Una finestra nuova, per tutti, aperta sulla strada, sul mondo, ... lontana dai poteri, vicina alla gente, ... curiosa, rispettosa, amica, ... aperta allo scambio, alla battuta, al saluto, alla discussione, alla polemica, ...incline alla pace, ... ansiosa di verità, ...anche provocatoria se necessario, ... puntuale, ... intrigante, ... attesa, ............
Proviamo allora ad analizzare sia pure in modo sommario, queste teorie liberiste e vediamone anche gli effetti.
Tutti sappiamo che i conflitti nascono a seguito di diseguaglianze sociali sono difficilmente eliminabili tra singoli e singoli e tra gruppi e gruppi.
Sappiamo anche che tali diseguaglianze sono sempre determinati dal grado di richezza, dal livello culturale, dal potere che si è in condizione di esercitare o, semplicemente, dalle informazioni che si posseggono unite ai mezzi ed alle possibilità di diffonderle.
Il liberismo più radicale sostiene che spetta al mercato, senza alcun correttivo esterno, individuare l'interesse prevalente.
In altre parole è alla efficienza economica, in ossequio al principio secondo il quale la scelta migliore è quella che assicura maggiore utilità misurata in danaro, che viene delegata la risoluzione dei conflitti.
Va da sé che in questo modo il singolo o il gruppo che si trovano in posizione di preminenza rispetto a ricchezza, cultura, potere ed informazione avrà la possibilità di sfruttare "Iiberamente" e senza ostacoli questa sua posizione risolvendo, ovviamente a suo favore, i conflitti sociali.
Non solo, ma sarà pienamente giustificato dalla teoria secondo la quale il suo prevalere non fa che obbedire al principio di maggiore efficienza.
È evidente che se tocca al mercato, attraverso le dinamiche concorrenziali, determinare il punto di equilibrio ua interesse generale e interesse di impresa l'informazione non può che acquistare un ruolo cardine all'interno di tutto il processo.
Cio è talmente vero che l'informazione su un prodotto, sulle sue caratteristiche e proprietà, sulle sue modalità d'uso, se non diffusa, determinerà la mancanza di domanda; allo stesso modo e con lo stesso criterio di applicazione, se diffusa in modo distorto in maniera da divenire funzionale ad un ben individuato gruppo di operatori o produttori, olttre ad un mirato target di utenze appartenente al segmento più ricco, produrrà una domanda esigente e quindi un'offerta a costi elevati; infine, se generalizzata, creerà una domanda senza pretese che consentirà la collocazione di un'offerta più scadente e commisurata al potere di acquisto della grande massa destinataria dei messaggio ed alla quale, nel loro interesse economico, tutte le imprese dovranno trovare risposta.
Fin qui la "dura legge del mercato".
Proviamo ora ad applicare queste teorie, come suggeriscono i "forzitaliani" alla politica.
Sostituiamo, in applicazione della logica liberista, l'impresa con la istituzione pubblica e uniformiamo la sua azione all'assunto per il quale spetta alle sole leggi di mercato di determinare sia il livello che la qualità dei servizi offerti.
Per prima cosa, in obbedienza al criterio di efficienza misurata in banconote, dovrà essere creato un "prodotto" di qualità ed accessibile ai pochi che ne avranno i mezzi per acquisirlo; allo stesso tempo occorrerà pero anche cre are una "confezione" di qualità inferiore per quelli che non possono spendere e che, in ogni caso, garantisca una relativa redditività a favore dei produttori.
Da ultimo spetterà all'informazione, ed a chi ne gestisce i meccanismi divulgativi, il compito di orientare in modo opportuno e funzionale la domanda e quindi il consenso.
Se applichiamo queste teorie a sanità, istruzione, assistenza, previdenza, trasporti, poste, ambiente, industria, agricoltura, turismo, e via dicendo l'effetto non potrà che essere devastante.
Se guardiamo poi, sempre in quest'ottica, al mondo del lavoro c'è da rimanere di sasso.
ln una logica liberista il lavoro perde infatti ogni carattere e, assoggettato alle sole leggi della domanda e dell' offerta, finisce per obbedire al solo imperativo efficienza uguale a soldi.
È chiaro che con queste premesse nessuno potrà, ad esempio, obiettare se un imprenditore, in nome della efficienza economica, preferirà i contratti a termine per far fronte a particolari esigenze, piuttosto che sobbarcarsi i maggiori oneri derivanti dalle assunzioni definitive.
 
Proviamo ora ad andare più a fondo ed analizziamo il conflitto tra un interesse economico singolo ed un interesse più generale e non esclusivamente economico: ipotizziamo ad esempio scelte imprenditoriali ed urbanistiche che si scontrino con esigenze di tutela ambientale e scopriamo che la situazione diviene ancora più drammatica. Ilteorema liberista secondo il quale va sicuramente privilegiata la soluzione più efficiente e quindi più vantaggiosa dal punto di vista economico, tende a ne gare la validità delrinteresse generale considerandolo non come tale ma bensi riducendolo a problema che interessa esclusivamente coloro che ne sono portatori.
 
Facciamo un esempio: se il problema sarà rappresentato dalla costruzione di un nuovo stabilimento che tratti sostanze nocive esso interesserà, secondo le teorie liberiste, solo coloro che con queste sostanze nocive potrebbero avere a che fare.
Di più! Se il saldo economico complessivo, misurato sempre in denaro, fosse malauguratamente, per costoro, inferiore alla provata maggiore utilità economica determinata dalla costruzione dei nuovo stabilimento, potremo stare certi che esso sarà costruito e che tale scelta sarà giustificata dalle regole dell' efficienza.
ln sintesi: nel liberismo non trova posto chi non è in grado di condizionare le "Ieggi dei mercato".
E allora proviamo a vedere chi sono costoro: innanzitutto i più deboli economicamente, poi i portatori di handicap, i malati, i detenuti, i disoccupati, le casalinghe, i pensionati, gli studenti, gli inquilini, i consumatori, gli menti di servizi pubblici, e ancora, le minoranze etniche, religiose, linguistiche, ma anche le minoranze economiche come i piccoli azionisti, i piccoli editori televisivi, radiofonici e della carta stampara, le piccole e medie imprese.
La gente, insomma!
Berlusconi non c'è: lui stà dall'altra parte e quella parte non puo essere la nostra .

Sabato 9 Agosto 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi