MOSTRO DI FIRENZE: E GABRIELLA CARLIZZI FIRMA IL CONTRATTO PER IL GRANDE SCHERMO…LA NOTIZIA E’ RIMASTA SEGRETA, NON HA VOLUTO SOVRAPPORSI ALLA TANTA PUBBLICITA’ DELL’ANNUNCIATO FILM DI TOM CRUISE CHE HA SCELTO COME PROTAGONISTA MARIO SPEZI, E COME “MOSTRO” LA GIUSTIZIA ITALIANA… MENTRE E’ IN ALLESTIMENTO UNA MINISERIE CHE ANDRA’ IN ONDA SU SKY, I CUI “ATTORI” PRINCIPALI SARANNO L’INVESTIGATORE MICHELE GIUTTARI E IL PADRE DI PIA RONTINI, UNA DELLE VITTIME DEL MOSTRO….
“LA PROTAGONISTA DEL MIO FILM SUL MOSTRO DI FIRENZE, SARA’ UNICAMENTE LA VERITA’, E SCONFESSERA’ LE TANTE MENZOGNE CON LE QUALI QUALCUNO TENTA DI INGANNARE IL GRANDE PUBBLICO…”, COSI’ HA RISPOSTO GABRIELLA A CHI FREME PER CONOSCERE IL SOGGETTO, SCRITTO DA LEI E DALLO STESSO NOTISSIMO REGISTA, UN FILM CHE SECONDO LA GIORNALISTA E SCRITTRICE SARA’ CANDIDATO ALL’OSCAR…
MARIO, IL PROTAGONISTA SARAI TU: UN GIORNALISTA CHE SI E’ MESSO IN TESTA DI RIVEDERE UN’INDAGINE POLIZIESCA SBAGLIATA E SOLO PER QUESTO E’ STATO SCHIACCIATO DAL POTERE".
E GABRIELLA CARLIZZI RISPONDE: “CARO TOM CRUISE, IL TUO ATTACCO ALLA GIUSTIZIA ITALIANA APPARE QUANTOMENO DI PESSIMO GUSTO, SE SOLO PENSIAMO CHE AL TUO PAESE ANCORA C’E’ LA PENA DI MORTE.
SE POI GLI ITALIANI SI RICORDERANNO CHE TU SEI ANCHE IL “CAPO” DI SCIENTOLOGY, E CHE IL PROTAGONISTA DEL TUO POTENZIALE FILM, E’ IMPUTATO NELLE VICENDE CHE VUOI PORTARE SULLO SCHERMO, CI SI CHIEDERA:”MA CHI GLIELO FA FARE?”
ED IO AGGIUNGO: “SEMPRE CHE LA GIUSTIZIA ITALIANA CONSENTA QUELLO CHE POTREBBE APPARIRE L’ENNESIMO DEPISTAGGIO E FAVOREGGIAMENTO …”.
Sinceramente non ho mai ritenuto di dover accogliere e valutare offerte anche molto vantaggiose, sia sul piano economico sia anche sul piano della notorietà.
Volevo portare a termine la mia accurata indagine giornalistica, volevo aggiungere l’ultimo tassello a quello che appare oggi un mosaico terrificante, perfetto, un incastro inimmaginabile di situazioni apparentemente scollegate ma tutte tenute insieme da fili invisibili, fili riconducibili ad un’unica organizzazione internazionalmente ramificata, una storia intessuta di trame, dove forse il Mostro di Firenze, come persona fisica, è la figura meno interessante, una mente malata di vendetta, un millantatore capace di procurarsi la solidarietà di nomi altisonanti, ma pur sempre un mediocre assassino.
Tuttavia, un provocatore, uno che ancora oggi si ciba, come fosse una droga, di attacchi alle nostre Istituzioni, e lo fa senza pudore alcuno, lo fa con sfregio alla memoria delle stesse sue vittime, perché così come non dà alcun valore alla sua vita, nemmeno la vita altrui merita di essere rispettata.
Ho riflettuto a lungo, su come avrei un giorno portato sullo schermo questa drammatica pagina, e sinceramente non ho mai pensato di ripercorrere ciò di cui la gente è stanca e nauseata, i delitti, i luoghi dove furono trovate le vittime, il sangue….
No, alla fine ho deciso e firmato il contratto….
Questo film racconterà la verità, racconterà come la Giustizia italiana sia stata per quarant’anni vittima non solo della furbizia di un uomo, ma soprattutto vittima di una “cupola occulta”, potentissima, cui accedono menti deviate, malate, ma il cui grado intellettivo supera la “genialità”.
In questo film, si intende riscattare quella Giustizia italiana che altri vogliono offendere, e si intende smascherare proprio costoro, si intende mostrare i veri motivi per cui dagli Stati Uniti c’è qualcuno che medita una attentato alle nostre Istituzioni.
Sarà di sicuro sconvolgente ascoltare le tante intercettazioni disposte a carico di chi ancora oggi, per la Legge italiana è imputato, e dei tanti complici, gente che assai superficialmente viene a Roma, e non sa di sedersi a tavola col Mostro di Firenze, così come, forse, non lo sa nemmeno il gestore di un’antica Osteria in quel di Trastevere…
Un giorno si dirà: “E pensare che qui veniva spesso a mangiare, insieme a qualche americano, e pure qualche fiorentino… e chi lo avrebbe immaginato?”
Un paio di settimane fa, di notte, qualcuno ha tentato di entrare furtivamente nella mia redazione, ma è dovuto scappare, dopo aver rotto una porta essendo entrato dal giardino, perché l’idiota non aveva messo in conto che sarebbe scattato l’allarme.
I Carabinieri di zona, accorsi, dopo aver perlustrato i locali, si sono resi conto che l’interesse del “ladro”, poteva essere unicamente quello di appropriarsi di documenti “scottanti”…
Ed ecco perché insisto a definire il Mostro come un povero idiota, forse accecato dalla paura di finire, prima o poi, i suoi giorni in galera, un idiota che non pensa che i documenti che lo riguardano da vicino e che finalmente li conoscerà a breve, tra i tanti spettatori del mio film, quei documenti sono da tempo al sicuro….
Ma il “Mostro” ha sempre avuto la mania di lasciare impronte dappertutto, lui e la sua volgare manovalanza, che come risulta sembrano essere più presenti a Roma che nelle colline insanguinate di Firenze.
Vorrei tanto chiedere a Tom Cruise: “ Ma lei, che ha un nome famoso, non sente il bisogno di accertarsi personalmente e documenti alla mano di come stiano realmente i fatti, prima di rischiare lo scivolone più clamoroso della sua carriera?
Perché, non si incontra con me, Gabriella Carlizzi, tanto più che ora rappresento una concorrenza sul grande schermo e di certo, in tema di Regia e di Produzione, non inferiore a quanto lei ha messo in campo per Spezi Mario?
Forse non sa che chi farà il mio film, ha già in passato conquistato l’Oscar?”
E IL GUP PAOLO MICHELI E’ COSTRETTO A RINVIARE L’UDIENZA AL 4 FEBBRAIO 2009, PERCHE’LA MEMORIA DI QUALCUNO… E’ TARDIVA (?)…OPPURE ?
E L’INCHIESTA SI ARRICCHISCE: L’AVVOCATO FILASTO’ GUADAGNA UNA QUERELA, MENTRE IL GIORNALISTA - “MOSTROLOGO” HA CONQUISTATO UNA CONDANNA IN PRIMO GRADO….
PECCATO CHE LO SFORTUNATO RIAFFIORATO DALLE ACQUE DEL TRASIMENO, IN QUEL LONTANO 13 OTTOBRE DEL 1985, PUR AVENDO IN TASCA I DOCUMENTI DI NARDUCCI PRESENTO’ LINEAMENTI DEFINITI TIPICI DEL NEGROIDE... CAPITA…
E SPERIAMO CHE IL “DOTTORE CHE VENIVA DA FUORI”, COSI’ LOTTI DEFINI IL MEDICO PERUGINO DURANTE IL PROCESSO A CARICO DEI COMPAGNI DI MERENDA, NON SI SIA OFFESO DI TALE VOLGARE SCAMBIO, LUI CHE DAL 9 OTTOBRE DI QUELL’ANNO ERA GIA’ PASSATO AD ALTRA VITA…. CHI LO “GIUSTIZIO’ ” ?
