi era una tuta da lavoro nera recante il nome dell’azienda Powerhouse e composta esattamente a forma di croce, con le maniche ben allargate ed accanto si trovava ben piegato un paio di jeans da bambina, pr un'età intorno agli otto anni.
Dunque seguendo la mia ipotesi la piccola vittima poteva essere stata in un secondo momento messa su un mercantile e venduta a occultisti per le loro finalità.
Ma cosa aveva fatto durante ben quattro anni?
Doveva pur esserci una traccia che facesse capire che la bimba era stata ceduta da poco tempo, mentre forse qualcuno si era preso cura di lei cercando in qualche modo di crescerla ed educarla.
Seguendo questo mio pensiero invitavo ripetutamente Matteo ed Elisa ad osservare e cercare il benché minimo particolare fin quando mi accorsi di un piccolo rialzo di terra dal quale sulla parte anteriore si vedeva un’apertura triangolare.
Chiedevo così a Matteo di introdurre la mano in questa apertura e l’uno dopo l’altro Matteo tirava fuori dei fogli strappati di libri usati generalmente nelle scuole elementari per imparare l’inglese e la matematica.
Ormai il mio sospetto aveva raggiunto caratteristiche molto precise, anche perché sempre da quella fessura, Matteo estrasse un ritaglio di un quotidiano locale, dove erano rappresentati senza i loro nomi tre fotografie di tre fratellini che secondo quanto la guida è riuscita a tradurre dal ritaglio, questi bimbi avevano subito torture da parte della madre e forse sottratti dalla madre stessa al padre che credeva fossero scomparsi.
E’ verosimile che il padre che abbia chiesto la celebrazione di un qualche rituale per riavere i propri figli.
Naturalmente se quanto riscontrerete anche dalle immagini qui pubblicate,è stata una reale esperienza da noi vissuta, l’ipotesi che la bimba a cui abbiamo fatto riferimento possa essere Denise Pipitone , resta solamente un’ipotesi ma che a nostro avviso merita ulteriori approfondimenti.
Infatti da una ricerca che ho effettuato nei giorni successivi a tale episodio ho appreso che è stato fatto tra il Cairo e Mazara del Vallo un gemellaggio con la finalità di migliorare la produzione e la conservazione dei prodotti ittici.
In tal senso seppure anche questo fatto può essere una semplice coincidenza non si può escludere che la piccola Denise presa sotto casa da chi sicuramente la conosceva e di cui la stessa bimba si fidava, sia stata successivamente anche attraverso ulteriori passaggi di mano,messa su un mercantile a Mazara del Vallo approdato poi proprio in Egitto. In verità la circostanza mi ha scosso al punto che il giorno stesso appena rientrai in albergo presi contatto con una persona dell’Ambasciata italiana per chiedere consiglio su come avrei dovuto comportarmi.
Il funzionario con molta serietà mi sconsigliò di portare in luce quanto avevo vissuto finchè sarei rimasta in Egitto, temendo che avrei potuto subire delle ritorsioni anche di tipo istituzionale in quanto episodi del genere influiscono negativamente sul turismo e di conseguenza su una voce economica importante per quel paese.
Ho ritenuto giusto seguire il consiglio di questa persona e ancora prima di scrivere questo articolo ho contattato il Nucleo Operativo dei Carabinieri di Mazara del Vallo raccontando l’episodio e comunicando loro che avrei valutato se inviare un fax o pubblicare direttamente sul mio sito tale evento.
Naturalmente ho già fornito le mie generalità e la mia reperibilità e pertanto rimango a disposizione per qualsivoglia chiarimento.
Se inseriamo anche queste osservazioni nella cronaca della nostra Missione è per indurre il lettore a riflettere su una realtà che ormai sembra essere globalizzata e per cui si preferisce sfregiare la storia per evitare quattro passi a piedi sia pure sotto un sole a cinquanta gradi di temperatura. Ci sarebbe da chiedersi di questo passo cosa resterà delle meraviglie del mondo e di quanto si era riusciti a tutelare nel nome di una cultura che non c’è più.
Già cultura …
E’ proprio nel Medio-Oriente che si stà radicando la cultura della morte importata da Paesi che vivono grazie alle guerre, che conquistano potere attraverso il sangue di chi viene chiamato a combattere paradossalmente un nemico invisibile, un nemico che forse c’è ma che non dà segnali di guerra, ma il solo fatto che possa farlo autorizza i potenti dell’Occidente a programmare quella assurdità che prende il nome di "guerra preventiva".
Come dire : se per caso ti venisse in mente di sparare tanto vale che io ti spari subito.
Gli Stati Uniti in una logica di tal genere sembrano aver fatto proprio il vecchio detto del nostro Macchiavelli : “Mors tua, vita mea”. Con la sola differenza che l’obiettivo del letterato esoterista rinascimentale era forse quello di preparare una porzione magica capace di guarire un malato rubando la vita ad un altro. Il rapporto era quindi comunque limitato in circostanze che vedevano lo scambio tra la vita e la morte pari: uno a uno. Non è certo così, se solo si pensasse di attaccare un paese come l’Iran ove il rapporto tra vita e morte sarebbe pari a uno contro milioni e milioni di vittime innocenti. Da un punto di vista diplomatico l’Egitto sembra ancora limitarsi ad osservare l’evolversi del fin troppo millantato trattato di pace tra Israele e Palestina, argomento che risulta ormai assumere sempre di più un carattere propagandistico, specie a ridosso delle elezioni americane, che un serio intento di placare tra questi popoli un odio ormai fin troppo inadeguato storicamente.
