Giovanni Circelli ha rappresentato al teatro Eden di Carpi “La valigia dell’attore” , un mimo che ripercorre la storia triste e melanconica di una vita, dietro una maschera che non nasconde la dignita’ del povero, colui che scopre, come nella favola di Pinocchio, il tesoro nascosto in un umile pezzo di legno, la ricchezza di un silenzio che diviene parola decifrabile solo dall’ascolto del cuore.
E’ il 13 dicembre , il giorno in cui si festeggia la Santa della Luce, e come per miracolo, un pubblico commosso, attento, ammirato, ritrova la vista, attraverso un eccezionale mimo, che sembra dire: “non abbiate paura….. …del silenzio…”
Carpi:
(dal nostro inviato Elisa Antonelli)
Il Cinema Eden di Carpi, per una sera si è fatto teatro, e direi un teatro con la “T” maiuscola , anche se l’unico attore, Giovanni Circelli, originario di Napoli , ma da ormai quattro anni “adottato” dalla misteriosa Carpi, in provincia di Modena, rientra in quella categoria di talenti, tuttavia sconosciuti, verso i quali lo Stato non si prodiga perché emergano nell’arte contemporanea, al pari di quanti, ebbero il privilegio di arricchire la memoria storica di un popolo, cui certo non mancò l’arte, la creatività, la poesia del dolore e della speranza, fino a porre l’Italia ai primi posti della cultura e della rappresentazione artistica.
Si apre il sipario, la scena è vuota, malinconica, consumata da un tempo che non è definito, e per questo può ripetersi guardando indifferentemente al passato e al futuro….mentre tutt’intorno è silenzio….
Direi quasi un silenzio “sacro”, anche da parte di un pubblico diverso, forse già preparato alla creatività del giovane Circelli, che a Carpi si è fatto conoscere, poco a poco, scambiando continuamente gli abiti della realtà quotidiana, i mestieri per sopravvivere, con quelli di una scena che scuote l’anima e mette a nudo anch’essa una realtà, che ancora si preferisce ignorare, o vivere da osservatori, subendo le conseguenze della rinuncia ad essere tutti e ciascuno, i veri protagonisti della scena di una vita, che è divenire e non staticità, morte sociale, apatia, o crudeltà di chi come noi giorno dopo giorno, dietro le quinte di un teatro, si consegna al proprio nemico, cui cede una ricchezza che è tale finchè abiterà nella sua casa naturale da cui si originò, imprimendo nel cuore e nella mente l’identità di ciascun essere umano sulla terra, una sola identità, non cedibile, non vendibile, benché sia fusibile per affinità, con un solo altro colore dell’elica incrociata che sigilla il Dna di un amore prestabilito.
Giovanni Circelli è un esempio di quell’arte che parte dal cuore di un vissuto personale, un’arte che sboccia all’improvviso e vuole esprimersi in un linguaggio adatto e comprensibile da tutti, da ciascun essere umano al di là del colore della pelle, oltre i confini dello scibile, senza i limiti dell’imparare da un copione già pronto, se non quello stampato dalla vita stessa sulle rughe di un volto senza età, nascoste dalla vernice bianca dell’attore, come un velo steso per pudore sull’intimità pur intuibile da chiunque si riconosca nella vicenda umana comune a tutti.
I sordi, i muti, perfino gli occhi che accendono le luci nella mente dei non vedenti, tutti, proprio tutti, possono riflettersi con coraggio e speranza allo stesso tempo, in quei pezzi di vita di un artista di strada, che sceglie la strada come madre adottiva dove già sa che troverà sempre qualcuno pronto per un piatto caldo, una sedia per riposare, un abito usato per cambiarsi di tanto in tanto, e confondersi tra migliaia di marionette costrette, come noi spettatori, a muoversi obbedienti al comando dell’invisibile Burattinaio della vita.
Ma il Mimo è libero, non ha padroni né visibili né nascosti, egli obbedisce e va dove lo portano i sogni, i ricordi, le speranze, sempre accompagnato dalla fedeltà di una solitudine per quanto amara, pur sempre amica e confidente, come l’ombra di se stesso che si riflette nel suo peregrinare di sentimenti veri o virtuali, come l’ombra che ingigantisce le nostre sembianze, ricordandoci che nessuno di noi è illusione, ma siamo pur fatti di anima e corpo, sentiamo il freddo come il caldo, distinguiamo la notte dal giorno, riconosciamo i volti che sfilano sulla passerella della nostra vita, siamo e saremo sempre, nella buona e nella cattiva sorte esseri pensanti…capaci di piangere… ma anche di sorridere accettando come dono la condizione umana che il fato ha prestabilito per la parte che reciteremo durante la nostra sosta terrena……
E il pensiero corre alla genialità che ispirò Benigni, nel capolavoro cinematografico là dove la realtà della guerra, del razzismo, divennero agli occhi dell’amato figlioletto, un gioco, un gioco al quale avrebbero potuto partecipare solo i più fortunati, per vincere alla fine, il premio di una tragedia come l’Oscar meritato da chi convinto di recitare, aveva raccontato la sua pur triste, drammatica e autentica storia.
Pensare al futuro artistico di Giovanni Circelli sarebbe quasi dissacrare anticipandolo un vissuto dal quale si genererà l’arte di un semplice e complesso linguaggio, fatto di gesti e di religioso silenzio.
Auguri Gianni e…. buona fortuna..!
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