FORSE PER QUESTO A “QUALCUNO” FA PAURA E BUSSA ALLA PORTA DELLA POLITICA PER FAR CHIUDERE IL REPARTO?
LA CRISI IN CUI VERSA L’ITALIA E CHE PREVEDE COME TERAPIA D’URTO I COSIDDETTI “TAGLI”, E’ UNA CRISI CHE RISCHIA DI PENALIZZARE LE POCHE O UNICHE REALTA’ FUNZIONANTI, FAVORENDO, GRAZIE ANCHE AD UNA EVIDENTE IGNORANZA, STRUTTURE SANITARIE CHE PONGONO A SERIO RISCHIO LA VITA STESSA DEI PAZIENTI….
E LA MALATTIA DIVENTA ANCORA UNA VOLTA L’OSSO DA SPOLPARE, PER COLORO CHE SONO ORMAI ABITUATI A CONVIVERE CON I TOPI NELLE CUCINE E PERFINO NELLE SALE OPERATORIE …
E QUESTE SONO LE STRUTTURE CHE NON SUBIRANNO ALCUN “TAGLIO”, POICHE’ GRAZIE ALLE DISASTROSE CONDIZIONI SI PUO’ CHIEDERE LORO IL “PIZZO” IN CAMBIO DI UN OCCHIO CHIUSO….
Che il sistema sanitario italiano sia profondamente malato e vada tenuto in seria considerazione alla luce della gravissima crisi che stiamo vivendo è una realtà, e sarebbe anche giusto censire tutte le strutture pubbliche e valutare con coscienza e professionalità ciò che può essere eliminato, ciò che necessita di maggiori incentivi e adeguamento alla funzione, e ciò che risulta un esempio di sanità funzionante, insomma un fiore all’occhiello nell’universo doloroso della malattia.
Sappiamo purtroppo che oggi si muore anche per un intervento di appendicite, o per un parto cesareo, o per una medicazione mal fatta, e sappiamo pure che a determinare la vita e la morte di una persona è l’illustre signor “Cuore”…
Finchè il cuore batte c’è speranza di sopravvivere, ma se il cuore si ferma il ciclo della vita si interrompe.
E’ dunque il cuore l’organo vitale più importante in assoluto, ed è anche quello più esposto oggigiorno a causa di uno stato permanente di stress cui tutti siamo sottoposti, specie quando incombe l’incubo della sopravvivenza, e si rimane vittime dell’ansia, della depressione, della esasperazione, insomma la cattiva qualità della vita diviene il nostro peggiore nemico.
Lo confermano le statistiche: i cardiopatici, coloro che da un giorno all’altro provano sulla propria pelle che cos’è un infarto, quelli che varcano la soglia della sala operatoria di cardiochirurgia, sono sempre più numerosi, e paradossalmente i centri specializzati e qualificati diminuiscono, specie quelli all’interno di strutture polivalenti, costringendo il paziente a rivolgersi a quelle pochissime unità cardiovascolari con interminabili liste di attesa, e conseguente aggravio della malattia.
Chi non ricorda il padre della cardiochirurgia italiana, l’illustrissimo professor Valdoni?
Io stessa fui tra i pochi studenti interni alla Prima Clinica Chirurgica del Policlinico Umberto I che ebbe la fortuna di muovere le proprie mani insieme al quelle del Maestro , quando ancora la notizia di un intervento al cuore faceva il giro del mondo.
Questa mia felice esperienza determinò in me una severa consapevolezza a riguardo di come una struttura sanitaria e in particolare una struttura di chirurgia cardiovascolare dovesse rispondere a determinati requisiti sia in termini di professionalità specialistica che in termini ambientali, di igiene e di adeguatezza a problematiche gravi quali da sempre risultano le malattie del cuore.
Il mio parametro di riferimento è ancor oggi quello più “storico” per eccellenza, il professor Valdoni e la sua scuola, e dunque quando mi trovo a dover valutare la funzionalità di un reparto cardiovascolare il mio senso critico è assai severo come peraltro un innato spirito di osservazione che caratterizza il mio modo di fare informazione d'inchiesta.
Qualche giorno fa è accaduto che una mia amica è stata colpita da un infarto, e chiamato il 118 è stata ricoverata al San Filippo Neri, ove a dire degli stessi sanitari è giunta praticamente morta e inspiegabilmente “resuscitata” poco dopo.
Anna, questo il nome della paziente, è stata curata dai sanitari della terapia intensiva, un’equipe eccezionale come poche se ne vedono , così come l’ambiente tenuto rigorosamente da un punto di vista igienico e di costante presenza del personale per ogni malato.
Nessuno è un “numero” ma ciascuno gode del rispetto della propria identità, tutto è personalizzato sul modello del singolo paziente, e ciò che prevale è la gentilezza, l’armonia, la serenità, elementi che contagiano il malato ottenendo in tal modo la sua stessa collaborazione volta alla auspicata guarigione.