Ma l’Egitto non è solo questo, è anche il territorio che vide nascere la più antica civiltà politeista e quindi permeata da sempre di quella magia esoterica che è andata nel tempo a fondersi con altre culture di magia cerimoniale e che si manifestano ovunque, l'Italia è ai primi posti, in questi ultimi anni in espressioni puramente criminali che prendono il nome di sacrifici umani. Sfatiamo subito il concetto depistante delle così dette “sette” o del fin troppo propagandato “satanismo”, realtà queste che se pure esistono e si collocano comunque negli ambiti della criminalità sia pure con un movente “ideologico-religioso” o “pseudo-religioso”, tuttavia non sono certo le più temibili.
Ciò di cui invece siamo diretti testimoni in una molteplicità di delitti apparentemente inspiegabili o liquidati con il solito raptus di follia, come pure dell’incrementarsi di altrettante inspiegabili scomparse di bambini e a nostro avviso riconducibili a pratiche rituali prettamente esoteriche e alimentate in vere e proprie "schole specializzate" distribuite in tutto il mondo presso cui gli adepti vengono iniziati dal primo livello fino ai livelli massimi di celebranti gli stessi sacrifici.
Qualche mattina fa mi venne in mente rimettendo insieme alcune indagini che avevo fatto per mio conto ma che non mi avevano condotto ad alcuna ipotesi meritevole di essere sottoposta al vaglio degli inquirenti, di affittare insieme ai miei collaboratori una barchetta sulle sponde del Nilo non lontano dal centro del Cairo e indicare istintivamente al marinaio e alla guida un determinato percorso che doveva costeggiare quasi a pelo con la terra ferma.
Ero molto concentrata ed avvertivo un forte magnetismo come se dovessi in qualche modo scoprire qualcosa da cui la mia fantasia era ben lontana.
Il tragitto così come da me richiesto appariva abbastanza monotono finchè passammo sotto una specie di ponte superato il quale percepii una forza interiore e tale da chiedere al marinaio di tornare indietro e di insinuarsi con la barca nel canaletto che si introduceva in una insenatura della terra ferma.
Ero consapevole che quanto percepivo dentro di me, nulla aveva di razionale e per tanto mi era difficile spiegare ai miei compagni di viaggio il perché volevo sostare in quel punto, ma era come se mi sentissi chiamata lì da una presenza infantile... quasi un lamento....
I miei accompagnatori intuivano che io guardavo quel luogo come da una sfera di sensitività, come se tutto ciò che si trovava lì assumesse forme, sembianze e significati tutti riconducibili ad un evento preciso, macabro ma del quale ripeto non avevo ancora una cognizione razionale.
Matteo, il mio fotoreporter, istintivamente scendeva dalla barca mentre io lo invitavo a guardare bene ogni particolare strano e a fotografarlo. Iniziava così una sequenza di immagini che andavamo via via individuando sempre con maggiore sconcerto fino ad un momento preciso in cui io stessa esclamai a voce alta : “ Dio mio ! Ma forse è qui che avranno portato la piccola Denise?”.
Intorno a me cadeva un silenzio assoluto.
Mentre io indicavo a Matteo tutto ciò che assumeva ai miei occhi una seppure ipotetica o fantasiosa ricostruzione del lungo viaggio della bimba di Mazara del Vallo, mi rendevo conto che per riconoscere i segni di un rituale esoterico non sono sufficienti gli oggetti, ma è necessario essere molto esperti in una materia complessa e difficile tanto più perché ispirata a divinità.
Tuttavia questi segni c’erano tutti, e la divinità alla quale sembrava essere offerto un sacrificio era Iside. Fortunatamente i miei accompagnatori seppure non conoscenti da un punto di vista scientifico questa dottrina comprendevano la serietà di quanto si stava verificando e soprattutto capivano che dovevamo documentare per quanto possibile tutto ciò che potrebbe ancora oggi portare alla soluzione della scomparsa di Denise Pipitone.
Matteo prima, seguito poi da Elisa scesi dall’imbarcazione constatavano con i loro stessi occhi uno scenario che nessuno di noi avrebbe immaginato.
Su un montarozzo di terra fangosa a forma di drago sulla riva del fiume, giaceva una vestina rosa bordata di rosso scuro, ben composta come se avvolgesse veramente una bambina di sette od otto anni.
In prossimità di questa specie di altare vi era ben poggiata un pezzo della gamba di una salopette in jeans da bambina su cui era applicata la scritta “Golden” e sopra ancora applicato “04”.
Da queste scritte deducevo che l’indumento poteva essere appartenuto ad una bambina di quattro anni.