EPPURE UN VENTICELLO DI PACE SEMBRA ALEGGIARE TRA FIRENZE E PERUGIA… CANESSA E MIGNINI , ORA LIBERI DA FIGURE “TROPPO INGOMBRANTI” RITROVERANNO LA SINTONIA DI UN TEMPO?
NOI CE LO AUGURIAMO…. E PER IL MOSTRO INIZIA IL TEMPO DELLA PAURA…
E torniamo a parlare di Mostro… ma anche di mostruosità….
Tanto per fare il punto della situazione, è bene ricordare che a seguito della richiesta di rinvio a giudizio presentata molti mesi or sono dal Pm Giuliano Mignini a carico di ben ventidue eccellenti imputati, personaggi accusati di reati gravissimi dall’associazione per delinquere a gran parte del codice penale, il GUP di Perugia, Paolo Micheli ha già celebrato due udienze per stabilire se i risultati delle indagini svolte dagli inquirenti dal 2001 ad oggi, meritano di essere dibattuti in un processo, oppure si dovranno accogliere le richieste dei difensori che auspicano il proscioglimento da ogni responsabilità dei loro assistiti.
Questa seconda ipotesi appare in verità assai improbabile, e semmai si verificasse, sul piano della pubblica opinione si rivelerebbe assolutamente impopolare, atteso che, se è vero che vige il concetto di presunzione di innocenza fino ad una sentenza definitiva, nel caso specifico oltre ai riscontri investigativi, si sono espressi periti di chiara fama, non da ultimi i Ris, per non parlare delle intercettazioni telefoniche “reo-confesse”…
E si, esistono anche i telefoni che parlano, temono, si confidano, complottano, svelano, piangono….
Precursore fu il celebre Modugno con le note di “Piange il telefono…”, quando ancora, in una società più sana lo strumento giudiziario delle intercettazioni rimaneva inutilizzato.
Già, le telefonate “reo-confesse”… e la lingua batte dove il dente duole, visto che ieri le eccezioni sollevate dagli illustri difensori miravano proprio ad ottenere un decreto di inutilizzabilità delle intercettazioni disposte dal Pubblico Ministero.
Come dire, arrivederci e grazie, possiamo andarcene tutti a casa, visto che l’omertà di chi sa e ancora non parla non è strumento di prova, o meglio è la migliore garanzia per i colpevoli.
Un caso giudiziario di questo spessore, che ha coinvolto i mass-media di tutto il mondo, che ha visto decine di vittime ancor oggi in attesa di giustizia, mentre mostro, mostri e mostruosità tentano ancora di mettere il bavaglio alla verità, un caso che sta costando allo Stato e quindi agli italiani cifre che avrebbero potuto coprire il debito pubblico, al di là di un verdetto finale, deve necessariamente disporre un giudizio per tutti i presunti colpevoli.
Ciò non toglie il sacrosanto e legittimo diritto della difesa ad usare ogni strumento previsto dai codici a favore degli imputati, tuttavia sarebbe più etico un comportamento conforme al buon senso nel rispetto della norma, e soprattutto dei termini in cui il ricorso alla norma non desterebbe alcun sospetto.
Al contrario, quando taluni presunti vizi procedurali sfuggono ai più qualificati “Principi del Foro” nei tempi utili, i quali poi, in extremis li eccepiscono tardivamente, le domande di una attenta pubblica opinione, diventano inquietanti e pesano come macigni.
Basterebbe osservare il tempo che gli imputati e i loro difensori hanno avuto a disposizione per accedere agli atti del procedimento, per chiedersi come mai, fin dalla prima udienza, non hanno contestato le presunte irregolarità delle intercettazioni telefoniche?
L’osservazione è ancor più legittima se si pensa che nell’udienza precedente, il GUP dottor Micheli, sentite tutte le parti in causa, procedeva alla nomina e alla convocazione all’udienza di ieri, 21 gennaio, di un perito fonico il quale avrebbe assunto formalmente l’incarico di sbobinare le intercettazioni ed eventualmente riscontarne la loro integrità.
E’ ovvio, che se fossero state sollevate in quella sede le eccezioni avanzate invece solo ieri, il Giudice si sarebbe riservato di decidere nel merito, e solo dopo aver sciolto la sua riserva avrebbe proceduto a nominare il perito.
Esiste ancora l’etica deontologica nella materia forense?
O forse è un valore d’altri tempi?
La prima mancanza di rispetto è stata a parer nostro proprio verso il Giudice, il quale si è dovuto scusare ieri con il perito, e rimandarlo a casa, dovendo prima decidere se le intercettazioni “galeotte” possono essere utilizzate oppure no.
Ma vediamo su quali specchi ci si è arrampicati, sia pure con toni sommessi e che hanno sfiorato il patetico quando si è sottolineata la violazione della privacy per un tempo così prolungato e di persone tanto per bene…
Peccato che queste “povere” persone, quando furono interrogate dagli inquirenti negarono tutto ciò che si sono vicendevolmente confidato nel corso di conversazioni telefoniche che oggi si vorrebbero vanificare nel nulla…
E con quali motivazioni?
Sembrerebbe che in alcuni casi manchi la convalida del Gip alla articolata richiesta presentata dal Pubblico Ministero.
In altri casi, poiché lo strumento delle intercettazioni è stato richiesto utilizzando un apposito modulo prestampato, roba d’altri tempi, dicono i difensori (!), mentre la norma attuale prevede una relazione che espliciti le gravi motivazioni della richiesta, tale vizio di forma deve bastare per sancire la non utilizzabilità delle “prove”!
Tentiamo, da semplici e privati cittadini, di esprimere la nostra opinione.
Innanzitutto, come già detto, queste eccezioni dovevano e potevano essere sollevate prima che il GUP procedesse alla nomina di un perito.
In secondo luogo, quando gli atti del Pubblico Ministero sono stati depositati e divenuti accessibili per le parti in causa, tutti hanno per molto tempo abbondantemente messo le mani nei fascicoli, estratto fotocopie, cercato documenti, nell’ambito di una grande stanza che a malapena contiene le risultanze di anni ed anni di indagini, migliaia di carte , in un caotico disordine tale da poter supporre che qualcosa sia andato perso, o spostato da un fascicolo ad un altro, o malauguratamente possa essere stato perfino sottratto da qualche “manina” interessata.
E dunque, in un quadro simile, dovrebbe essere la ricerca della verità a farne le spese?
Ma scherziamo?
Di contro alle eccezioni sollevate dalle difese, anche il Pubblico Ministero potrebbe a buon diritto presentare una denuncia contro ignoti per manomissione di atti processuali, non vi pare?
E sarebbe una denuncia ancor più motivata se si sottolineasse l’anomala e tardiva presentazione della richiesta di non utilizzabilità delle intercettazioni, atteso che se nessuno ha avuto nulla da eccepire prima della nomina del perito, e deve darsi per scontato che gli atti fossero passati tutti al vaglio dei difensori, non si comprende l’improvviso “ritorno di memoria”
Naturalmente tali “disguidi” costano, se solo si pensa in termini monetari al peso di prenotazione di un’aula per lo svolgimento di un’udienza, alla messa a disposizione del personale di udienza, alle trasferte di coloro che vivono e lavorano fuori da Perugia, e così via.
In tale clima, c’è da attendersi l’inizio della girandola dei certificati medici, proprio come accadeva nei maxi processi di Mafia: quando gli imputati sono tanti, basta che uno solo avanzi un legittimo impedimento a partecipare all’udienza, che l’udienza stessa deve essere rinviata.