Dopo un settimana di terapie farmacologiche, grazie alle quali Anna appariva in buone condizioni generali, avendo riscontrato il primario del reparto, professor Paolo Sordini, l’occlusione delle coronarie, si predisponeva l’indispensabile intervento chirurgico di bay pass, sostituendo appunto i vasi occlusi con segmenti della vena safena.
Va detto che Anna era un’accanita fumatrice e che la sua qualità di vita era soggetta da molti anni a tensioni familiari e forte stress, oltre al fatto di aver avuto i suoi due fratelli deceduti per infarto.
Sono stata presente all’intervento e pertanto la mia testimonianza è diretta, oculare, e deve richiamare l’attenzione e la responsabilità di coloro che intendono chiudere il reparto di cardiochirurgia del San Filippo Neri.
La sala operatoria è di eccellente efficienza, come peraltro tutti i macchinari, cominciando dalla macchina cuore-polmoni che consente di operare il paziente a “cuore fermo” mediante la circolazione extracorporea.
L’anestesista, dottoressa Emilia Landolfi ha dimostrato quanto di meglio si potesse sperare, in termini di professionalità, intuizione, prevenzione dei momenti critici, immediatezza nella valutazione per la somministrazione di farmaci onde evitare rischi fatali durante ben cinque ore di intervento.
Accanto al professore Sordini, le cui mani mostravano l’armonia di un pianista, hanno collaborato l’aiuto professor Alberto Alois, e la dottoressa Federica Iezzi.
Alla fine dell’intervento, mi sono congratulata con l’equipe, senza nascondere che per la prima volta mi capitava di riconoscere nella loro bravura quello stesso eccezionale carisma che mai prima di ora avevo riscontrato in altri , un carisma di alta chirurgia al pari della scuola del professor Valdoni.
Il primario, Paolo Sordini, mi ha guardato un attimo, aveva gli occhi lucidi, poi con ancora la mascherina sulla bocca, ha sussurrato: “Eppure Gabriella, qualcuno ci vuole male… vogliono farci chiudere…”.
Il cuore di Anna, ormai ricollegato naturalmente, ricominciava a battere, tutto era perfettamente riuscito, ed io avevo assistito ad un miracolo della scienza.
La sera, tornando a casa, ero sconvolta per l’assurdità che qualcuno volesse chiudere un reparto di quel livello, per il disprezzo di professionisti come pochi ancora possiamo vantarne, se consideriamo l’esodo dei nostri migliori cervelli nei paesi esteri, ero arrabbiata per la violazione palese dei diritti del malato, il quale oltre a dover rinunciare ad essere curato da professionisti di grande spessore, sarà assoggettato ai tempi sempre più lunghi delle liste di attesa.
Nel reparto di terapia intensiva adiacente alla cardiochirurgia, pensate che di otto letti, ve ne sono ben quattro, nuovi, attrezzati e non utilizzabili grazie alla nostra burocrazia nel settore sanitario, quattro posti letto dai costi elevatissimi, se solo si pensa alle macchine di monitoraggio, eppure la Regione Lazio fa finta di non vedere, di non sapere, di non sentire…
Perché?
Corre voce che vi sia a Roma una struttura che sembra invece godere di particolari attenzioni, nonostante convivano con le continue visite dei NAS ormai da anni, tuttavia non si fa altro che rassicurare il privilegiato Ospedale, come si legge su qualche quotidiano: “Non dovete preoccuparvi, voi del San C...…. , nessuno perderà il posto di lavoro e nessuno taglierà posti letto alla cardiochirurgia…. A meno di qualcosa per la cardiochirurgia infantile… ma l’Assessore “pinco pallino” manda a dire tra le righe della stampa: “voi potete dormire su sette cuscini”…”
Caro Assessore, sappia che se davvero sarà tolta al San Filippo Neri la Cardiochirurgia, ebbene, tutti coloro che lì giunsero in fin di vita e da lì uscirono con una vita nuova, scenderanno in piazza, e lei dovrà ripensare al suo programma di “tagli”, e magari tagliare proprio chi pensa di aver scampato il pericolo, visto e considerato che il privilegiato Ospedale, ha una inquietante lista di decessi proprio nel reparto della cardiochirurgia.
Basterà digitare su Google il nome dell'Ospedale San C... unitamente alla parola NAS e non crederete a ciò che leggerete!
Se poi, si “accusa” il San Filippo di scarsa produzione, oltre al fatto che relativamente alla cardiochirurgia è dolosamente falso, qualcuno faccia il “mea culpa”, per la vergognosa campagna di discredito organizzata mediante la connivenza con una certa stampa, e finalizzata ad indirizzare i cardiopatici in un Ospedale piuttosto che in un altro.