Pertanto attraverso la mia decriptazione esoterica l’immagine nel suo complesso segnava l’inizio e la fine di una vita finalizzata ad un’offerta iniziata quando la vittima aveva quattro anni e celebrata quattro anni dopo, cioè al compimento dell’ottavo anno.
A questo punto compariva un uomo vestito con una tunica lunga di colore grigio-marrone il quale senza nulla sapere del perché e di ciò che stavamo facendo rivolto alla guida gli dice in arabo : “Io sono posseduto”.
Quest’uomo a suo dire era il contadino che curava il bananeto adiacente.
Io che incominciavo ad intuire cosa avrei dovuto trovare in una sequenza ben collocata in un unico rituale, chiedevo a Matteo di fare qualche passo più in là, in linea perpendicolare al dragone di terra.
Non mi stuppii, sentendo l’esclamazione di Matteo ; “Guarda, guarda cosa c’è qui!” .
Infatti adagiata in modo perfetto sul terreno, vi era una tuta da lavoro nera recante il nome dell’azienda Powerhouse e composta esattamente a forma di croce, con le maniche ben allargate ed accanto si trovava ben piegato un paio di jeans da bambina, pr un'età intorno agli otto anni.
Dunque seguendo la mia ipotesi la piccola vittima poteva essere stata in un secondo momento messa su un mercantile e venduta a occultisti per le loro finalità.
Ma cosa aveva fatto durante ben quattro anni?
Doveva pur esserci una traccia che facesse capire che la bimba era stata ceduta da poco tempo, mentre forse qualcuno si era preso cura di lei cercando in qualche modo di crescerla ed educarla.
Seguendo questo mio pensiero invitavo ripetutamente Matteo ed Elisa ad osservare e cercare il benché minimo particolare fin quando mi accorsi di un piccolo rialzo di terra dal quale sulla parte anteriore si vedeva un’apertura triangolare.
Chiedevo così a Matteo di introdurre la mano in questa apertura e l’uno dopo l’altro Matteo tirava fuori dei fogli strappati di libri usati generalmente nelle scuole elementari per imparare l’inglese e la matematica.
Ormai il mio sospetto aveva raggiunto caratteristiche molto precise, anche perché sempre da quella fessura, Matteo estrasse un ritaglio di un quotidiano locale, dove erano rappresentati senza i loro nomi tre fotografie di tre fratellini che secondo quanto la guida è riuscita a tradurre dal ritaglio, questi bimbi avevano subito torture da parte della madre e forse sottratti dalla madre stessa al padre che credeva fossero scomparsi.
E’ verosimile che il padre che abbia chiesto la celebrazione di un qualche rituale per riavere i propri figli.
Naturalmente se quanto riscontrerete anche dalle immagini qui pubblicate,è stata una reale esperienza da noi vissuta, l’ipotesi che la bimba a cui abbiamo fatto riferimento possa essere Denise Pipitone , resta solamente un’ipotesi ma che a nostro avviso merita ulteriori approfondimenti.
Infatti da una ricerca che ho effettuato nei giorni successivi a tale episodio ho appreso che è stato fatto tra il Cairo e Mazara del Vallo un gemellaggio con la finalità di migliorare la produzione e la conservazione dei prodotti ittici.
In tal senso seppure anche questo fatto può essere una semplice coincidenza non si può escludere che la piccola Denise presa sotto casa da chi sicuramente la conosceva e di cui la stessa bimba si fidava, sia stata successivamente anche attraverso ulteriori passaggi di mano,messa su un mercantile a Mazara del Vallo approdato poi proprio in Egitto. In verità la circostanza mi ha scosso al punto che il giorno stesso appena rientrai in albergo presi contatto con una persona dell’Ambasciata italiana per chiedere consiglio su come avrei dovuto comportarmi.
Il funzionario con molta serietà mi sconsigliò di portare in luce quanto avevo vissuto finchè sarei rimasta in Egitto, temendo che avrei potuto subire delle ritorsioni anche di tipo istituzionale in quanto episodi del genere influiscono negativamente sul turismo e di conseguenza su una voce economica importante per quel paese.
Ho ritenuto giusto seguire il consiglio di questa persona e ancora prima di scrivere questo articolo ho contattato il Nucleo Operativo dei Carabinieri di Mazara del Vallo raccontando l’episodio e comunicando loro che avrei valutato se inviare un fax o pubblicare direttamente sul mio sito tale evento.
Naturalmente ho già fornito le mie generalità e la mia reperibilità e pertanto rimango a disposizione per qualsivoglia chiarimento.
Giovedì 7 Agosto 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi
Immagini
1. Denise Pipitone
2. Drago di terra
3. La veste rosa sul dorso del drago
4. Pozione magica nascosta accanto agli indumenti
5. Pezzo della salopette tagliata con la scritta "04 Golden"
6. Tuta da lavore Powerhouse con accanto jeans da bambina ben piegati per anni otto
7. Fogli strappati da libri di testo scolastici elementari
8. Cunetta con buca triangolare dalla quale sono stati estratti i ritagli di libri scolastici e del giornale riguardo 3 bambini
9. Il contadino del bananeto accanto, mentre dice alla guida di essere un posseduto
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