Con quali conseguenze?
Semplice: la macchina del tempo non si ferma, e i tempi di prescrizione dei reati quando i tempi della giustizia rallentano, si rivelano un favore per gli imputati, in spregio della verità e della memoria delle vittime.
Nel caso specifico, mi piace richiamare l’attenzione dei lettori anche su un altro aspetto: la coerenza di una strategia di difesa.
Ora, come ricorderete, un procedimento connesso a questo di cui si parla, riguarda i mandanti e/o esecutori dell’omicidio di Francesco Narducci.
Ebbene, il Pubblico Ministero, anche a causa di incresciosi intralci alle indagini, ha ritenuto di chiedere l’archiviazione del procedimento per insufficienza di prove.
Ora, gli indagati, anziché “festeggiare” per essere scampati al pericolo di un altro processo, si sono opposti all’archiviazione, reclamando a gran voce l’assoluta chiarezza sulla loro totale estraneità ai fatti loro contestati, fatti seppure non sufficienti per celebrare un processo, ma sempre fatti che lasciano dubbi.
In questa circostanza sono venuti a trovarsi in perfetto accordo sia gli accusati che le parti offese, queste ultime invece protagoniste delle ormai famose intercettazioni.
Dunque, fin qui la logica della chiarezza e della trasparenza, perché in questa drammatica vicenda non resti nemmeno l’ombra di un dubbio sembrava prevalere.
Chissà perché poi, in conformità con questa scelta di campo, non si è lasciato che un Giudice sancisse l’innocenza degli imputati avvalendosi di tutto il materiale prodotto dagli inquirenti, intercettazioni comprese.
Si è deciso invece di far valere “cavilli” procedurali allo scopo di vanificare la sostanza e il contenuto delle intercettazioni.
Ma un’altra domanda è d’obbligo, se solo proviamo a ribaltare la nostra critica.
Allora dovremmo chiederci perché mai i difensori, convinti di nullità procedurali, non hanno atteso di avanzare le relative eccezioni, in caso di condanna dei loro assistiti, nella sede della Corte di Cassazione?
La Cassazione è appunto la sede atta a stabilire gli elementi di nullità e i vizi di procedura rilevati nel corso di un dibattimento, nei due gradi precedenti.
La storia ci ha insegnato che personaggi di chiara fama, condannati perfino e forse direi soprattutto, per reati di Mafia o terrorismo, o stragi, in primo grado e in Corte d’Appello, sono stati poi assolti dalla Cassazione, magari perché un timbro su una notifica era stato apposto a destra invece che a sinistra…
Insomma, spesso è bastato il vizio procedurale, per assolvere incalliti e pericolosi criminali.
In questi casi, avvocati di primo piano, pur consapevoli della presenza di elementi di nullità, non li eccepivano durante il processo, ma preferivano arrivare in Cassazione e veder cassare la sentenza di condanna dei loro assistiti.
Ora, tornando al caso in questione, e analizzando le strategie difensive, sembrerebbe che si tema qualcosa che è ancora in essere, in divenire, insomma le eccezioni avanzate, potrebbero paradossalmente apparire “precoci”, come se dovessero precedere chissà quali e gravi ulteriori colpi di scena.
Qualcuno si chiederà: come mai “la Carlizzi” ha ritenuto di analizzare certi comportamenti da punti diametralmente opposti? E la domanda sarebbe pertinente.
Infatti il motivo che mi ha spinto a considerare anche questo ultimo aspetto, è scaturito dalla ripetuta asserzione dei difensori relativamente al sottolineare al Giudice che le eccezioni da loro avanzate si riferivano solo alle intercettazioni di loro stretta pertinenza, dissociandosi da analoghi interessi di altri imputati, come ad esempio Mario Spezi.
Questa precisazione ieri è stata fatta tante di quelle volte che effettivamente mi sono chiesta: “Ma che bolle in pentola? Forse vogliono prendere le distanze, perché Spezi è stato condannato in primo grado, nel processo a suo carico per essere stato scoperto con il registratore mentre era interrogato dal Pubblico Ministero dottor Mignini? Forse temono che le intercettazioni disposte a carico di Spezi siano compromettenti per il caso Narducci? O forse sanno che chi effettuò alcune indagini fu anche testimone di fatti capaci di chiarire fino in fondo la storia del Mostro di Firenze, e pertanto anche delle vicende connesse alla morte di Francesco Narducci? “
Ecco che in questa diversa ottica, le strategia di difesa attuata ieri, avrebbe un fondamento più eloquente, come dire “Anche se stiamo tutti nella stessa barca, sarà meglio che ciascuno remi da solo e per salvare la propria pelle”.
Avete letto nei titoli di questo articolo anche di una querela.
Ebbene si, l’ho presentata ieri insieme al mio avvocato Carla Archilei contro il difensore di Mario Spezi, Nino Filastò.
Infatti costui, alla scorsa udienza presentò una memoria che aveva depositato anche in un altro in procedimento in essere a carico del suo assistito, nella quale l’illustre avvocato ha messo nero su bianco, firmando in prima persona, calunnie e offese di ogni genere nei miei confronti.
A parte il fatto che non si capisce bene come in questa clamorosa vicenda giudiziaria, gli imputati anziché difendersi dai fatti loro contestati, se la prendono con me e con i Magistrati che semmai hanno trovato i necessari riscontri a quanto da me riferito in veste di persona informata sui fatti.
Invece no: i fatti non li sfiorano neanche, e il perché lo sanno fin troppo bene, loro preferiscono attaccare la mia fede religiosa come cattolica convinta, toccando il fondo quando si esprimono come nemmeno il peggiore degli uomini si azzarderebbe.
Evidentemente devo diventare ricca con il risarcimento dei danni che naturalmente pretenderò da chiunque leda la mia immagine e la mia credibilità.
E sempre nei titoli, ho fatto riferimento al pentito Lotti…
Sulle cause della sua morte il dubbio mi è sempre rimasto dal giorno in cui ne venni a conoscenza.
Infatti poche ore prima che Lotti passasse ad altra vita, io mi trovavo a Firenze, e proprio durante un interrogatorio con il dottor Canessa, espressi l’opportunità di un nuovo interrogatorio del “Katanga” (soprannome di Lotti), in quanto mi era giunta la “soffiata” che costui avrebbe fatto ufficialmente il nome di quello che chiamava “ un dottore che veniva da fuori”.
Ricordo perfettamente che il dottor Canessa quando gli prospettai questa eventualità mi rispose: “Signora, è proprio quello che ho deciso di fare, un giorno di questi intendo andare a interrogare Lotti”.
Bè, il destino, o forse chissà il “Grande Orecchio” provvide all’eliminazione di Lotti, il quale era si malaticcio ma forse non al punto di morire su due piedi, se il dottor Canessa voleva interrogarlo…
Se a questa ennesima stranezza aggiungiamo il fatto che il trafiletto uscito su un quotidiano il giorno dopo la morte di Lotti, era stato oggetto di un racconto di un noto scrittore pubblicato due anni prima la morte dello stesso Lotti, allora chi di dovere farebbe bene a riesumare la salma del Katanga e accertare le reali cause della sua morte….
Quel racconto è ben custodito, con tanto di data di pubblicazione, e lo si può comparare con il trafiletto del quotidiano che annunciava la morte di Lotti, e ambedue questi documenti li metto fin da ora a disposizione dell’Autorità Giudiziaria qualora mi siano chiesti.
Certo è che accostando il nome dell’autore del racconto a quello di chi scriveva sul quotidiano, sapendo che ambedue questi nomi figurano nel processo relativo al “caso Narducci”, si può avanzare l’ipotesi che Lotti quando diceva di “un dottore che veniva da fuori” si riferisse proprio al gastroenterologo di Perugia.
Nessuna certezza, ma tante ipotesi, tutte, a mio avviso, meritevoli di essere approfondite.