Dobbiamo forse chiederci il perché di certe riprovevoli decisioni, oppure dobbiamo rimpiangere il tempismo dell’ex PM Antonio Di Pietro, il “fondatore” di tangentopoli?
La prudenza non è mai troppa se si vuole evitare uno scandalo, specie quando basterebbe farsi una idea propria, andando di persona a constatare che i reparti di cardiochirurgia e di terapia intensiva del San Filippo Neri, fanno onore al nostro sistema sanitario, sono veramente un fiore all’occhiello, e sono in tanti i cittadini che a quel reparto devono la vita, tanti quanti a gran voce sono pronti a scendere in piazza, per gridare: “Giù le mani da chi ci ha restituito un cuore capace di battere! Giù le mani dalla cardiochirurgia del San Filippo Neri!”
Ed ecco cosa ho letto ieri su un foglio lasciato nell’ufficio della terapia intensiva, e firmato da “Pasquino”.
Ho chiesto chi fosse costui, qualcuno mi ha risposto “non saprei, dottoressa, forse un infermiere…o un dottore… non so…”.
Ho fatto mie le parole accorate di questa lettera, e penso che in tanti si sarebbero firmati volentieri identificandosi in “Pasquino”.
Quello che Voi state facendo è chiaro, inutile girarci attorno, se la Cardiochirurgia avesse avuto dei letti non performanti, in base alle vostre regole matematiche, poteva chiudere, ma non lo sono; se la UOC non era produttiva, in base a delle semplici leggi di mercato si poteva chiudere, ma hanno fatto trecentocinquanta interventi; se il motivo era l’alta mortalità si doveva cambiare il Direttore responsabile non chiudere la struttura.
Potevate fare un concorso per Direttore di UOC visto che i dati della mortalità sono del 2005 e il Primario è andato in pensione nel 2008, ma non l’avete fatto.
Potevate cambiare, fermare quella che avete definito e pubblicato su internet, come una mattanza, ma non l’avete fatto.
Se a voi stava a cuore la Salute Pubblica, avevate il diritto di farlo, il dovere istituzionale di intervenire. La verità è che non ve ne frega niente della produttività, della performanza, della mortalità, a voi interessano solo le vostre logiche politico-clientelari.
Oramai è palese, avete stabilito che il San Filippo Neri va declassato, fino a ridurlo ad un piccolo Ospedale che ne giustifichi la chiusura o la riconversione in ciò che a voi e ai vostri amici fa più comodo.
Non saranno certo le mie parole a farvi cambiare idea, neanche mille assemblee di lavoratori più o meno motivati da interessi collettivi o personali.
Certo fa un certo senso vedere l’Ospedale dove abbiamo trascorso una vita, dove hanno lavorato i nostri padri e la nostre madri, dove abbiamo visto la gioia di tante vite date alla luce, il dolore funesto della morte, l’angoscia della sofferenza, distrutto per volere di quattro politicanti senza scrupoli, che invece di fermare la continua emorragia verso i Privati, che fanno Sanità a fine di lucro, che invece di individuare i colpevoli del deficit sanitario, si accaniscono contro strutture che funzionano.
Inutile illudersi, Voi non risponderete a nessuno di quanto state facendo, resterete impuniti come i vostri predecessori, poiché questa è l’Italia.
Non risponderete neanche alle vostre coscienze, perché dubito che Voi ne abbiate una.
Fate ciò che vi hanno permesso di fare, ma almeno abbiate le palle di farlo subito!
Non si possono lasciare le vite dei pazienti in mano a Professionisti ormai sviliti, distrutti professionalmente, demotivati, vilipesi da tutti, esposti alla pubblica gogna.
La Chirurgia, specialmente quella cardiaca richiede concentrazione, tranquillità, certezze professionali, capacità di decidere, alta professionalità, fiducia in se stessi, sicurezza.
Tutte condizioni psicologiche che gli avete tolto con una violenza inenarrabile.
In quella sala operatoria, ogni piccolo errore risulta fatale per la vita del paziente.
Neanche ad un animale ferito e sofferente si rifiuta il colpo di grazia. Questa lenta agonia, il vostro non dar seguito alla morte annunciata, non fa del male solo a noi professionisti della cardiochirurgia, ma soprattutto alla gente che ancora decide di affidarsi alle cure del nostro Ospedale.
Noi, al contrario di Voi, non veniamo a piangere per tutelare i nostri interessi, non ne abbiamo, ma gradiremmo terminare la nostra opera professionale a testa alta, evitando che altri paghino con la vita la vostra becera e ignobile arroganza.
Quindi e concludo, fate quello che vi siete prefissato, sperando che un giorno voi possiate stare dall’altra parte.
Pasquino
Eppure a dare con convinzione il proprio voto al Presidente Marrazzo, i lavoratori e professionisti del San Filippo Neri, sono stati veramente in tanti…. !
Errare humanun est !
Mercoledì 8 Dicembre 2008