ACCUSA, DIFESA E GIUDIZIO.
Personaggi assolutamente consolidati del film “giustizia” , quindi, sono: il Pubblico Ministero, l’Avvocato e il Giudice, che a seconda delle esigenze e delle opportunità processuali, divengono di volta in volta protagonisti della sceneggiatura che normalmente si conclude con la decisione conforme alla Legge.
I ruoli sono ben definiti dall’opinione comune e rispondono ad esigenze chiare, precise e logiche, nell’ambito del contesto sociale.
Il Pubblico Ministero che, recita la norma, esercita l’azione penale e quindi, svolge e dirige le indagini alle quali delega la Polizia Giudiziaria, individua e persegue gli indizi di reato, chiede l’applicazione di misure cautelari personali e reali finanche sui beni dell’indagato, e che conclude l’opera principe a lui affidata, quella della fase delle indagini preliminari, con il capolavoro garantista delle richieste conclusive al Giudice delle Indagini Preliminari: archiviazione o rinvio a giudizio.
L’Avvocato, figura spesso dipinta con colori oscuri ed indefiniti contorni (che sovente ricordano gli affreschi della Cappella Sistina prima del restauro shocking degli ultimi tempi), che trova comunque, una giustificazione per l’operato del proprio cliente ed addirittura, impavidamente, talvolta ne afferma persino l’innocenza, cui è delegato il compito di assicurare il rispetto delle garanzie costituzionali all’indagato prima, e all’imputato dopo.
Il Giudice, organo supremo dell’amministrazione della Giustizia, che nel dialogo processuale tra Difesa ed Accusa, conduce il processo fino all’epilogo finale della sentenza, di condanna od assolutoria.
Ah, scusate dimenticavamo l’indagato, l’imputato o il reo che dir si voglia, questo bieco ed oscuro personaggio che si muove tra le pagine delle scartoffie processuali, precondannato dagli organi d’informazione fin dal momento della notificazione del primo atto, equivalente all’informazione di garanzia (istituto che non lo si vede mai applicare, se non in occasioni di perquisizioni o sequestri, giacchè ormai la Giurisprudenza imperante ne ha stabilito l’ultroneità prima della richiesta di rinvio al giudizio formulata dal P.M.), ovvero dalla pubblicazione della “velina” che misteriosamente ma puntualmente, vine messa in circolazione negli ambienti giudiziari.
E’ talmente sinistra e perniciosa la figura dell’indiziato, che addirittura gli stessi titolari dell’azione penale ben si guardano dall’incontrarlo prima della definizione delle indagini “preliminari”, ed il fatto che l’Avvocato lo assista, o tenti di farlo,, espone persino quest’ultimo all’ostracismo processuale in questa fase.
Regola imperante è che il P.M. non parla con l’indagato e quindi, neanche con il Difensore di questi, surrogato posticcio del reo.
Le Procure della Repubblica d’Italia sono tappezzate, infatti, di carteklli del tipo: “ La Segreteria del P.M. Tizio riceve il pubblico il giorno x, dalle ore z alle ore k.
Il P.M. riceve gli Avvocati il giorno dalle ore j alle ore q, salvo impegni dell’Ufficio”, con tanti saluti alla facoltà dell’indagato di comparire personalmente e dialogare con l’esercente la pubblica accusa.
Effetto pratico di una situazione di questo genere è che spesso le Aule di Giustizia sono affollate di casi inesistenti.
Un esempio: un giovane separato dalla propria moglie, lascia presso l’abitazione di questa uno scooter che, nonostante le ripetute richieste, non gli viene più consegnato.
Dopo un paio d’anni riceve una notificazione di un provvedimento di sequestro da parte del P.M. , leggendo il quale viene a scoprire che lo scooter era stato colpito dal provvedimento cautelare perché condotto da un minorenne, e che quindi il proprietario era indagato per “incauto affidamento” del mezzo.
Recatosi presso il proprio Difensore e spiegato l’arcano, questi redige una memoria con allegata documentazione, spiegando che lo scooter era nella materiale disponibilità della moglie separata dal proprio Assistito, con ciò fornendo un utile indizio o “pista investigativa” di fin troppo elementare comprensione.
Dopo un anno di silenzio e cartelli come quello sopra riportato, finalmente giunge una notificazione al nostro bieco indagato: rinvio a giudizio per…. Aver condotto lo scooter di cui si tratta, senza aver conseguito la patente (documento peraltro in possesso dell’imputato da almeno dieci anni)!
La conclusione?
Tiratela voi…..
Domenica 21 Settembre 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi
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