E veniamo al “venticello di pace” che sembra aleggiare tra Firenze e Perugia.
Una realtà è indiscutibile.
C’è stato un tempo in cui i due Magistrati, Canessa e Mignini, lavoravano gomito a gomito, in perfetta sintonia e con tanto rinnovato entusiasmo, convinti di poter finalmente onorare le vittime del Mostro di Firenze.
Purtroppo, occulte ragioni e comportamenti conseguenti da parte di “ragioni di Stato” deviate, e collocate in soggetti al servizio dell’antistato, hanno rotto l’armonia tra questi due uomini, degni di rappresentare una bella pagina della Giustizia italiana.
In questo caso giudiziario, senza precedenti al mondo, il barlume della verità si iniziò a vedere solo quando alle indagini di Firenze furono collegate quelle di Perugia, e in quello stesso momento ci si attivò per stroncare il lavoro congiunto dei due magistrati.
Le conseguenze si sono immediatamente viste, basti pensare alla assoluzione del farmacista Calamandrei, ritenuto dagli inquirenti figura chiave in concorso con altri, e di collegamento tra la morte di Francesco Narducci e i delitti delle coppiette.
Ecco che gli stessi delegati alle indagini che nel 1998 avevano fatto giungere sul tavolo del dottor Canessa, la totale estraneità di Calamandrei dai delitti del Mostro, considerando che il farmacista era nuovamente caduto nel mirino degli inquirenti, hanno pensato di addebitargli tanti di quegli indizi di colpevolezza che il PM di Firenze lo ha portato alla sbarra con l’accusa di essere lui, il Calamandrei, il mandante dei duplici delitti.
E come sempre accade, di fronte ad una accusa abnorme se carente del suo anello di congiunzione tale da costituire prova certa, il processo si è concluso con l’assoluzione del Farmacista di San Casciano Val di Pesa.
Domanda: “Siamo certi che le cose sarebbero andate ugualmente se i due Magistrati si fossero scambiati serenamente i risultati delle loro indagini?”
E allo stesso modo, l’inchiesta sul “caso Narducci” sarebbe tanto più forte e inattaccabile se completata da atti giudiziari che sono nella disponibilità del magistrato fiorentino.
E se il Mostro di Firenze, fosse una Bestia a tre teste, di cui una sola è morta e le altre due ancorasono vive e capaci di cibarsi delle vite altrui?
Spero che l’aver fatto il punto della situazione, si riveli utile a chi ancora crede nella Giustizia.
Giovedì 22 Gennaio 2009
Gabriella Pasquali Carlizzi
Descrizione Fotografie (dall'alto al basso)
“CASO NARDUCCI – MOSTRO DI FIRENZE” : E IL PARADOSSO SUPERA I LIMITI DELLA TOLLERANZA, E SI TARSFORMA NELL’AUTOGOL CHE PRECEDE INEQUIVOCABILMENTE LA VITTORIA DELLA PUBBLICA ACCUSA….
QUESTI I PERSONAGGI…
POI IL COLPO DI SCENA: PRESUNTE VITTIME E PRESUNTO ASSASSINO VOGLIONO LA STESSA PRESUNTA VERITA’, QUELLA LORO, NON CERTO QUELLA DELLA GIUSTIZIA!
A CHI FA PAURA “L’INSUFFICIENZA DI PROVE”?....
Ma il Dottor Mignini è ormai fin troppo allenato, e Spezi stia pur tranquillo che potrà sfogare il proprio livore all’infinito, potrà profferire offese, volgarità, minacce, a lui tutto sarà consentito, in termini di libertà di stampa e di libertà di parola.
Il PM Mignini non querelerà l’eccellente imputato, anche se non è detto che non vi siano diverse Autorità Giudiziarie, che potrebbero agire nel caso se ne presentasse l’occasione.
Ma non sarà Mignini, perché questo Magistrato in nome della Giustizia non si lascerà sfuggire di mano, un personaggio tanto famoso da aver catturato perfino l’interesse del cinema hollywoodiano…sempre che Tom Cruise, non decida di prendere le distanze e rinviare a data da destinare il troppo pericoloso progetto di portare sul grande schermo il “Mostro di Firenze”…
Troppe grane per le logiche degli americani e soprattutto per chi potrebbe essere censurato dalla severa “setta” di Scientology, che considera il bell’attore una star di tutto rispetto.
Ma cerchiamo di capire quale era la materia del contendere in questa udienza a dir poco “sonora”, sull’onda delle percussioni tribali sostituite per l’occasione da pugni sui banchi di fronte alla Giudice Marina De Robertis, che esausta ha rinviato l’incontro sul ring al 17 novembre prossimo.
Perché mai gli animi si sono tanto scaldati?
Dobbiamo ricordare che quando il Pm aprì il fascicolo per l’omicidio di Francesco Narducci, in un primo momento contro ignoti, successivamente a carico di Mario Spezi più altri, si è trovato nella circostanza di essere in procinto della scadenza dei termini, che avrebbe portato ad una archiviazione d’ufficio, mentre ancora le prove necessarie per andare ad un dibattimento non erano all’epoca sufficienti.
E dunque, poiché il reato di omicidio non va mai in prescrizione, il Dottor Mignini valutò intelligentemente, di precedere la scadenza dei termini e di chiedere egli stesso l’archiviazione del procedimento, motivando la sua richiesta , appunto, per insufficienza di prove.
In tal modo seppure archiviato, quel fascicolo avrebbe potuto sempre essere riaperto, nel caso che si fossero aggiunti nuovi elementi tali da rendere le prove sufficienti e meritevoli di essere dibattute in un Processo.
Per gli indagati una soluzione del genere sarebbe come vivere col fiato sospeso, e magari svegliarsi una mattina e leggere sui quotidiani che “la Carlizzi si è presentata al Magistrato e ha prodotto quanto ha preferito in precedenza non produrre, al fine di non rischiare che il frutto delle proprie ricerche si perdesse tra la mole di materiale forzatamente “acquisito” in corso della perquisizione disposta dagli inquirenti di Firenze a carico del collega perugino e nei luoghi di sua pertinenza”.
E “la Carlizzi” ancora oggi si congratula con se stessa, per aver posto in salvo, materiale tanto importante che sarà meglio, a questo punto, produrre direttamente nel corso di un’udienza, quando i riflettori dei mass madia internazionali immortaleranno ciò che nessun potere occulto potrà più vanificare.
Se poi, le circostanze procedurali, esigessero che io produca anzitempo, al Pubblico Ministero quanto è al sicuro e in mio possesso, il Magistrato sa che io resto comunque a disposizione della Giustizia.
Inoltre alla luce di taluni comportamenti, penso che chi di dovere tema per la mia stessa incolumità, ed anche per quella del Dottor Giuttari, e dunque non possiamo escludere che sia disposto un altro incidente probatorio che mi consenta di assicurare alla Giustizia, quanto avrà valore di prova in un eventuale dibattimento, qualora per quel tempo io sia stata uccisa.
Se parlo apertamente è perché ormai salta agli occhi di tutti la pericolosità sociale di chi pensa di sfidare con provocazioni senza precedenti, lo Stato nei suoi rappresentanti, comportamento tipico di chi è consapevole di non aver più nulla da perdere, o di poter contare impunemente sull’antistato criminale, o del tutto inconsapevole è egli stesso vittima della propria follia.
In altri tempi, per soggetti di questo tipo sarebbe stata disposta una perizia psichiatrica, nell’interesse della persona stessa e di quanti da troppo tempo ormai subiscono pubbliche offese e finanche provocazioni per uno scontro fisico, (“Vieni fuori, che io sono capace anche a menare…”), al punto che nonostante fatti incresciosi e tutti documentati con relative registrazioni, si siano verificati in presenza di Autorità Amministrative e Politiche del territorio in cui avvenivano, gli stessi “addetti ai lavori” hanno ammesso di essere spaventati nonché meravigliati che episodi di inaudita gravità passassero per così dire “in sordina”.
