Una finestra nuova, per tutti, aperta sulla strada, sul mondo, ... lontana dai poteri, vicina alla gente, ... curiosa, rispettosa, amica, ... aperta allo scambio, alla battuta, al saluto, alla discussione, alla polemica, ...incline alla pace, ... ansiosa di verità, ...anche provocatoria se necessario, ... puntuale, ... intrigante, ... attesa, ............

QUANTO SI E’ VERIFICATO IN QUESTI GIORNI, ALTRO NON E’ CHE L’ENNESIMA TESTIMONIANZA DI UNA GIUSTIZIA MALATA, E GIUNTA ORMAI ALLO STATO TERMINALE, TANTE SONO LE METASTASI CHE HANNO INVASO TUTTE LE ISTITUZIONI, FACENDOCI SENTIRE COME COLORO CHE SOPRAVVIVONO ATTACCATI AD UNA MACCHINA, CUI BASTEREBBE STACCARE LA SPINA, PER INTERROMPERE I BATTITI DEL CUORE.
IL NOSTRO PAESE HA UN CANCRO NELLA GIUSTIZIA A CAUSA DEL QUALE, SI E’ ROTTO L’EQUILIBRIO DI UNO STATO DEMOCRATICO DI CUI RISENTE OGNI ORGANO, DAL LAVORO ALLO STUDIO, DALL’ECONOMIA ALLA PRODUTTIVITA’, DALLA SANITA’ AL RISPETTO DELLE LEGGI, DALLA FAMIGLIA AL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI…..

Potrebbe apparire esagerato, un titolo in cui si addebita ad una Giustizia malata, il disagio che ormai investe nei singoli e nella collettività, ogni settore del buon vivere civile, alla cui base dovrebbe esserci la sicurezza dell’immediato domani.
Tuttavia è un dato di fatto, che l’essere umano, specie negli ultimi vent’anni, si è demotivato nel concorrere, nel contribuire, anche a costo di piccoli o grandi sacrifici, a risanare un Paese, la cui memoria storica ci distingue dal resto del mondo, ma che tuttavia è quotidianamente posto a dura prova, nell’assistere a quanto di più scandaloso, emerge proprio da coloro che usufruendo di una fiducia data anticipata dal popolo, anziché dimostrare di averla guadagnata mediante un esempio sano, integerrimo, sereno, mostrano ciascuno i lati peggiori dell’uomo, una intera classe dirigente, chiunque governi, in cui tutti hanno ben nascosti, i propri scheletri nell’armadio.

Vedete, io non mi associo a quanti, come Beppe Grillo, lanciano soluzioni che a poco o nulla servirebbero, se poi, con una Giustizia tanto malata, avere una condanna o non averla, non è assolutamente indice di onestà o di disonestà.
La certezza del Diritto non esiste più da molto tempo, se mai sia esistita, poiché , proprio riferendoci al “caso Mastella”, sembra di rievocare i tempi in cui bastava che il “Divo Giulio” facesse una telefonata, e con spirito di composta educazione, tipico di chi comanda davvero, ed ecco che un magistrato che aveva messo le mani là dove non doveva, veniva privato senza nemmeno una spiegazione di un’inchiesta portata avanti per servire lo Stato, improvvisamente avocata da chi forse era ancorato a criteri diversi per amministrare la Giustizia.

Comprendere i motivi che portavano a talune decisioni, già quando l’Italia comunque era un Paese ancora in grado di arrivare alla fine del mese, era ugualmente difficile, tuttavia si sperava in un cambiamento, che al di là degli avvicendamenti, stiamo aspettando da mezzo secolo.
Non dimenticherò mai, quando a Roma, il Procuratore Generale, con la condivisione dell’allora Procuratore Capo Giudiceandrea, avocò a sé, da un giorno all’altro, la cosiddetta inchiesta Otomelara, condotta con ammirevole coraggio e senso di responsabilità, dal Pubblio Ministero, dottoressa Cordova.

Erano gli anni ottanta, quando accadevano tali fatti, quando dopo un letargo consolidato forse dall’inizio della Repubblica, dove ai magistrati non arrivava alcuna inchiesta, nulla che potesse dar senso alla loro scelta professionale, tanto che il Tribunale di Roma conquistò il soprannome di “porto delle nebbie”, qualcuno dotato di maggiore determinazione, nel dare un senso allo stipendio che pure puntualmente percepiva, iniziò ad osservare lo strano fenomeno per cui, al massimo si istruivano processi per furti, scippi, maltrattamenti, ma nulla che guardasse sotto il profilo giudiziario, quanto impunemente era sotto gli occhi di tutti.

