Una finestra nuova, per tutti, aperta sulla strada, sul mondo, ... lontana dai poteri, vicina alla gente, ... curiosa, rispettosa, amica, ... aperta allo scambio, alla battuta, al saluto, alla discussione, alla polemica, ...incline alla pace, ... ansiosa di verità, ...anche provocatoria se necessario, ... puntuale, ... intrigante, ... attesa, ............
MENTRE QUALCUNO GRIDA “CHIUDETE INTERNET”,ENTRANO IN COMPETIZIONE PER I GRANDI INVESTITORI... I MOTORI DI RICERCA....
“GOOGLE” E...”YAOOHO!”..? E’ GUERRA?... MA CHI SONO GLI INCAPPUCCIATI CHE VANNO AL RIALZO PUR DI ACCAPARRARSI L’INVESTIMENTO DEL SECOLO, PADRONI DI UN UNIVERSO VISRTUALE... DOVE L’ANIMA MUORE... E LA MENTE RAGGIUNGE I LIVELLI DELLA DIABOLICITA?.....CHISSA’ SE IL “GRILLO PARLANTE” HA DECISO DI TACERE.... PER FAVORIRE...MAGARI... SE STESSO...?

 

In questi mesi stiamo assistendo alle trattative per l'acquisizione di Yahoo! da parte di qualche grande impresa informatica come Microsoft o Google. E mi meraviglio, dato il calibro e la pericolosità dei pretendenti, che l'opinione pubblica abbia chiuso gli occhi sul versante della tutela dell'utente.

Microsoft è il principale produttore di software del mondo e il suo fondatore Bill Gates è oggi anche l'uomo più ricco del mondo. La storia ha voluto che Bill Gates, seppur partito in svantaggio nella corsa della diffusione universale del personal computer, ha invece compreso in anticipo quello che la concorrenza – soprattutto Apple – a quei tempi aveva trascurato, vale a dire l'abbattimento dei costi di produzione dell'hardware.

Quindici anni fa Windows non era certamente un miracolo di affidabilità e di piacevolezza, ma aveva il vantaggio di poter funzionare su di un hardware costruito su licenza e pertanto chiunque poteva produrre personal computer e ospitare il sistema operativo della Microsoft.

Apple al contrario era legata alla piattaforma RISC di Motorola e ad un hardware sviluppato specificatamente per il suo sistema operativo, che veniva venduto – così come oggi, anche se in maniera diversa – inseparabilmente dall'hardware su di esso progettato, con il risultato che l'hardware Apple era prodotto da un unico fornitore.

Microsoft non ha quindi prodotto un sistema monolitico come quello di Apple, bensì ha sviluppato Windows su un hardware proveniente da un brevetto IBM detto “PC compatibile” costruito da terzi, purché nel rispetto delle compatibilità del brevetto IBM.

 

Se da un lato Microsoft non ha prodotto mai hardware, dall'altro, lasciandolo produrre ad altri, ha fatto sì che i molti costruttori immessisi sul mercato, per guadagnare fette di clientela, hanno iniziato a farsi concorrenza tra loro, riducendo i costi di produzione e quelli di vendita dell'hardware per i sistemi operativi Microsoft.

Questa è stata la spinta per la diffusione su grande scala del Personal Computer (PC) che ha costretto i concorrenti di Microsoft a mantenere prezzi più alti in quanto non avevano ancora sviluppato un piano di competizione tra fornitori, riducendo i margini dei proventi da reinvestire nell'innovazione che nel campo dell'informatica è determinante. Così i concorrenti si sono trovati presto fuori mercato.

La mossa di Bill Gates fu allora alquanto sorniona tanto da prendere tutti alla sprovvista, e così alla fine degli anni ‘90 costui è diventato il padrone dell'80% del mercato consumer dell'informatica, grazie al basso costo dei suoi sistemi ed ad un alleato importantissimo: internet.

 

Tra il 96' ed il 2001, le vendite di computer per uso personale si sono impennate grazie al coinvolgimento del grande business nella grande rete. Pensate a quegli anni come quelli che hanno cambiato il modo di vivere delle relazioni interpersonali, come gli anni che hanno aperto la comunicazione low cost a tutto il mondo, trasformando quello che era un semplice e spartano modo di condividere informazioni già tra università o organizzazioni militari, in una forma di network fondato su relazioni interpersonali e commerciali.

 

E così l'esigenza delle grandi imprese informatiche e del budget pubblicitario legato alla partecipazione degli utenti ai portali, si è dimostrata da subito una formula economicamente vincente, ma nello stesso tempo ha condizionato i contenuti della grande rete, trasformandolo in un salotto di incontri virtuali, di pareri personali e di pubblicità a tutti i livelli, tralasciando pressoché del tutto l'aspetto culturale.

Il web, va da sé, non è una grande biblioteca, e questo principalmente per il metodo di ricognizione dei contenuti che sfrutta motori di ricerca concepiti per utilizzi differenti.