Ora però, dall’udienza del 10 ottobre scorso, il problema è emerso in tutta la sua gravità, e personalmente sono certa che non potrà essere più ignorato, anche in considerazione dell’udienza preliminare fissata per il 12 dicembre davanti al GUP Dottor Micheli, il quale oltre che essere un uomo, non permetterebbe mai che offese a toghe e divise vengano profferite in un’Aula di Giustizia.
Senza nulla togliere, in questa mia considerazione alla Giudice Marina De Robertis che ha presieduto l’udienza del 10 ottobre, ma quando si leggerà sulla mia Trilogia, lo sbobinamento delle registrazioni di alcune conferenze, nel corso delle quali questa Giudice integerrima è stata definita nel peggiore modo che si possa offendere una donna, allora si comprenderà anche la prudenza che la stessa attua in situazioni esplosive come quella in cui è venuta a trovarsi.
C’è anche da considerare che la Giudice De Robertis viene da una cultura là dove non si è abituati a scontri violenti da parte di imputati che trovano il coraggio di offendere gli inquirenti in un’Aula di Giustizia, e quand’anche tali eventi si verificano, ancora oggi, l’amministrazione giudiziaria del sud-Italia, non esita ad espellere dall’aula chi si rende responsabile di taluni comportamenti.
A volte anche a Firenze si è ricorsi a certi provvedimenti.
Anzi ricordo che ero io stessa nell’Aula dove si celebrava il processo a carico del compagni di merenda, quando Vanni iniziò a profferire offese di ogni genere contro il PM Dottor Canessa, e questi, ad un certo punto, non potendone più, chiese al Presidente l’allontanamento del “Torsolo” di San Casciano Val di Pesa, e il Giudice non esitò un istante, tanta era la vergogna di un simile comportamento.
Certe volte sembra di ricordare i tempi delle Brigate Rosse, quando dalle gabbie, i brigatisti lanciavano i loro anatemi, o anche i tempi dei maxi-processi di Mafia, allorchè Totò Riiina sbatteva in faccia ai Giudici il proprio potere per nulla scalfito dalla detenzione.
Lui comunque anche da dietro le sbarre, rimaneva il vertice della organizzazione criminale e riusciva a tenere il controllo di tutto e tutti grazie ai difetti dell’amministrazione penitenziaria del tutto inadeguata per la sofisticazione del crimine stesso.
Nel caso di Perugia, la situazione è a mio avviso più allarmante, e forse richiede davvero che si verifichi in ambiente sanitario se taluni comportamenti siano la conseguenza di pregressi stati patologici o di dipendenza , o vadano classificati nell’ambito delle reiterazione tipica della delinquenza abituale.
In ambedue i casi, dovrà essere valutato il grado di pericolosità sociale per i provvedimenti utili alla salvaguardia della incolumità di tutti.
L’udienza del 10 ottobre ha comunque messo in evidenza molti altri aspetti che meritano un approfondimento anche da un punto di vista giornalistico.
Soffermiamoci dunque sull’opposizione che la famiglia di Narducci ha presentato contro la richiesta di archiviazione del fascicolo a carico di Mario Spezi più altri, indagati quali presunti autori dell’omicidio di Francesco Narducci.
La famiglia del medico, chiede che si giunga ad una verità sostanziale, ma non “qualunque essa sia” come hanno scritto alcuni giornali, la famiglia non chiede in tale opposizione che la Giustizia faccia il proprio corso serenamente, bensì dice che poiché l’unica verità è quella che il Narducci morì per disgrazia o per suicidio, pretende che a mettere una firma preventiva su tale loro convinzione sia addirittura la Pubblica Accusa che, in definitiva dovrebbe modificare la motivazione della richiesta di archiviazione.
Vale a dire, in parole semplici, che l’insufficienza di prove dovrebbe trasformasi in una totale insussistenza dei fatti contestati.
E il fine è chiaro, nel senso che una motivazione del genere annullerebbe qualunque collegamento tra la morte del medico perugino e i duplici delitti di Firenze.
Mi chiedo: “Se io fossi il genitore di un figlio sulla cui morte fin dal primo momento sono stati avanzati sospetti pesanti come macigni, il fatto stesso che da parte degli inquirenti si sia giunti alla richiesta di archiviazione per insufficienza di prove, a carico però di persone ben note, e già imputate per reati connessi nel processo che dovrà chiarire proprio tutto ciò che si svolse intorno alla morte del gastroenterologo, io genitore semmai collaborerei con la Giustizia, e forse ciò che al momento è stato ritenuto insufficiente, potrebbe fortificarsi.
Insomma, se un Magistrato sospetta che “Tizio e Caio” abbiano ammazzato mio figlio, io mi metto dalla parte del Magistrato, e semmai faccio di tutto per aiutarlo a recuperare quanto basterà a giustificare un dibattimento.
E se poi, in sede processuale, dovesse emergere che mio figlio fu ucciso perché in qualche modo collegato con quanto è attribuito al cosiddetto “Mostro di Firenze”, è pur vero che io sono e resterò sempre davanti alla Giustizia e alla opinione pubblica il genitore di una vittima e in quanto tale non colpevole, e non punibile.
E siamo certi che la tra i familiari di Narducci non vi sia qualcuno che magari si frequentava e conosceva qualche familiare degli indagati come presunti autori dell’uccisione del “dottore che veniva da fuori”, come lo indicava Giancarlo Lotti?
Possiamo davvero escludere che due mamme, non si siano mai incontrate, magari lungo lo stesso percorso , ai tempi in cui assolvevano a determinate mansioni?
Il destino a volte è crudele, e seppure può apparire fantasiosa l’ipotesi che la madre del presunto assassino sia stata amica della madre della presunta vittima, tuttavia resta pur sempre un’ipotesi da non scartare.
E di qui, sarebbe verosimile affermare che anche i due rispettivi figli si conoscessero e si frequentassero.
E allora, l’opposizione della famiglia Narducci, è forse strumentale ad evitare che ciò che oggi è insufficiente diventi invece, da un momento all’atro più che sufficiente per chiedere il rinvio a giudizio per “Tizio e Caio”?
Oppure dobbiamo sospettare che anche nell’eventualità che “Tizio e Caio”vadano alla sbarra per l’omicidio Narducci, già si conosca la sentenza, magari anticipata da qualche “veggente” cui sembra che i familiari stessi della vittima si rivolsero quando scomparve quell’8 ottore del 1985?
A mio parere, sempre pronta a riconoscere di aver sbagliato, l’iniziativa processuale della famiglia Narducci, potrebbe aver indotto nella Magistratura dubbi ancor più gravi, nel momento stesso che la loro opposizione alla richiesta di archiviazione, paradossalmente difende chi è sospettato di aver ucciso il loro figlio, oltre che lasciare la sgradevole sensazione di avere qualche interesse personale, atteso che, seppure in questo procedimento la famiglia Narducci è parte offesa, nel procedimento principale sono invece imputati per reati associativi e molto gravi.
Almeno, vista dall’esterno, questa mossa dei Narducci, innesca più dubbi di quanti non ve ne siano sulla morte del gastroenterologo, e davvero potrebbe rivelarsi un boomerang….
Analizziamo ora la posizione assunta dagli indagati, nemmeno loro soddisfatti che l’archiviazione del procedimento relativo ai reati loro ascritti, sia stata motivata dalla “insufficienza di prove”.
Anche loro sanno bene che da quando i rapporti tra la Procura di Firenze e quella di Perugia si sono rotti, qualcuno ha provveduto a mettere al sicuro ulteriori prove a loro carico, senza più depositarle agli atti del Pubblico Ministero, riservandosi di produrle in tempi più sereni.
Dunque, perché invece di accendere una candela alla Madonna di Fatima, si pretende che venga modificata la motivazione della richiesta di archiviazione?