Ben presto si capì che il tacito messaggio che agli organi inquirenti giungeva dagli stessi superiori, era quello di evitare di alzare polveroni, chiamando in causa esponenti dell’ intricato mondo che saldava insieme la Politica e gli affari, con una manovalanza sempre pronta a mettere in campo i migliori uomini della criminalità organizzata.
L’ordine di astenersi arrivava sottoforma di consiglio paterno, cui nella maggioranza dei casi, ci si atteneva.
Pensate, che nel sottosuolo della Procura della Repubblica di Roma, in quegli anni, lasciarono marcire per l’umidità, centinaia di computer ed altri strumenti, di cui per la prima volta venivano dotati gli ambienti giudiziari….
Marcirono e furono buttati, perché nessuno sapeva cosa farsene, nel senso che non si poteva lavorare, indagare, formare un archivio di fatti e situazioni configuranti un quadro indiziario se solo si sfiorava il rischio di indagare nomi intoccabili.
Ai Pubblici Ministeri, era sufficiente una Olivetti, per redigere un capo di imputazione a carico di qualche zingaro, o dei soliti ragazzi di borgata, che rubavano i primi giubbotti di pelle, in qualche negozio, per vestire alla moda.

L’arrivo della dottoressa Cordova, penso che fu considerato più pericoloso di un terremoto, così come a Milano potremmo dire della dottoressa Boccasssini, quando ancora nessuno, aveva osato, gettare uno sguardo su quello stesso Berlusconi, che commuoveva la gente definendosi un perseguitato dalla magistratura.
Lui, che nemmeno il terrore di tangentopoli, detto anche dottor Di Pietro aveva sfiorato, e quando giunse il turno del Cavaliere, il magistrato ci lasciò la toga in cui avevamo pur tanto creduto, per andare a fare il Cincinnato. E senza voler essere polemici, viste le scelte di Di Pietro, ci viene il pur ragionevole dubbio, che forse a scuola aveva scambiato Cincinnato, con il Ministro de lavori pubblici, forse pensando di arare Villa Borghese… chissà.

E tornando al sistema delle avocazioni, quando la dottoressa Cordova, stilò l’elenco delle richieste di rinvio a giudizio, oltre 150 nomi, per reati che andavano dalla Associazione per delinquere, al traffico internazionale delle armi, al riciclaggio di denaro sporco, un elenco che solo perché in ordine alfabetico, vedeva al numero uno, l’indagato Andreotti Giulio, non bastò il tempo di prendersi un caffè, che dalla sua scrivania i fascicoli erano stati avocati da organi superiori.

Una donna non si arrende facilmente, e non per inneggiare alle donne, ma al punto in cui siamo ridotti, non so proprio, se non ci fossimo noi donne, dove sarebbero finite tante famiglie, con mariti che nonostante la laurea non portano un euro a casa, con i figli da mantenere agli studi, e da sfamare, e destinati a convivere con mamma e papà oltrepassando i trenta trentacinque anni: eppure noi donne riusciamo a tirare avanti la carretta, con pesi che nemmeno i muli di montagna reggerebbero.
La dottoressa Cordova non si arrese, fece ricorso, e lo vinse pure, ma quando si ritrovò tra le mani quelle migliaia di carte, si accorse che c’era stato tutto il tempo per inquinare le prove, e farci scappare anche qualche suicidato, che aveva deposto in veste di testimone.

Tuttavia l’esordio di tangentopoli risvegliò almeno qualche ambiente giudiziario, anche se, i risultati più evidenti furono quelli di un’Italia rimasta in mutande, mentre il prezzo delle tangenti si era nel frattempo moltiplicato, impedendo di fatto la ripresa del lavoro, penalizzando soprattutto l’edilizia e i settori immobiliari.
A volte penso che si fa di tutto per americanizzare il nostro Paese, e personalmente spero che non ci riesca mai, e nell’unico argomento cui forse, potevamo adeguarci legalizzando le tangenti, non abbiamo copiato il sistema d’oltreoceano.