 

E qui entra in campo Google che, nella stessa concezione di Yahoo!, permette l'accesso alle informazioni attraverso una combinazione di parole che in genere restituiscono poi i siti più visitati.

Attraverso Google noi otteniamo, nelle prime pagine dei risultati della nostra ricerca, i siti più visitati, dato che il principio di funzionamento del motore è di mettere come primi i siti più cliccati, e ciò indipendentemente dalla specificità o qualità dei contenuti.

Ne consegue che preferibilmente vengono visitati quelli in cima nella lista, i cui contenuti quindi rafforzano la loro presenza nel web a discapito di altri.

Così procedendo, senza offrire chiavi di ricerca selettive sugli argomenti, i motori diventano spesso ricercatori di informazioni “qualsiasi o deviate” rispetto alle aspettative dell'utente. Tanto che possiamo ammettere la prevalenza di contenuti di tipo commerciale sul web, in quanto la visibilità del web è incentrata sulle motivazioni dell'approdo delle aziende e sulle entrate economiche dei motori di ricerca, più che sui servizi di visibilità e posizionamento nelle liste di ricerca.

Quindi, per quanto riguarda i contenuti culturali, nessun motore di ricerca permette di rilevare in modo distinto queste informazioni.

Pertanto il web semantico o quello della conoscenza possono solo avvalersi del significato puro della terminologia. Con il termine Garibaldi possiamo infatti incontrare un ristorante, una commemorazione o un libro in vendita presso eBay o qualche altra libreria online.


E' giusto ricordare che la comunità europea sta lavorando su progetti di web culturale che permetteranno attraverso portali questa volta organizzati su basi cognitive – per esempio storiche – la ricognizione di tutti i siti che hanno determinati parametri identificativi.

Ma questo significherebbe anche imporre specifiche regole nella progettazione dei siti web culturali per interfacciarsi in questi particolari motori di ricerca che non si attivano per ricerca testuale (per parole immesse), ma per per argomentazioni adeguatamente strutturate.

Questi sistemi quanto meno fornirebbero una distinzione tra quella che è un'informazione relazionale e commerciale e quella propriamente culturale, e sarebbe senza alcun dubbio un grosso incentivo per gli studiosi poter mettere a disposizione il proprio lavoro sul web, che non si troverebbero più a condividere i propri studi con commercianti di vario genere, ristoranti o scherzosi blog che parlano di altro.

Molti penseranno che comunque il web preserva una forma di cultura a sé stante in gran parte data dalla libertà di opinione degli utenti della grande rete.

Infatti è vero, e concordo con questa tesi, che i motori di ricerca abbiano dato grande spazio alle opinioni individuali, soprattutto c'è stato un investimento nei blog e nel social networking come Facebook e My Space. Vale a dire che il gestire una Web Community di tale stampo significa acquisire tante individualità, che seppur nella buona fede – ma non sempre – consentono agli utenti di esercitare uno dei primi diritti garantiti dalla Costituzione.

Ma le individualità, se sommate assieme, possono fornire dati statistici di orientamento sulle scelte di gestione della comunità, ma anche ben altro. Per esempio rilevano indagini di mercato, pareri verso i candidati sotto elezioni, o più semplicemente definiscono “forme” psicologiche e sociologiche dell'uomo di oggi ad uso di intelligenze che potrebbero servirsene per qualsiasi scopo.

Non a caso in questo articolo abbiamo citato i grandi operatori dell'informatica e non sempre l'intento di informatizzare il mondo è senza velleità di controllo.

Così Bill Gates ha già fatto da tempo il suo ingresso nelle web community.

Bill ha già investito in Facebook, ed acquistare Yahoo! potrebbe essere un'occasione non trascurabile. In primo luogo per il progetto della pubblicità personalizzata di Microsoft, vale a dire una pubblicità che viene generata secondo parametri risalenti all'utente e semplicemente monitorando le tracce che l'utente lascia durante la sua navigazione in Facebook.

Così Yahoo! è un avamposto importate per promuovere Facebook e la pubblicità personale di Microsoft.

Il secondo punto per Bill è invece la fondazione Open Social che vede coinvolta Yahoo!, Google e MySpace che è poi il vero concorrente di Facebook. Questa fondazione ha come principale scopo lo sviluppo e la gestione di web community come MySpace, in modo indipendente dal sistema economico e totalmente non profit, e quindi “filosoficamente” lontani da Microsoft.

Così domani se Yahoo! diventa di Microsoft, il nome Microsft va inserito nel team di sviluppo delle web community del quale il Facebook di Bill Gates è loro avversario.

Da quel momento in poi spereremo che la nostra libertà di opinione venga sorvegliata unicamente per darci dei consigli sugli acquisti.

Comunque sia a questi grandi nomi non interessa nulla di diffondere cultura sul web e hanno un senso molto commerciale della libertà di espressione.

Prendiamone atto. Ma per fermarli basterebbe ignorarli.

14 Maggio 2008

MATVAN

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