E’ la solita strategia cui si ricorre per convincere Magistrati e Giudici che non si ha nulla di che temere?
Oppure, anche in questo caso, si “sfida” la Giustizia, pretendendo un dibattimento di cui già si conosce l’esito più che favorevole, grazie alla “soffiata” della “Sibilla Cumana”?
E perché allora ci si arrabbia tanto, al punto da far crescere il cumulo dei reati ascritti di cui già si è chiamati a rispondere?
Se io mi sentissi davvero perseguitata ingiustamente, in ordine a una richiesta di archiviazione, che al di là della motivazione, va a mio favore, alleggerendomi il peso dei carichi pendenti, semmai mi opporrei alla opposizione della famiglia Narducci, non certo alla fortuna di un procedimento a mio carico di cui il mio “persecutore” ha chiesto l’archiviazione.
Non vi pare?
E allora, anche immedesimandosi negli indagati per l’omicidio Narducci, la strategia processuale scelta, non fa altro che indurre nuovi ed inediti sospetti, come se gli interessi dei presunti colpevoli e gli interessi delle presunte parti offese, andassero a braccetto in un’unica misteriosa direzione.
La prudenza, oltre che il decoro, consiglierebbero almeno all’apparenza di assumere posizioni opposte, se solo ci si rendesse conto che in questa intricata e maleodorante storia, almeno le stelle stanno a guardare….ma non solo le stelle, credetemi…..
Domenica 12 Ottobre 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi
E IL MOSTRO DI FIRENZE……INGANNA ANCHE GOOGLE !
La mossa dell’ultim’ora, seppure apparentemente “ridicola”, assume invece i contorni di una inquietudine per cui sarebbe opportuno che la Magistratura competente indagasse sull’origine dell’episodio che qui denunciamo.
Provate ad andare oggi sulle News di Google e digitate le parole : Mostro di Firenze. Constaterete subito i'articolo il cui titolo è: "Mostro di Firenze: Vanni condannato in Cassazione".
L’articolo è del “Quotidiano Nazionale” datato 25 settembre 2008.
La notizia sembra fresca e interessante, se non altro per il fatto che è noto a tutti che Vanni e i Compagni di Merenda furono già condannati in via definitiva molti anni or sono.
Dunque cliccate sul titolo e vi comparirà l’articolo riportato integralmente e pubblicato da “Quotidiano.net”, del Gruppo (La Nazione, Il resto del Carlino, Il Giorno), ma scoprirete sulla sinistra della pagina che la data reale di pubblicazione della notizia risale al 26 Settembre del 2000!
A questo punto scatta la nostra indagine, e ci avvaliamo di strumenti che fanno parte del segreto professionale. E cosa scopriamo? Sembrerebbe che “una manina”, magari con un guanto da chirurgo N.7, ha osato ripescare l’articolo dall’archivio, cambiargli la data, e immetterlo nel sistema del motore di ricerca, come se la notizia fosse attuale.
Resta da capire il movente di una mossa così azzardata di sofisticata pirateria informatica. Per noi che seguiamo ormai da tempo “il passo del Mostro”, la spiegazione è a dir poco elementare. Infatti, il “Super-Uomo” , temendo di scivolare definitivamente sul depistaggio architettato ad hoc, onde sviare le indagini su se stesso, prova a riesumare un’altra pista conclusasi con la condanna del suo compagno di bisbocciate ai tempi della goliardia, al fine di distrarre e confondere la pubblica opinione dall’attenzione che ormai converge senza scampo su di lui, grazie anche…all’America!
Naturalmente nessun accenno nell’articolo, a Perugia e a Francesco Narducci, e tanto meno ne parla Giuttari, che all’epoca ancora nulla si sapeva del terremoto giudiziario umbro in procinto di sollevare sulla verità del Mostro, il sigillo del “Segreto di Stato”.
Ma non basta. La mossa del “pirata” è anche un chiaro messaggio a Vanni…. Nella denegata ipotesi, che il “Torsolo” di San Casciano Val di Pesa, sia chiamato a riesumare i ricordi di gioventù, quando l’amico lo portava sulla macchina col tettuccio aperto e lui inneggiava al Duce, sventolando la bandiera e insieme al Farmacista si ispiravano alle zingarate del film “Amici Miei”…
E dove sono le prove di queste “zingarate”? Parola di Mario Spezi , basta leggere l’intervista rilasciata a Panorama il 2 Dicembre del 2004!
Buon lavoro agli Agenti della Polizia Postale …
La Redazione
“CASO NARDUCCI – MOSTRO DI FIRENZE”: E’ IL CASO DI DIRE: “POVERO TOM CRUISE!”…… SE SOLO AVESSE LETTO LE 28 PAGINE DELL’AVVISO DI FISSAZIONE DELL’UDIENZA PRELIMINARE CON RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO, PREVISTA PER IL PROSSIMO 12 DICEMBRE 2008 A PERUGIA…….C’E’ DA PENSARE CHE FORSE NON AVREBBE ACQUISTATO I DIRITTI D’AUTORE DEL LIBRO SCRITTO A QUATTRO MANI DA DOUGLAS PRESTON E MARIO SPEZI, PER PORTARE IL “LORO” MOSTRO SUL GRANDE SCHERMO HOLLYWOODIANO…….
MA SCOPRIAMO LE CARTE…… SPERANDO CHE IL “CORAGGIOSO” TOM, E L’EVENTUALE CASA DI PRODUZIONE DI UN ASSAI IMPROBABILE FILM, RIFLETTANO RESPONSABILMENTE ALLA LUCE DEI GRAVI FATTI GIUDIZIARI CHE INCOMBONO SU CIO’ CHE DOVREBBE COSTITUIRE IL SOGGETTO DEL “KOLOSSAL AMERICANO” …..
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“Caspita!” ho esclamato, “Mignini è andato avanti per la sua strada, non si è fatto intimidire… accidenti, solo a guardare i nomi degli imputati fa venire i brividi, per non parlare dei loro Avvocati, altro che “Principi del Foro”…. Sarà il processo del secolo… “
L’atto correttamente mi è stato notificato in quanto in questo procedimento io compaio tra le “Parti Offese”.
Si tratta dell’AVVISO DI FISSAZIONE DELL’UDIENZA PRELIMINARE (Art. 419 co.1 c.p.p. Il procedimento presso il Tribunale di Perugia porta i seguenti Numeri di riferimento : 4057/05 R.G. GIP e 2782/05 R.G. N.R.
GIP 4057/05 MP
E’ la richiesta di Rinvio a Giudizio avanzata dal PM dottor Mignini e per la quale il GIP , dottor Paolo Micheli ha appunto fissato l’Udienza Preliminare per il 12 Dicembre 2008 ore 10.00 presso il Tribunale di Perugia Sezione Penale, via XIV Settembre (Palazzo ex Enel) Aula udienza G.I.P. (Piano 2°).
Gli Imputati sono ben 22, tutti nomi illustri, d’origine o diventati tali grazie al “Mostro di Firenze”. I loro Difensori sono 32.
Le Parti Offese sono 35, compresa la sottoscritta, nonché il Ministero di Grazia e Giustizia, il Ministero dell’Interno e l’ex Capo del Gides.
I reati contestati agli imputati, sembrano sintetizzare l’intero Codice Penale, e sono tutti di inaudita gravità, specie per le caratteristiche associative, per le quali risulta ben delineato il profilo di una organizzazione composta da persone potenti, nomi già noti nella Massoneria deviata, nel giornalismo della carta stampata e della televisione dedito a depistare le indagini, nonché ad ingannare la pubblica opinione mediante lo strumento mediatico.
La calunnia aggravata per chi, non ancora sazio dei tanti procedimenti in corso, né di un mese circa di galera, ha coinvolto perfino gli Stati Uniti, pur di addebitare il titolo di “Mostro” ad un soggetto appartenente al cosiddetto “clan dei Sardi”, e ridare vita, senza riuscirvi, a quella che fu seguita per anni ed anni dagli inquirenti fiorentini e che prese il nome di “pista sarda”, per poi essere definitivamente archiviata e sollevata da qualunque implicazione con i delitti delle coppiette.