Che dire dunque e perché meravigliarci del “caso Mastella” come se non rientrasse nelle antiche e radicate consuetudini della Giustizia italiana?
O forse non è stato così anche per il bellissimo Pm Woodcok?
Non è stata avocata a Roma la sua inchiesta?
E lui è un altro che alza il tiro, perché non crediate che abbia mollato l’osso, specie quello italo-americano, per il quale non ci resta che cantare “quando quando…”.

Quel che va osservato e con preoccupazione, è la serie di reazioni che la maggioranza della gente ha, in presenza di una Giustizia che ha due pesi e due misure, dove almeno per pudore, sarebbe meglio togliere la scritta: “La Legge E’ Uguale Per Tutti” e giustificare l’ingiustizia, con la provocatoria frase: “In nome del Popolo Italiano”.
Ma chi l’ha detto? O forse il popolo italiano ha delegato i Giudici ad assolvere i colpevoli e a condannare gli innocenti?

Fatelo pure, ma non nel nome nostro, il popolo italiano non entra mica nelle camere di consiglio, né sapremo mai, a parte le motivazioni tecniche, in fatto e in diritto, su quali altri basi, una sentenza cambia dal giorno alla notte, rispetto a ciò che le parti in causa alla fine del dibattimento, sono in grado di presumere, almeno sulla base degli atti.
Ricordo un giorno che mi trovai per caso, mentre aspettavo una persona, seduta fuori nel corridoio di un Tribunale, mentre il Collegio era chiuso in Camera di Consiglio.
Ebbene se solo raccontassi ciò che fui costretta ad ascoltare quando le voci divennero urla, per una imposizione fatta arrivare da un’Alta Corte, penso che nessuno più sceglierebbe la carriera in magistratura.

Sul “caso Mastella”, personalmente il Ministro ha fatto una mossa controproducente.
Sia perché un Ministro della Giustizia, fino a quando non si faranno le tante e necessarie riforme, deve rispettare l’ordinamento giudiziario anche nella consapevolezza che è sbagliato, e pensare a quanti privati cittadini, nelle sue stesse condizioni, sono costretti ad accettarlo così com’è.
Poi, in considerazione che la vicenda giudiziaria coinvolgeva la su persona, doveva astenersi dall’uso dei poteri derivanti dalla carica che riveste, e lasciare che le indagini del dottor De Magistris restassero nelle mani di questo Pm.
Oppure dobbiamo pensare che al Ministro Mastella, sarebbe mancato modo di difendersi da quanto gli viene contestato, se ingiustamente?

Sembra un paradosso, ma dobbiamo ammetterlo, che tra i potenti finiti nel mirino della Giustizia, l’esempio più disciplinato e corretto, ce lo ha dato proprio Giulio Andreotti.
Certo, con un coimputato come Badalamenti, il senatore a vita l’assoluzione ce l’aveva in tasca, tuttavia, non crediate che abbia trascorso anni sereni, alla sua età che fa invidia all’eternità…

Il Ministro Mastella, ad esempio, da mesi ha ricevuto da parte mia dei fax urgentissimi, con una richiesta di colloquio, al fine di esporle quanto si sta verificando tra la magistratura di Firenze e quella di Perugia, in danno di un’inchiesta come Il Mostro di Firenze e il Caso Narducci, che da quanrant’anni continua a costare allo Stato, quindi noi tutti, centinaia di miliardi.
Non mi sono mica rivolta al Ministro per un problema personale?
Ed io so perfettamente che di fronte agli atti che gli avrei rappresentato, il Ministro avrebbe disposto quanto di sua competenza e trasmesso ulteriori atti, la cui competenza potrebbe essere del Consiglio Superire della Magistratura.
La situazione è precipitata, i danni all’inchiesta sono incalcolabili, la ricerca della verità è continuamente calpestata, ma il Ministro, ancora non da segni di vita, né ha delegato uno dei sottosegretari a convocarmi.

Che dire? Nulla, se non constatare, che quando si dice di essere al servizio dei cittadini, i fatti dimostrano che si è al servizio di se stessi e dei propri interessi.
E il Ministro potrebbe rispondere: “Non sono forse anch’io, un cittadino, di fronte alla Legge?
E se vi rappresento, quando difendo me stesso, pensate che sto difendendo gli interessi di tutti, della Giustizia….. e allora perché vi lamentate? “

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