Purtroppo, la storia del “Mostro di Firenze” ha affascinato anche chi d’oltreoceano si è lasciato ingannare, grazie alla diffusione di notizie false, o falsamente interpretate da parte di una certa stampa, sposando in tal modo una tesi non solo, come già detto, vagliata in ogni minimo particolare e archiviata dalla stessa Magistratura, ma riesumata di recente, dall’abile mano di uno scrittore giallista, forse al solo scopo di sviare le indagini su se stesso, e i cui risultati hanno indotto il PM ad articolare una richiesta di rinvio a giudizio, per una serie corposa e pesante di reati commessi in concorso con altri.
In Italia si sa, vige comunque la presunzione d’innocenza, e pertanto fare riferimento al voluminoso plico di richiesta di rinvio a giudizio per i 22 indagati, non significa certo che costoro, in sede processuale, non conquistino una sentenza assolutoria, tuttavia, in un simile contesto sarebbe prudente astenersi da iniziative quale quella di Tom Cruise, che rischiano di essere bloccate.
Qualcuno spera che il GIP rigetti le richieste di rinvio a giudizio avanzate dal Pubblico Ministero.
Ed è legittimo che la speranza sia l’ultima a morire, anche perché non possiamo dare per scontato nulla. Ci sia tuttavia consentito di riflettere almeno sui semplici criteri di opportunità che ogni Giudice applica, sia sulla base della complessità delle indagini svolte, sia sui numerosissimi riscontri, non solo testimoniali , ma pensate che il PM tra le fonti di prova cita e produce centinaia di intercettazioni telefoniche, intercettazioni ambientali, pedinamenti, posta elettronica e quanto basterebbe solo ascoltare e leggere per fornire un quadro chiaro e tale da dover essere necessariamente dibattuto in un Aula di Tribunale.
Vanno considerati inoltre i costi rilevanti di questa indagine, come peraltro il fatto non trascurabile che tra le parti offese vi siano il Ministero di Grazia e Giustizia e il Ministero dell’Interno.
Si è poi celebrato un lungo incidente probatorio, durato molte settimane, ci sono stati degli arresti, sono stati nominati periti di chiara fama che hanno avallato le ipotesi accusatorie formulate dal PM, insomma, il buon senso, solo sulla base di queste poche considerazioni, indurrebbe a dare per scontato che il GIP accolga la domanda di rinvio a giudizio per gli imputati come richiesto dalla Pubblica Accusa.
Ora, tornando al celebre Tom Cruise, nonostante la storia del “Mostro di Firenze” possa destare anche dopo quarant’anni molto fascino, e si presti bene al grande schermo hollwdyano, apparirebbe azzardato per chi si prepara ad investire miliardi, non informarsi nel merito dell’inchiesta in corso, anche al fine di non rischiare da parte di qualche Autorità ostacoli tali da bloccare la stessa uscita del film.
Siamo ben consapevoli che in America nessuno è soggetto alle Leggi vigenti in Italia, ma è pur vero che se il film deve essere girato sui luoghi che furono scenario dei duplici delitti, su quei luoghi, è lo Stato Italiano che deciderà cosa consentire e cosa non consentire, oltre alle famiglie delle vittime, e ad una più che scontata reazione popolare che nel momento più delicato dell’inchiesta cercherà di ostacolare questo film.
Viene spontanea la domanda: “Perché solo questo film, e non un altro film che pure uscirà in Italia e il cui soggetto sarà tratto dal libro-inchiesta scritto dall’ex Capo del Gides, dottor Michele Giuttari? E perché non bloccare la pubblicazione della Trilogia a cura di Gabriella Carlizzi, di imminente uscita col titolo “Il Mostro “A” Firenze”? “
La risposta è semplice.
Rendere pubblica una ricerca o investigazione giudiziaria, peraltro approdata a riscontri da parte dei competenti organi della Magistratura, è un diritto che fa espresso riferimento alla libertà di stampa, nel rispetto, s’intende, delle normative che regolano attraverso il Garante, che quanto si narra o si rappresenta sul piccolo e grande schermo, non sia lesivo o depistante e pertanto strumentale, in danno di inchieste giudiziarie in corso.
Ciò non significa che è proibito dissentire dalle ipotesi di reato formulate da una Pubblica Accusa, ma diverso è se il dissenso proviene da una figura professionale, o da chi comunque non è parte in causa, o al contrario si coinvolgono nomi come Tom Cruise e Stati come l’America, per portare sul grande schermo la tesi di un imputato al quale si contesta di aver accusato, sapendolo innocente, di essere il vero “Mostro di Firenze”, proprio il protagonista dell’eventuale film, l’appartenente al “clan dei Sardi”, che nell’atto di richiesta di rinvio a giudizio sopra citato, finalmente spicca con nome e cognome tra le parti offese.
Ed in tale contesto, anche nel caso in cui gli sceneggiatori del soggetto abbiano cura di ombreggiare l’identità del “Mostro” considerato tale nella realtà nel libro di cui sembra che Tom Cruise abbia acquistato i diritti d’Autore, l’intera tesi sostenuta in questo libro, riconduce immancabilmente ad una sola persona, che attualmente è ritenuto in sede giudiziaria calunniato e parte offesa .
La calunnia è reato permanente, e seppure in un film, si leggerà nei titoli di coda “Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale”, la circostanza stessa che la figura del “Mostro” possa essere riconducibile ad un determinato individuo, la frase di rito non tutela più nessuno, né registi, né produttori, o altri responsabili.
Per questo motivo, quando il set approderà sulle dolci colline di sangue, è presumibile che le competenti Autorità italiane, non diano i necessari permessi per le riprese, conoscendone l’utilizzo che ne verrebbe fatto sia pure in territorio straniero.
Non sarà certo l’Italia, e tanto meno la Regione Toscana o quella Umbra, a rendersi corresponsabile di una rappresentazione il cui soggetto e ritenuto un depistaggio.
E come ripeto, le famiglie delle vittime che da quarant’anni attendono una verità sostanziale ed una giustizia vera, presenteranno le loro istanze affinchè nulla ostacoli o confonda il corso naturale dell’inchiesta, e c’è da giurare che questa volta gli Italiani scenderanno in piazza, visto quello che in termini di tasse continua a costarci il mantenimento del “Mostro di Firenze”.
Qualora Tom Cruis o un suo Avvocato di fiducia , e di certo a lui come maggiore esponente di Scientology non manca di scegliere il migliore, ritenesse opportuno in via riservata prendere visone di atti giudiziari che potrebbero inficiare il progetto del film, può prendere contatto con me, ed io lo documenterò volentieri su tutto ciò che potrà meglio illustrargli lo stato reale della situazione giudiziaria riconducibile agli autori e al contenuto del libro di cui egli stesso pare abbia acquistato i diritti.
E speriamo, per il bellissimo Tom Cruise, che nell’acquistare i diritti non abbia acquistato inconsapevolmente anche qualche ipotetica grana giudiziaria, magari mentre sulle sue spalle il “Mostro di Firenze” diventa la Star del momento…...
Domenica 28 Settembre 2008
Gabriella Pasquali Carlizzi
“…TU VUO’ FA L’AMERICANO! MMERICANO! MMERICANO SIENTE A ME, CHI T’HO FA FA?... “ IL MOSTRO DOPO BEN QUARANT’ANNI FIORENTINI, SI E’ “VENDUTO” AD HOLLYWOOD…
DOVE AL GRANDE SCHERMO NON INTERESSA ALTRO CHE ANDARE DIETRO AL MERCATO… ED E’ LI’ CHE L’HORROR TIRA…
ALLA FACCIA DELLE VITTIME DELL’ORRORE DI UNA STORIA VERA, PROFANATA DA VERGOGNOSE E STRUMENTALI MENZOGNE OSPITATE DAI MASS-MEDIA DELLA CARTA STAMPATA, NONCHE’ DEL PICCOLO E GRANDE SCHERMO…..
ANCHE HOLLYWOOD SCENDERA’ COSI’ IN BASSO…?
A QUANTO SE NE SA, PARE CHE NEL PROSSIMO AUTUNNO I “CONSULENTI” DEL FILM SUL MOSTRO DI FIRENZE APPRODATO AD HOLLYWOOD, INIZIERANNO A SCRIVERE LA SCENEGGIATURA E PERTANTO IL CAPOLAVORO POTREBBE SCONVOLGERE L’AMERICA VERSO LA PRIMAVERA DEL 2009….
POTREBBE, MA NON E’ DETTO…. INFATTI A BREVE SARA’ DISTRIBUITA IN TUTTO IL MONDO E TRADOTTA IN SEI LINGUE, NONCHE’ ADOTTATA COME LIBRO DI TESTO LA TANTO ATTESA TRILOGIA GIA’ DA TEMPO ANNUNCIATA DA GABRIELLA CARLIZZI, LA QUALE DICE: “ DUBITO CHE UN PRODUTTORE COME JINKS COHEN, MA CHIUNQUE ALTRO, DOPO AVER LETTO LE MIE TREMILA PAGINE DI VERITA’ OGGETTIVE SUL MOSTRO, INVESTA ANCHE UN SOLO DOLLARO, PER UN FILM CHE APPARIREBBE DEPISTANTE DI UNA INCHIESTA IN CORSO CON IL RISCHIO DI ESSERE SEQUESTRATO O DI INCORRERE IN SERI GUAI GIUDIZIARI…”
INTANTO, MENTRE IN ITALIA SEMBRA ESSERE SCESO IL SILENZIO SU QUESTAVICENDA, SI APRONO NUOVI FILONI SEMPRE PIU’ INQUIETANTI, MENTRE PERSISTONO LE LITI GIUDIZIARIE TRA INQUIRENTI FIORENTINI E IL PM DI PERUGIA, GIULIANO MIGNINI, FINITO ALLA SBARRA IN CONCORSO COL SUPERPOLIZIOTTO-SCRITTORE MICHELE GIUTTARI…..
Gabriella Pasquali Carlizzi
I due terroristi, Mario Galesi e Desdemona Lioce, preparavano un attentato. Lei è stata catturata
Arezzo, sparatoria sul treno muoiono agente e brigatista
CASTIGLION FIORENTINO - E' domenica mattina, presto, quando l'incubo delle Br ricompare sparando su un treno semivuoto. In carrozza, sul lento "diretto" che fa tappa in piccole stazioni tra Roma e Firenze, Mario Galesi, 37 anni, e Nadia Desdemona Lioce, 43, ricercati per l'omicidio D'Antona, viaggiano sotto falso nome. Incappano nel controllo di tre agenti della Polfer. Tirano fuori la rivoltella e sparano. I poliziotti rispondono al fuoco. Sette-otto colpi in tutto. Emanuele Petri, 48 anni, sovrintendente della Polfer, cade ammazzato da un proiettile calibro 765 esploso a bruciapelo alla gola. Galesi è ferito a morte e spirerà in serata. Ferito un altro agente, mentre il terzo poliziotto riesce a disarmare e catturare la Lioce.
Castiglion Fiorentino, il paesino a 15 chilometri da Arezzo dove il treno finisce di correre, è in questo modo tappa di violenza brigatista ma anche di speranza secondo il ministro degli interni Beppe Pisanu: "Non brancoliamo più nel buio" dice. "Si sta avvicinando il momento di rendere giustizia al professor Biagi e al professor D'Antona".
Sono le 8.30 della mattina quando sull'interregionale 2304 Roma-Firenze, che a quel punto si trova tra le stazioni di Cortona-Camucia e Castiglion Fiorentino, si scatena la sparatoria. Ma la storia comincia più di due ore prima, alla stazione Roma Tiburtina, dove Desdemona Lioce e Mario Galesi obliterano due biglietti per Arezzo e salgono sul diretto per Firenze in partenza alle 6.19.
Lei ha pantaloni neri, maglia color pesca sopra una camicia grigia, capelli rossi, è ingrassata rispetto all'ultima volta che l'ha fermata la Digos. Lui è piccolo e stempiato, vestito in modo anonimo, ha un telefonino cellulare. Porta con sé un borsone. Dentro ci sono documenti e ritagli di pubblicazioni, due agende elettroniche, un floppy disk e soprattutto la telecamera palmare che rende legittimo un sospetto: i due sono diretti a filmare le abitudini domenicali di un "obiettivo".
Alle 8.24 il treno fa sosta alla stazione di Terontola, crocevia per l'Umbria. A bordo salgono tre uomini della polizia ferroviaria per controlli di routine. Li guida un poliziotto esperto, il maresciallo Emanuele Petri, 48 anni, che abita a Tuoro sul Trasimeno con moglie e figlio. Questa domenica Emanuele sarebbe potuto rimanere a dormire, ma all'ultimo momento ha cambiato turno per essere libero martedì di accompagnare un collega in carrozzella ad una visita medica. Con Petri ci sono il sovrintendente Bruno Fortunato, 45 anni di Terontola, padre di due figli, e l'agente Giovanni di Franzo, 36 anni. I poliziotti entrano nella carrozza quattro, a scompartimenti aperti, divisa solo a metà dalla vetrata che separa fumatori da non fumatori. In tutto l'open space ci sono due coppie e una viaggiatrice solitaria.
Petri si avvicina ai due terroristi e chiede i documenti, mentre più indietro Fortunato vigila e Di Franzo sta alla radio ricetrasmittente. I brigatisti si alzano e consegnano le carte d'identità al sovrintendente di polizia. Sono false, ma ben fatte su carte rubate e quando l'agente Di Franzo contatta la sala operativa della polizia ferroviaria di Firenze, la risposta è che i due nomi sono puliti. Ma Galesi teme di essere scoperto, tira fuori la pistola e la punta al collo del sovrintendente Petri.
E' calmo: "State buoni, dateci le armi e tutto si risolve". La trattativa fatta di invocazioni va avanti per secondi interminabili. L'agente Fortunato butta la pistola, ma quando la Lioce va a raccogliere l'arma si rompe quel fragile equilibrio poggiato su nervi tesi. Fortunato e la Lioce entrano in contatto e Galesi fredda Petri sparandogli al collo. Ancora colpi. Due proiettili raggiungono ad un polmone e al fegato Fortunato. Di Franzo getta la radio trasmittente, che è ancora in contatto con Firenze, e risponde al fuoco ferendo Galesi che cade a terra, colpito da due proiettili al ventre. Poi il poliziotto si getta sulla Lioce, armata della pistola strappata a Fortunato. La disarma. La immobilizza.
Il maresciallo Petri è morto a terra accanto al terrorista Galesi, il maresciallo Fortunato brancola ferito e l'agente Di Franzo ha gli occhi impauriti quando un uomo, un vigile urbano di Perugia libero dal servizio che viaggia nello scompartimento, gli offre aiuto. Telefonano alle rispettive centrali. E in quel momento il treno si ferma alla stazione di Castiglion Fiorentino. L'agente Fortunato trascina fuori un'impassibile Lioce, come indifferente, la ammanetta al palo che sorregge i cartelli dei binari due e tre. La quinta persona che era nella carrozza è sparita. L'hanno vista filare via dal treno scendendo dalla parte del binario invece che sul marciapiede.
E' un complice dei terroristi? Il sospetto svanisce, il tempo di rintracciare quel passeggero, una donna fuggita dal terrore del vagone quattro. In serata l'ultima notizia: un lungo intervento chirurgico non è servito, il brigatista Galesi è morto all'ospedale di Arezzo.
(3 marzo 2003)